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Zurjan


effettivamente

Messaggio consigliato

----Fermi tutti: non capisci nulla di GDR, ma sei qui, e inoltre sai come interpretare un personaggio(???)

Ricordandoci che questo forum si chiama Dragonslair:

ne deduco che sei un attore prestato al mondo dei gdr.

Non avrò il nobel ma riconosco una fesseria quando la leggo. E non venirmi a dire cose strane, perchè

sei su questo forum --e quindi-- giochi di ruolo.

Bene, esattamente come io non sapevo che Sfocato = Sfuocato tu, che sei in questo forum da meno di un mese, cosa ne sai del tipo di persone che vengono qui?

In questo forum si discute anche di argomenti quale letteratura, arte, musica etc. Non so se ci sono utenti che si iscrivono solo per queste sezioni "Off Topic", ma posso assicurarti che molti dei dello "Staff Illustratori" non giocano a GdR.

E ti aggiungo una cosa: Io sarei anche stato interessato a vedere il tuo libro, magari darti due consigli e pubblicizzarlo tra i miei amici ma, visto che in questi tuoi post si vede il tipo di persona che sei, non sprecherò tempo nemmeno leggendo le righe postate qui

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Ho iniziato a leggere e fino a dove sono arrivato (a quando l'elfa viene

Spoiler:  
mangiata
) muoverei le stesse critiche di chi finora si è espresso: quelle che già hai accettato non ha senso ripeterle, le altre nemmeno poiché hai già fatto capire la tua opinione a riguardo e non ha senso per me stare a convincerti. Nel mio piccolo dico solo che mi accodo alle perplessità degli altri utenti, tanto per fartelo sapere.

A parte questo ho due osservazioni, una di carattere estremamente personale e una meno: l'osservazione di carattere personale è di natura cromatica, nel senso che il termine "giallo limone" (che sembra piacerti visto che lo usi un paio di volte) mi pare un po' eccessivo per descrivere la tonalità di colore di un deserto. Naturalmente si tratta di un mondo fantasy dunque la sabbia potrebbe essere di natura a me ignota: ecco perché dico che questa critica è intesa unicamente come giudizio personale, a me non piace molto l'idea di un deserto giallo limone ma son gusti.

La seconda critica a mio parere è più importante, e in essa risiede (oltre che nello scarsissimo tempo libero) il motivo per il quale mi sono preso una pausa dalla lettura: nel dialogo tra i due signori degli abissi c'è un continuo rimbalzare di punto di vista, la cosa finisce per disorientare nel senso che diventa faticoso seguire ciò che accade. Molto probabilmente per te che sei l'autore così non è, poiché la scena ha avuto luogo prima di tutto nella tua testa dunque per te sarà lapalissiano il suo svolgimento, ma credo di non essere l'unico qui ad aver trovato un po' altalenante quel passaggio. Probabilmente sarebbe stato più efficace rimanere fisso su un POV (quello dello squalo) e dare le informazioni che passi al lettore attraverso l'espediente dello scambio di POV con altri mezzi (in pratica: anziché dirmi che l'aragosta gigante ha letto nel pensiero allo squalo potresti accennare tipo dieci pagine prima o novanta pagine dopo al fatto che l'aragosta stessa ha questi poteri mentali, poi far succedere quello che succederà grazie ai pensieri che ha letto nella mente dello squalo e fare in modo che sia il lettore a dire "Ah, è perché è un'aragosta telepatica!" oppure svelarlo in altro modo).

