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L'elfo nero


Latarius

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Allora ho scritto questo tempo fa come background per D&D. Questo personaggio è stato "creato" modificando un mio personaggio che creai a dodici anni circa(sei o sette anni fa circa, non ricordo di preciso). Quando inventai quel personaggio (che ha le stesse caratteristiche fisiche di quello attuale) voglio precisare che non conoscevo Drizzt, the witcher e cose varie! Come fantasy leggevo tolkien e dragonlance!

Ora quel personaggio fù "modificato", ora accetto consigli e critiche costruttive, ma tenete conto che lo scrissi solo come BG . . . l'altro giorno mi è tornata la voglia di scrivere e quindi sto inventando una storia su Aras . . . questa volta in prima persona! una cosa nuovissima per me, ma cosa strana: la amo già! anche se immagino che questo possa limitare molto nello scrivere un libro, perchè mi devo attenere a quello che sente, vede o percepisce il protagonista . . . frivolezze a parte ecco quel famoso raccontino (il BG):

L’elfo Nero

<< . . . e nel sangue finisce questa storia, con il nostro povero Sigfrund fatto a pezzi come carne da macello.>> con tali parole il vecchio si alzò faticosamente dalla dura sedia, dove vi era stato seduto per ore, << è tardi e le mie stanche membra hanno bisogno di riposo. >>, gli ascoltatori lo interruppero. << Cosa? Ne volete un’altra? No, no non voglio i vostri soldi . . . ma, vi accontenterò in cambio di un boccale di birra e di un piatto di patate speziate.>> Il vecchio segretamente “sollevato” che glielo avessero chiesto si riaccomodò, questa volta su una poltrona vicino al camino, il ragazzo che la occupava si era gentilmente offerto di lasciargli il posto.

<<Vi racconterò una lunga storia, la più bella e allo stesso tempo la più vera che potrete mai ascoltare dalle mie labbra, ma una siffatta avventura ha bisogno di una lunga premessa, affinché voi la apprezziate a fondo dovrete conoscerne prima il protagonista. Latarius si chiamava, ma fu conosciuto come Aras To’Andelain ed era un elfo, nacque come primogenito sotto una delle più grandi casate elfiche, ma dopo neanche un mese fu diseredato e affidato ad un altro casato elfico, di minor rilievo, quello degli Andelan. Perché mi chiedete? Ecco il motivo: non mi fu mai spiegato il come, ma al momento della nascita il suo sangue si miscelò a quello di un vampiro, niente di più mi fu svelato vi ripeto, solo un breve accenno, per questo appena i genitori capirono che l’ammissione dell’esistenza di un tale essere, mezzo elfo e mezzo mostro, avrebbe segnato la fine per la loro magnifica casata -la più importante di quel tempo- furono costretti “a fare quel che fecero”. In qualsiasi caso crebbe diverso dagli altri elfi, in altezza raggiungeva quasi i 6 piedi ma forse esagero, una cosa indicibile per gli elfi; oltre a questo del vampiro aveva ereditato anche due canini appuntiti e retrattili; ma la cosa che spiccava di più era: la sua carnagione - al contrario degli altri elfi che erano pallidi – grigio scuro tendente al nero . Lunghi capelli bianchi gli scendevano fino alla cintola, aveva dei profondi occhi grigi che sembravano squadrarti fin nel profondo dell’anima, arduo era fissarlo negli occhi per più di qualche istante. Ancora più arduo era cercare di decifrarlo, come il viso di un golem egli si nascondeva dietro una maschera di impassibilità, con la quale celava le proprie emozioni. Io che lo conoscevo, pensate. . . Sento già dei mormorii tra di voi, ma anche se non mi crederete io sono l’ultimo ancora in vita a conoscerlo veramente, per quello che mi permetteva, e l’unico che egli potesse chiamare amico.

Nonostante questo suo modo di celare le emozioni, egli era capace di crearne, in che senso mi chiederete: la sua maschera gelida era come una tela di un pittore ed gli vi “dipingeva” sopra le più svariate emozioni: gioia, stupore, tristezza, rabbia . . . e meglio di qualsiasi attore io abbia mai potuto vedere. Era capace di ammaliare, raggirare ed affascinare la maggior parte delle persone con naturalezza!

Del periodo precedente la sua partenza dagli Andelan, non so quasi niente, fu addestrato alle armi ma non seriamente, la sua casata adottava tecniche più subdole; infatti non eccelleva con la spada, con l’arco dimostrava una certa propensione, ma non so di più . . . Ancora giovane partì definitivamente, lasciandosi tutto alle spalle, viaggiò a lungo, guadagnandosi da vivere vendendo la propria “inesperta” lama come mercenario -col passare del tempo la sua abilità migliorava sempre di più- infatti veniva contattato da piccoli mercanti che necessitavano di protezione negli spostamenti o da ricettatori che richiedevano il suo aiuto per il “recupero” di specifici manufatti. Proprio in uno di questi “recuperi” la sua vita ebbe un cambio di direzione, era alla ricerca di un manufatto perduto in una caverna abbarbicata sul monte Teel, la caverna che iniziava come un lungo tunnel sfociava poi in un enorme “salone” dalla volta altissima, puntellata di stalattiti larghe quanto il tronco di un albero, era pregna di un’oscurità soffocante, a tal punto che se allungava la mano gli sembrava di percepirla al tocco. I suoi senso lo aiutavano, ma fu comunque costretto ad accendere una torcia. . . ahimè la torcia rivelò una brutta sorpresa, era circondato da una dozzina di figure, goblin notò. La situazione non era delle migliori, la sua mente fredda e calcolatrice sapeva che scappando non avrebbe fatto più di qualche passo, perciò il primo a rompere questa situazione di stallo fu lo stesso Aras, che si fiondò in avanti impugnando la sua fedele spada corta con la mano destra. Il primo affondo trovò la pancia di un goblin, diede fuoco ad un secondo con un colpo della torcia, con la coda dell’occhio vide arrivare l’affondo di una lancia, si lanciò in avanti, con la spada deviò il colpo e continuando l’affondo travolse il goblin, scaraventandolo a terra con le budella di fuori. Subito piroettò su se stesso e calò un fendente che raggiunse la gola sguarnita di un altro goblin . . . tutto si fermò, i nemici si erano fatti più cauti e lui era stanco e con le spalle al muro, si asciugò con la manica del sangue che gli stava colando sugli occhi, aveva un taglio sulla fronte, uno squarcio sul fianco ed una brutta ferita alla coscia. Notò con sarcasmo che la situazione stava prendendo una brutta piega, quando all’improvviso una figura calò sui goblin e cominciò a seminare morte, si vedevano soltanto sangue e arti mozzati che schizzavano, così con le ultime forze Aras si rilanciò nel combattimento, i goblin concentrati sulla nuova figura si erano momentaneamente distratti, così li prese alle spalle.

In piedi rimasero solo l’elfo e lo sconosciuto, a questo punto Aras gli chiese chi fosse, ma questi rispose con un’alzata di spalle, continuò chiedendo perché lo avesse aiutato ed egli con semplicità gli disse di aver notato che l’elfo era in svantaggio e perciò . . .

Così il nostro elfo cercò di avvicinarsi per scrutarlo meglio sotto il cappuccio del mantello, ma la gamba ferita cedette e finì al suolo, prima di svenire non riuscì a trattenersi dallo scoppiare in una tremenda risata al pensiero che le lame di quelle dannate creature fossero avvelenate.

Del periodo successivo so ben poco, l’elfo si risvegliò a casa dell’uomo che si rivelò essere il maestro di spade Alion Grey, il quale fu ingaggiato per il recupero dello stesso manufatto e fortuna volle che si trovasse al posto giusto al momento giusto . . . Incuriosito da quello strano elfo, aveva deciso di seguirne i passi nella grotta e accortosi dell’imboscata dei goblin, decise di partecipare anch’egli alla “festa a sorpresa” !!! Alla fine dello scontro, vedendo l’elfo messo male decise di portarlo in casa sua -la magione non distava molto- per medicarlo.

Tra i due nacque un profondo legame, e Alion divenne così come un mentore per il giovane elfo, gli insegnò come affinare la sua tecnica di combattimento, ad agire nell’ombra, a perfezionare la sua mira con l’arco, scassinare le serrature, ingannare le persone, insomma in poche parole forgiò l’Aras che io ho conosciuto, l’assassino a sangue freddo.