Per mettere in pratica il mio consiglio tra parentesi, naturalmente, dovresti fare ciò che è in soldoni il mio consiglio principale: rileggi l'incipit e fermati a "diluirlo" un poco. Potrebbe giovarne non solo il respiro del brano (avere trenta pagine è un conto, averne tre costringe a fare sintesi) ma anche la chiarezza dello stesso, che in alcuni passaggi a mio parere manca un po'. Un esempio? La frase "La notte prima, il caldo infernale lo aveva costretto a bruciarsi tutti i peli dal collo in giù, a rasarsi barba e chioma e a lasciare gli stivali alla grotta dei ribelli." così come è posta non ha senso, non tanto per la già contestata pratica dell'epilazione a carboni ardenti quanto perché nei deserti di sabbia la notte non fa affatto caldo, anzi si gela. "Il deserto del mio racconto è diverso da quelli che conosciamo", dirai tu, e io ti risponderò "Ecco, invece che dirlo a noi utenti a posteriori potresti risparmiarti la fatica della postilla e spiegarlo a chiare lettere nel racconto stesso". Descrivicelo questo deserto, dicci perché la sabbia è di un giallo acceso e la notte è così calda, sii meno frettoloso non nel senso che questo lavoro sembra una bozza ma nel senso che a mio avviso potrebbe giovare dall'aggiunta di un po' di "prologo al prologo".

IMHO

P.S. Questa aggiunta è fuori dal "IMHO" perché sarà (senza peccare di presunzione) una verità innegabile: puoi porti nei confronti del lettore senza pretese ("Ciao ragazzi, ho scritto questa cosa e anziché tenerla nel cassetto la faccio leggere a voi così perché mi annoio") e allora va benissimo prendere le critiche a muso duro (con l'eccezione che chi scrive lo fa per essere letto o si sarebbe limitato a pensare, dunque sotto sotto un giudizio lo vuole sentire anche chi scrive tanto per scrivere), oppure puoi fare quello che stai facendo tu, ovvero tentare di imbastire un lavoro con fini professionali e/o aspirazioni letterarie. In questo secondo caso, ti faccio notare che noi lettori siamo tuoi potenziali clienti, dunque non dico di subire passivamente le critiche che ti paiono immotivate ma sicuramente non ti puoi permettere di avere un atteggiamento "spavaldo". Tu sei qui (mi pare di capire) per cercare di convincerci a "comprare" il tuo prodotto (ovvero: leggere il tuo futuro libro), sapendo che hai dei competitor agguerriti che sono sul mercato da molto più tempo di te (per la precisione, loro sono già sul mercato e tu non ancora), hanno una base di fan che si auto-alimentano (la Rowling può pubblicare anche la lista della spesa, milioni di persone la compreranno e la consiglieranno agli amici indipendentemente dalla qualità perché sono oramai fidelizzati) e hanno un'autorevolezza tale da permettersi di fare il bello e il cattivo tempo. Tu no. Non è un buon inizio quello di assumere un atteggiamento tipo "Quello che scrivo va bene, siete voi che non capite un tubo perché siete D&Dpendenti". Certo, ci sono atteggiamenti peggiori (tipo -che so?- minacciare di denunciare un ragazzino perché ha riso dei tuoi errori grammaticali), ma credimi che l'approccio "Cuccati questo, se ti piace bene se no sei un imbecille" (naturalmente estremizzo, non sei assolutamente stato un cafone) non è per nulla una buona strategia di marketing. ;-)

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-se spavaldo significa citare normalmente (quindi nè umilmente nè spavaldamente) delle fonti...

-un continuo rimbalzare di punti di vista?

Ma se dicono UNA frase a testa

. . .

-Ho aggirato l'ostacolo di "la notte prima" con "due giorni prima" , è vero: nel deserto di notte fa freddo

-il motivo per cui è giallo limone E' un motivo geologico che quindi non interessa a nessuno. E' come spiegare a causa di quale metallo il casco nero di darth vader è nero... non ha senso.

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-se spavaldo significa citare normalmente (quindi nè umilmente nè spavaldamente) delle fonti...

Non è citare delle fonti (ovviamente) il punto. È il tono delle risposte.

-il motivo per cui è giallo limone E' un motivo geologico che quindi non interessa a nessuno. E' come spiegare a causa di quale metallo il casco nero di darth vader è nero... non ha senso.