Fu un giorno rosso quello in cui Aras abbandonò la magione di Alion per non tornarvi mai più. Dovete sapere pazienti ascoltatori, che si era offerto per andare a ritirare dal fabbro della città vicina delle nuove punte d’acciaio per le frecce; il fabbro, un omone alto quanto l’elfo, dal carattere rozzo e burbero era in ritardo con la produzione e finì verso sera. Il nostro “eroe” ritornò alla magione che era notte inoltrata, qualcosa non andava. . . se ne accorse subito, dal comignolo del camino non usciva fumo, i numerosi cani erano scomparsi e le porte d’ingresso erano spalancate. Così Aras estrasse la spada corta dal fodero agganciato alla cintura e avanzò fondendosi con le ombre della notte. Fece il giro del cortile e notò subito i corpi privi di vita dei grandi segugi che giacevano dietro un capanno per gli attrezzi, dovevano essere morti da poco visto che ancora non puzzavano. Serrò la presa sull’arma e continuò tenendosi sotto il muro dell’abitazione -che aveva la forma di una L rovesciata- l’orto antistante era pieno di impronte, dovevano esserne passati circa: meno di due dozzine di individui a giudicare dalle impronte.

Arrivò all’estremità della magione e sporgendosi oltre l’angolo, scorse una macchia rossa sul muro, una figura insanguinata inchiodata al muro, il suo istinto aveva ormai capito di chi si trattava ma egli sperava con tutta l’anima di essere in errore, un improvviso spiraglio di luce lunare filtrato attraverso una nuvola illuminò la scena e ogni suo dubbio svanì, il dolore si mischiò alla rabbia, una rabbia ed un odio profondo -di quelli che ti rendono capaci di “scavalcare un castello con un sol balzo”- gli oscurarono l’animo. Il suo sguardo che era rimasto catturato dal corpo di Alion notò solo ora una dozzina di cadaveri sparsi per il porticato, come al solito non aveva tradito le sue aspettative, almeno una mezza dozzina di assassini erano ancora in piedi, non aveva avuto scampo. Alion era stato inchiodato al muro per le spalle ed una spada gli sporgeva dallo stomaco, creando un ampio squarcio da cui si intravedevano le budella. Totalmente ricoperto di sangue si attaccava ferocemente alla vita, deciso a guardare in faccia fino all’ultimo i suoi carnefici che lo attorniavano. . . sussultò nel notare l’elfo e proruppe in un’agghiacciante risata che catturò l’attenzione dei sicari, solo il maestro morente poteva sapere quali orrori gli assassini rimanenti avrebbero patito per mano dell’amico.

La furia prese il sopravvento quando il colpo di grazia calò su Alion, si lanciò lungo il colonnato che cominciava dietro l’angolo dove era appostato e raggiungeva il muro opposto della tenuta -il gruppetto era circa a metà strada- il mezz’elfo correva silenzioso e invisibile come una pantera che si fonde col sipario della notte, in pochi secondi aveva raggiunto i bersagli. . . era furioso, ma non stupido, sapeva di essere in svantaggio. Si nascose dietro una colonna, attivò il meccanismo della spada e con un sol gesto ruotò attorno la colonna per trovarsi davanti le spalle del primo sicario.>>.

Il vecchio si interruppe, si fermò un attimo a riprendere fiato e imprecando sonoramente continuò il racconto dicendo <<Ah, Signori, la mia mente mi ha giocato un brutto scherzo e mi ero totalmente dimenticato di una cosa di profonda importanza che non vi avrebbe permesso di capire a fondo lo scontro di cui vi stavo parlando, dovete capire che la “vecchia” spada elfica che fu donata ad Aras dai suoi “genitori adottivi”, custodiva un segreto che egli scoprì durante il suo soggiorno alla magione di Alion, quella spada sicuramente era di fattura nanica, persino io ne riconobbi le rune incise.