Ripeto, gusti personali (anche se l'esempio sul casco non calza: quello è un capo di abbigliamento ed era nero perché lo stilista di Anakin Skywalker ha così scelto, qui si tratta di un'ampia distesa desertica la cui creazione potrebbe essere o non essere illustrata senza la cosa risultare senza "senso"). Quello che proponevo non era caratterizzare dicendo "Il deserto era giallo limone. Ciò era dovuto alla composizione del terreno.", intendevo dare più informazioni al lettore approfondendo l'incipit. Liberissimo di non ascoltare questo consiglio ovviamente, anche qui si tratta di questioni stilistiche e dunque di scelte non definibili come sbagliate.

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Allora, non ho ancora finito di leggere, ma mi sorgono già alcune osservazioni:

1: la scena dello squalo che uccide i due elfi secondo me andrebbe un poco descritta..

2: tu descrivi lo squalo come il il più grande squalo del mondo: sulla base di questo, io lo immagino come uno squalo molto grande per gli standard del nostro mondo...

Anche basandosi sul grande squalo bianco, un esemplare enormemente grande potrebbe raggiungere anche gli 8 metri... ossia circa la metà di un capodoglio, che può arrivare a 18 metri...

Quindi, se non ci dai un idea delle dimensioni di tale squalo, io mi baso sugli standard di questo mondo, e mi pongo alcune problematiche riguardo ad un squalo che sembra uccidere capodogli come se niente fosse...

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Ho iniziato a leggere la nuova versione sul blog: molto meglio! Ma puoi (e IMHO devi) fare di meglio.

Per non farti flammare, ti dico subito che tutto quello che dirò sarà un giudizio personale, quindi non c’è motivo perché tu debba cercare di convincermi: sta a te scegliere se seguire o meno le mie indicazioni.

Innanzitutto trovo le frasi ancora troppo schematiche, con un troppo ripetuto uso del verbo al passato remoto ad inizio frase. Ad esempio:

“Vide una modesta formazione di roccia bucherellata che si stagliava contro il sole basso a est, alla sua destra.

Ci si avvicinò in cerca d’ombra.

Perché l’“a capo?” Non vedo né un cambio di immagine né un’evidenziazione di importanza: io metterei “Vide una modesta formazione di roccia bucherellata che si stagliava contro il sole basso a est, alla sua destra e ci si avvicinò in cerca d’ombra.” O ancora meglio

“Vide una modesta formazione di roccia bucherellata che si stagliava contro il sole basso a est, alla sua destra.

“Per […] fa che ci sia dell’ombra!” borbottò con un filo di voce, le labbra riarse e doloranti.”

O qualcosa del genere, hai capito. Cercherei di rendere il nano ancora più caratterizzato, introduci un pantheon di divinità, fallo sbottare ogni tanto.

“Ah, ma c’è qualcuno” pensò sorpreso.
Non mi ha colpito. Cerca un modo per far immaginare la sorpresa, tipo: “I fastidiosi raggi che riuscivano a passare dalle aperture soprastanti gli facevano socchiudere gli occhi. Infastidito si portò una mano a mo’ di schermo. Stava iniziando a guardarsi in giro per cercare un posto dove potersi riposare almeno qualche minuto, quando un leggero fruscio alle sue spalle lo fece girare allarmato. “Chi c’è?” urlò.

Una giovane umana dalla pelle molto scura stava seduta lì al riparo su un masso, con un borsone grigio a tracolla appoggiato sulle ginocchia. Per terra accanto a lei un otre, vuoto.” Cerca di rendere l’idea che la tizia sia praticamente spacciata.

Aspettò il responso dell’ago magnetico e s’incamminò verso nord-est, sospirando.
io cercherei di comunicare l’idea che preferirebbe che quello stramaledetto viaggio fosse finito (ovviamente ;-))

“Eccola, finalmente, la grotta”
mi sa che c’è una virgola di troppo.

Varcò l’entrata rocciosa ansimando, senza nemmeno la forza di guardarsi attorno.

Si tolse il borsone di dosso e si versò un po’ d’acqua in faccia. Oltraggiosamente calda.

S’accasciò su un fianco all’ombra.

Trovo che le frasi siano anche qui troppo sintetiche e descrittive, come prima cercherei di far risaltare la personalità del nano (uno che ha abbandonato una ragazza nel deserto dopo averla colpita, sicuramente non è uno stinco di santo, quindi il suo linguaggio dovrebbe essere almeno un po’ colorito).

Quanto tempo sarà passato? Il borsone!”
Idem come sopra, fallo essere preoccupato per il suo tessssoro. Un buon “Per [...], il borsone!” e tutto passa.

“Per questo mi faranno come minimo una statua, quando vinceremo”.
e di ciò è contento? Contrariato? Eccitato? Se ne frega? Decrivi un po’ di più la scena.

dalle grazie dorate
Non mi fa impazzire l’uso di termini pomposi, fanno troppo fantasy eroico. (e IMHO vecchiotto)

“Puntò la lente su una pagina a caso ma, cercando il giusto orientamento per inquadrare i piccoli caratteri, rischiò di concentrare troppa luce sulla carta. “Dannazione!” Cambiò subito angolazione, imprecando contro la sua leggerezza “Bruciacchiare una di queste pagine sarebbe come dare alle fiamme la Causa”.

Cerca di non usare (come già detto prima) troppo spesso il passato remoto, cerca di concatenare le frasi ogni tanto, modifica i tempi dei verbi.

- il nano prese dalla sua borraccia un ultimo sorso e per curiosità sbirciò l’ultima pagina del manoscritto –
Non capisco l’uso dei “–“, né tanto meno mi piace la costruzione della frase.

da un senza mente
, dal momento che è assimilabile ad un sostantivo, meglio metterlo il corsivo o con un – separatore

Spalancò gli occhi per lo spavento e mise mano alla sua balestra
la balestra è carica? Deve essere caricata? I movimenti del nano sono frenetici (è spaventato/colto impreparato?) Descrivi.

Ad ovest e a nord-ovest del regno di Áttoil, c’erano due regioni con due etnie predominanti, l’una diversamente povera dall’altra: a ovest c’era il Sigis, una terra di gente dal pelo che andava dal rosso al biondo,
“diversamente povera l’una dall’altra” non mi piace come frase, io la rifarei; “gente dal pelo che andava” trovo non stilisticamente piacevole l’uso del termine “pelo” per le persone. Io il pelo lo associo alle bestie, lo trovo discordante con l’immagine dell’uomo. Userei chioma.

I territori rimanenti venivano chiamati Maitnenorvar, cioè “il rifugio dei ricercati”.
toglierei cioè.

Per ora mi fermo qui.

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Innanzitutto trovo le frasi ancora troppo schematiche.

---E' l'inizio. Serve a dare ritmo, non sono l'unico a usare questa tecnica di scrittura--

con un troppo ripetuto uso del verbo al passato remoto ad inizio frase.

---la storia si svolge in tempi remoti, quindi è chiaro che il passato remoto sia usato molto---

Perché l’“a capo?”

---per spezzare: è come un cambio d'inquadratura. Se invece uso le congiunzioni, la telecamera si gira verso l'obbiettivo continuando a inquadrare---

“Per […] fa che ci sia dell’ombra!” borbottò con un filo di voce, le labbra riarse e doloranti.”

---è chiaro che vuole ombra, è in un deserto: non ho voluto scrivere qualcosa di ovvio. E poi lo vede da sè che c'è ombra: proprio per questo va verso la formazione rocciosa---

Cercherei di rendere il nano ancora più caratterizzato, introduci un pantheon di divinità, fallo sbottare ogni tanto.