Dovete sapere che l’impugnatura era vuota per permettere l’alloggiamento di una piccola boccetta, con una precisa torsione del polso scattava un meccanismo collegato ad un picchetto che scattando fracassava il contenitore di vetro, versando così il liquido ambrato celato al suo interno -veleno- che, attraverso un apposito foro nell’impugnatura, arrivava in una scanalatura che percorreva tutto il piatto della lama fino in punta. La scanalatura era fatta in modo tale che la sostanza tossica non potesse fuoriuscire a meno che qualcosa non premesse contro il piatto della spada, quindi durante il combattimento il veleno non fuoriusciva, ma bastava che la lama penetrasse per meno di un pollice nella carne per liberarlo. Ora che sapete questo possiamo tornare alla nostra storia: I sicari distratti da Alion gli davano le spalle, con una mossa fulminea sgozzò il primo avversario e con un calcio lo scagliò addosso ai suoi compari, si tuffò in avanti e con un affondo allo stomaco riuscì a sorprendere un altro sicario, ma ora si erano ripresi e sguainate le spade cominciarono cautamente a muoversi per circondarlo. Esperto Aras arretrò, in quel momento pensando di coglierlo disattento un assassino si lanciò in avanti, Aras rimase immobile, il nemico pensando che fosse “congelato” dal terrore continuò l’affondo con maggior impeto, l’elfo all’ultimo momento deviò l’arma del nemico e lasciò che il suo slancio lo portasse ad impalarsi sulla sua spada. Tutti gli altri gli si fiondarono addosso, impacciato dal tentativo di liberarsi dal corpo del nemico rimediò una ferita alla spalla sinistra che cominciò a sanguinare copiosamente, il dolore era tale da non poteva muovere il braccio, con l’arma impugnata sempre con la destra cominciò una lunga serie di parate, stoccate, finte e affondi. Riuscì a ferire un avversario al polso, ma cominciava a stancarsi. Un secondo sicario lo notò e tentò un affondo molto rischioso, l’elfo lo aveva previsto e con un fendente gli mozzò la mano, ormai privo di difese al nostro “eroe” gli fu facile assestargli un fendente in piena faccia, nel mentre una spadata calò dall’alto, l’elfo fulmineamente si tuffò di lato, rotolando a terra. Delle urla squarciarono la notte, appartenevano ai sicari feriti dalla spada avvelenata, che si erano gettati per terra dimenandosi in preda agli spasmi dolorosi provocati dagli effetti del veleno. In pochi istanti la vita li abbandonò ed una leggera bava biancastra imperlò le loro labbra.

Il combattimento era durato fino all’alba, ancora in piedi rimasero soltanto Aras e un giovane sicario, che pieno di terrore gettò le armi e cominciò a correre, cercando di mettersi in salvo, ma fece soltanto pochi passi prima di ritrovarsi agguantato per la collottola e gettato a terra, bastò soltanto la minaccia della tortura per scioglierli la lingua e rivelare tutto. Aras lo lasciò libero di andare dopo avergli intimato di recapitare un messaggio al Maestro degli Assassini delle “lame purpuree”, che aveva aizzato i sicari: “Nessuno vi potrà salvare e nessun anfratto nascondervi dalla furia dell’Elfo Nero”. Nero come le sue origini, nero come la rabbia che riempiva il suo cuore e manovrava il suo spirito. Con quelle parole cominciò la campagna vendicativa di Aras To’Andelan che lo porterà dalle più grandi città fino ai più remoti insediamenti, dai picchi innevati alle più oscure paludi. Vedo alcuni di voi sorridere, ebbene Si signori è questa la storia che vi racconterò, ed ora attizzate il fuoco prima che si esauriscano le braci . . .>>.

. . . Alcune ore dopo . . .

Uno scroscio di applausi segnò la fine della narrazione, il sole stava sorgendo e i suoi raggi attraversavano persino questi vetri sporchi di fuliggine e polvere, incrostati da anni di sporcizia. Profondi squarci di luce fendevano il buio della stanza, come una spada che taglia la carne, ormai da un paio di ore il camino si era spento e il combustibile delle lanterne erano quasi del tutto consumato, persino i locandieri erano rimasti catturati dal racconto del vecchio e si erano lasciati trasportare nel suo mondo, così che le faccende quotidiane erano passate in secondo piano. Il vecchio incurante di tutto si stava godendo le sue patate speziate, fredde ma ancora saporite e le innaffiava con della birra scura. Una figura ammantata con il cappuccio tirato era appoggiata al muro nell’angolo più buio della sala, nell’oscurità i suoi lineamenti non si vedevano; il vecchio notò la figura e un profondo sorriso si allargò sul suo viso rugoso mentre i suoi occhi neri come la pece tradirono gioia e stupore. Nel frattempo la sala si stava svuotando, gli ascoltatori con riluttanza stavano andando ognuno per la propria strada, una volta che quasi tutti ebbero lasciato la sala anche lo sconosciuto varcò la soglia e il vecchio si alzò stancamente dalla poltrona per seguirlo, era felice come da tanto tempo non lo era più stato.