---fa caldo nel deserto, nessuno vuole mettersi a sbraitare, il caldo toglie le forze. Il nano è semplicemente troppo cotto per sbraitare, a meno che non lo abbiano appena teletrasportato là in mezzo all'inizio del racconto, come istintivamente si potrebbe pensare, visto che il racconto è appena iniziato, ma non è così----

Stava iniziando a guardarsi in giro per cercare un posto dove potersi riposare almeno qualche minuto, quando un leggero fruscio alle sue spalle lo fece girare allarmato. “Chi c’è?” urlò.

---lei è svenuta immobile, non fa alcun fruscio. E non voglio fare la solita cosa in cui casualmente le scivola un braccio proprio nel momento in cui il nano arriva, perchè è una coincidenza forzatissima, di quelle che svelano tutto l'artefatto letterario facendo scadere il libro subito---

----e poi l'ombra c'è solo da un lato, quindi è chiaro che il nano vede la donna appena possibile-----

Una giovane umana dalla pelle molto scura stava seduta lì al riparo su un masso, con un borsone grigio a tracolla appoggiato sulle ginocchia. Per terra accanto a lei un otre, vuoto.” Cerca di rendere l’idea che la tizia sia praticamente spacciata.

----i fatti la rendono già spacciata di per sè senza aggiungere altro. Non c'è bisogno di dire "era terrorizzato" se dici "lo squalo lo morse" <-- grazie che era terrorizzato, non c'è bisogno che sia l'autore a dirlo----

io cercherei di comunicare l’idea che preferirebbe che quello stramaledetto viaggio fosse finito (ovviamente wink_mini.gif)

----appunto, "ovviamente": quindi perchè scriverlo? Il lettore le capisce benissimo da solo certe cose-----

Trovo che le frasi siano anche qui troppo sintetiche e descrittive, come prima cercherei di far risaltare la personalità del nano (uno che ha abbandonato una ragazza nel deserto dopo averla colpita, sicuramente non è uno stinco di santo, quindi il suo linguaggio dovrebbe essere almeno un po’ colorito).

-----picchia una giovane indifesa: c'è davvero bisogno di dire o sottolineare che non è uno stinco di santo?-----------

-----la malvagità non dipende dalla cultura o dal lessico. Sono le sue azioni a renderlo malvagio, non come parla-----

-----il nano è un personaggio secondario alla storia quindi è inutile fare introspezione----------

Idem come sopra, fallo essere preoccupato per il suo tessssoro. Un buon “Per [...], il borsone!” e tutto passa.

------ho già detto che lo richiuse subito per paura che qualcuno lo vedesse, basta dirle una volta bene, le cose---------

------e poi vorrei evitare di farlo parlare da solo, come se sapesse di essere inquadrato.

e vorrei evitare di fargli pensare frasi che solo l'autore penserebbe.

Se stai agendo per qualcosa di importante pensi al massimo una o due parole, ma poi agisci.

Non è che uno sta per cadere da un burrone e pensa: "oh, non devo cadere nel burrone, l'importante è non guardare in basso, ma tanto mi hanno già spinto"<-- nel frattempo è già caduto 10 volte--------

e di ciò è contento? Contrariato? Eccitato? Se ne frega? Decrivi un po’ di più la scena.

----ha appena trovato un tesoro che conserva gelosamente: è chiaro che ne sia entusiasta <--- ho anche detto "pupille dilatate", più di così...-----------

"le grazie dorate": Non mi fa impazzire l’uso di termini pomposi, fanno troppo fantasy eroico. (e IMHO vecchiotto)

---le "grazie" di un carattere sono una parola moderna: sono i riccioli di caratteri "belli", come Garamond ecc-----

“Puntò la lente su una pagina a caso ma, cercando il giusto orientamento per inquadrare i piccoli caratteri, rischiò di concentrare troppa luce sulla carta. “Dannazione!” Cambiò subito angolazione, imprecando contro la sua leggerezza “Bruciacchiare una di queste pagine sarebbe come dare alle fiamme la Causa”.

----altro consiglio giusto, ora lo rendo più spaventato perchè è un passaggio importante----

Non capisco l’uso dei “–“, né tanto meno mi piace la costruzione della frase.

---- E' una regola di grammatica: il trattino serve a riprendere il discorso indiretto per un frangente in mezzo agli apici "" o ai caporali «» di un discorso diretto.---------

la balestra è carica? Deve essere caricata? I movimenti del nano sono frenetici (è spaventato/colto impreparato?) Descrivi.

----Giusto: ho aggiunto "cautamente"-------

“diversamente povera l’una dall’altra” non mi piace come frase, io la rifarei;

-------come la rifaresti?----------

“gente dal pelo che andava” trovo non stilisticamente piacevole l’uso del termine “pelo” per le persone. Io il pelo lo associo alle bestie, lo trovo discordante con l’immagine dell’uomo. Userei chioma.

--------------la sfumatura non mi è sfuggita (anche se il pelo ce l'hanno anche le persone), anzi è voluta proprio per il fatto che lì nel Sigis accadono delle cose particolari, come leggerai-------------

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Piccola nota: a differenza del reale, in un libro si riesce a scrivere quelle che uno pensa: non per questo un pensiero è lungo il tempo che ci vuole per leggerlo.

Comunque mi ero ripromesso di non commentare più alcunchè: lo trovo davvero stancante, evidentemente abbiamo una diversa idea di come debba essere scritto un racconto.

In bocca al lupo.

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ho accettato alcuni dei tuoi commenti e spiegato il motivo per cui non ho accettato molti altri. non mi limito a dire "è così e basta".

L'ho modificato pesantemente. Credo che ora sia meglio.

-----------------------

PROLOGO

È singolare come un colpo sul cranio possa far fuggire i ricordi di un’intera vita.

Anno 3388, Arco di Aurion, regione dell’Impugnatura.

Raffiche roventi distorcevano e sfuocavano la sagoma di un nano, solo e veloce tra le basse dune giallo limone.

Guardava il muoversi incessante dei suoi sandali coperti di sabbia, tant’era affaticato.

Per terra vide un’ombra e la seguì con lo sguardo, perciò si voltò a destra.

Una colonna naturale di roccia smussata traforata in più punti dal vento si stagliava contro il sole basso, ma già bianco e forte.

Un polverone prese a vorticare sul terreno duro attorno ad essa, mentre lunghi fasci obliqui di luce attraversavano i suoi fori.

Il nano ci si diresse per cercare un po’ d’ombra, strizzando gli occhi.

Giunse ad appoggiare le mani sulla roccia liscia.

Alla sua sinistra, per terra, guardando sotto una lama di luce che gli sbarrava lo sguardo, vide un paio di gambe lisce e negre.

Capì subito che era una giovane umana, così portò la sua mano sinistra alla piccola balestra d’acciaio che portava appesa al fianco, per sicurezza.

Puntò il suo dardo.

Non vide alcuna reazione e così si curvò lentamente.

La giovane restò seduta là, sull’unico mucchio di sabbia che era vicino all’alta colonna, appoggiata a una sporgenza col suo sacco a pelo arrotolato dietro la schiena.

Portava i capelli legati in tante lunghe treccine e aveva gli occhi chiusi.

“Non è una dei nostri”.

Allora le urlò di alzarsi nella lingua di Ruur, gesticolando con la balestra:

«Thar! Thar!».

Nessuna reazione.

Continuando a puntarla le rubò l’otre che aveva tra le mani.

Vuoto.

Lo lanciò via dalla rabbia con un urlo digrignando i denti.