Il vecchio lo seguì fino ad cortile nascosto fra alte mura ricoperte di edera, erano presenti piante e fiori di ogni tipo che coloravano il “giardino” di ogni sfumatura possibile e inimmaginabile. Sicuro che nessuno potesse scorgerli lo sconosciuto si abbassò il cappuccio e ne liberò una lunga chioma bianca che gli scese fino alla cintola, era alto e muscoloso anche se il suo viso era caratterizzato dai lineamenti elfici.

Il vecchio rimase ad osservarlo in silenzio, in tutti quegli anni era invecchiato di pochissimo, si era guadagnato qualche nuova cicatrice sul viso, sicuramente nascoste dagli abiti ce n’erano altre, così fu il vecchio a rompere questa situazione di stallo avvicinandosi e con un gesto che sorprese profondamente l’elfo lo abbracciò, questi per un istante sembrò ricambiare, ma poi si ritrasse. Non c’erano mai state “cose” di questo genere tra loro, anche se la loro amicizia era “intensa” come poche ce ne sono . . . arretrando di un passo l’elfo esclamò << Ti diverti ancora a raccontare favole, eh!?>>, il vecchio alzò semplicemente le spalle e rispose << E’ da quell’ultima volta che non ti vedo . . . ormai pensavo che fossi morto>>.

Al ricordo del loro ultimo “incontro” gli occhi dell’elfo si persero nel vuoto e l’espressione di gioia che aveva regnato sul suo viso fino allora scomparve per dar posto al dolore ed alla tristezza, il vecchio per sdrammatizzare scherzò: <<Noto che hai abbandonato la tua “maschera glaciale”.>>, ma l’elfo senza neanche ascoltarlo, sempre con gli occhi persi nel vuoto cominciò a parlargli, ma più che rivolgersi a lui sembrò parlare con uno spirito lontano <<In tutti questi anni di isolamento, non sono mai stato in grado di cercarti per porti una domanda, la Domanda . . . sono passati trent’anni ed ora che siamo qui. . . .dimmi! Dimmi perché in quell’ultimo nostro incontro salvasti me e non lei! . . . per trent’anni mi ha torturato quella tua scelta . . .>>. Il vecchio a quella domanda improvvisa, che pur si aspettava, sembrò invecchiare e incurvarsi sotto il peso degli anni <<Non so se devo pentirmene o meno, ma per me quella sembrò l’unica soluzione valida . . . sai, fin dal mio primo ricordo, che è più anziano di tutti quanti voi>> e dicendo così allargò le braccia al cielo come ad indicare tutto ciò che lo circondava <<Non mi sono mai avvicinato a nessuno ad esclusione di te, tu fosti l’unica amicizia in un’esistenza più lunga di quanto qualsiasi essere possa soltanto immaginare, tu fosti per me quanto più vicino ad un figlio ci possa essere, non condannarmi se non sono riuscito a guardarti morire . . .>>. L’elfo sembrò accettare quella risposta e mentre si allontanava gli annunciò <<Chroneus, termineremo la discussione quando scoccherà la mia ora.>> e sottovoce aggiunse <<Tanto un vecchio detto nanico dice: Il Tempo seppellisce tutti, persino i suoi “figli”>>.

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Ora quel personaggio fù "modificato", ora accetto consigli e critiche costruttive, ma tenete conto che lo scrissi solo come BG . . .

Ma se è così, cosa dovremmo commentare o criticare? Se anche tu sai che è "solo" un BG, perchè lo proponi? Una critica seria prevede che si sappia dove si va a parare, altrimenti si fa un bel po' di confusione.

Se vuoi commenti, critiche e consigli, facci leggere quello che consideri i tuo più bel lavoro o perlomeno qualcosa di recente.

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Ma se è così, cosa dovremmo commentare o criticare? Se anche tu sai che è "solo" un BG, perchè lo proponi? Una critica seria prevede che si sappia dove si va a parare, altrimenti si fa un bel po' di confusione.

Se vuoi commenti, critiche e consigli, facci leggere quello che consideri i tuo più bel lavoro o perlomeno qualcosa di recente.

Trattalo come un racconto, così . . . qualcosa di recente? c'è sto racconto che sto scrivendo adesso che mi sta "appassionando" . . . scrivo poco al giorno, poichè posso farlo solo di notte . . .

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Va bene...

Stilisticamente non vale granchè, sia nella scelta dei termini che nell'impostazione generale, inoltre la consecuzio temporum è imprecisa e ci sono svariati errori di punteggiatura: tutte cose inaccettabili per chi vuole scrivere in maniera professionale. (Tra l'altro, il rispetto per il lettore vorrebbe che refusi ed errori di digitazione fossero corretti prima della pubblicazione).

La storia è piuttosto banale e a tratti inverosimile.

L'espediente del narratore ti consente di raccontare senza mostrare, ma, paradossalmente, vengono mostrati dettagli banali e si glissa su aspetti che potrebbero essere interessanti inoltre non c'è nessuna caratterizzazione nè dell'ambiente, nè dei personaggi: in sostanza è il racconto del racconto di un racconto.

Il personaggio principale, l'elfo, si prepara a diventare l'ennesima Mary Sue/Gary Stue in circolazione.

Detto questo, aggiungo che non è mia intenzione scoraggiarti, solo farti riflettere. La scrittura non è cosa che si improvvisi, bisogna studiare. Seriamente. Da quello che si legge qui, tu non l'hai ancora fatto, o almeno non abbastanza.

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Stilisticamente non vale granchè, sia nella scelta dei termini che nell'impostazione generale, inoltre la consecuzio temporum è imprecisa

Fai conto che è il mio secondo racconto quello . . .

Il personaggio principale, l'elfo, si prepara a diventare l'ennesima Mary Sue/Gary Stue in circolazione.

In che senso?

L'espediente del narratore ti consente di raccontare senza mostrare, ma, paradossalmente, vengono mostrati dettagli banali e si glissa su aspetti che potrebbero essere interessanti inoltre non c'è nessuna caratterizzazione nè dell'ambiente, nè dei personaggi

Già, la "descrizione" (psichica e fisica) del personaggio la feci a parte . . .

Detto questo, aggiungo che non è mia intenzione scoraggiarti, solo farti riflettere. La scrittura non è cosa che si improvvisi, bisogna studiare. Seriamente. Da quello che si legge qui, tu non l'hai ancora fatto, o almeno non abbastanza.

Anzi, senza critiche non si migliora . . . purtroppo non ho mai avuto modo di studiare "scrittura" se così si può dire.

Mi segnali gli errori che hai trovato che corro a corregerli . . .

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Comunque l'ha specificato che era solo un background, d'accordo critiche costruttive, ma paragonarlo con la grammatica o lo stile di un autore di professione mi sembra eccessivo...

Infatti, Brank, io ho chiesto preventivamente come dovessimo considerare questo scritto... inoltre la grammatica non cambia, è la stessa per tutti, professionisti o principianti che siano. ;-)

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Infatti, Brank, io ho chiesto preventivamente come dovessimo considerare questo scritto... inoltre la grammatica non cambia, è la stessa per tutti, professionisti o principianti che siano. ;-)

Al di fuori di tutto devi anche tener conto del fatto che il Vecchio è un cantastorie e quindi tende a raccontare con maggior precisione le "parti salienti" del racconto . . . tieni conto anche che come dico nel racconto: le cose che narra sono informazioni di "seconda mano", l'elfo naturalmente non avrà raccontato tutto, tenendo per se le cose strettamente personali, bisogna anche tener conto che anche se è un dio dopo innumerevoli millenni di esistenza anche la sua memoria può vacillare . . . e poi credo che tutti abbiamo passato un periodo in cui consideriamo le nostre crezioni "immortali" per così dire . . . con questo non cerco di sottrarmi alle mie "colpe"

gli errori di grammatica, beh scappano a tutti . . .

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