Guardò il mucchietto di sabbia su cui era seduta e pensò:

“Questo mucchietto qui è fuori posto, troppo isolato: se l’è fatto lei di sicuro, per proteggersi dal freddo di ieri notte. Strano. Forse il sacco a pelo non le bastava?”.

Le mise una mano su una spalla e la buttò per terra.

«Fammi vedere che nascondi qui sotto» disse, sempre nella sua lingua.

Mise le mani nella sabbia e rinvenne un borsone grigio.

Aprì la tasca più grande e scattò in piedi dall’emozione.

Al suo interno aveva trovato ciò che tutti i suoi compagni ribelli stavano cercando.

Lo richiuse subito per paura che qualcun altro potesse vederne il contenuto, lì in mezzo al nulla.

Lei aprì gli occhi piena di dolori e vide il nano incombere su di sé.

Lentamente si alzò intontita, fissando il dardo.

Il nano disinnescò il meccanismo della sua balestra e se la rimise al fianco, così lei tirò un sospiro di sollievo.

Il nano si scalciò via la ghiaia da sotto ai sandali, si sgranchì le spalle, piantò le sue gambe possenti sul terreno e la travolse con un pugno alla tempia sinistra.

Buio.

Cancellò i suoi ricordi.

Cancellò il suo nome.

Dénev.

Il vigliacco non avrebbe diviso la gloria con nessuno.

Tornò in marcia sotto al cielo terso, stringendo a sé il malloppo.

Il pesante borsone a tracolla faceva un rumore di sonagli metallici ad ogni passo.

Si allontanò di un orizzonte.

***

Si voltò un attimo a controllare che nessuno lo stesse seguendo, ma il lungo sentiero tracciato dalle sue orme svaniva negli effetti ottici all’orizzonte.

Impossibile capire se qualcuno fosse sui suoi passi.

Si grattò la corta barba scura; prese dalla tasca destra dei suoi pantaloncini neri una piccola bussola d’avorio.

Aspettò il responso dell’ago magnetico e s’incamminò verso nord-est.

Dopo un altro orizzonte di sofferenza intravide il profilo delle rupi dei ribelli.

“Acqua a volontà”.

Un puntino nero spiccava in lontananza, al livello del terreno, isolato dal mondo conosciuto, eppure al suo centro.

***

L’entrata larghissima, ma alta appena due metri, pressappoco rettangolare a causa dell’erosione.

Entrò lento, sfinito, nell’ombra senza la forza di guardarsi attorno.

Trovò l’otre mezzo pieno d’acqua di uno dei suoi compagni e si mise seduto per terra a bere piano. Si accasciò sfinito stringendo il suo tesoro.

“Per andare giù al torrente c’è tempo”

pensò, mentre le sue gambe gli bruciavano dalla fatica.

Uno spiffero fresco dal sottosuolo lo fece rinvenire.

Tornò sotto il sole aprendo il borsone, gonfio d’orgoglio.

Le schegge metalliche giallastre che la colmavano lanciarono una miriade di riflessi in alto sulla volta piatta e sulle sue pupille dilatate.

Non era oro, ma qualcosa di ben più prezioso.

“Per questo mi faranno come minimo una statua, quando vinceremo. Torneranno qui entro stasera”.

Si alzò in piedi già abituandosi a sentire la gente acclamare il suo nome:

«Kel-den! Kel-den!».

Dal buio, la sua stessa voce gli rispose: «Kel-den!».

Preso alla sprovvista, il nano si gonfiò e poi fece una grassa risata il cui eco risuonò anch’esso nella spelonca.

Accasciata nel polverone.

Una voce immaginaria nel buio dei suoi occhi la chiamava.

«Dénev… Dènev».

Non la riconobbe.

Il nano aprì un’altra tasca del borsone, più piccola, posta sul lato sinistro.

Ne estrasse una massiccia lente d’ingrandimento quadrata e un libretto impolverato, ancor più importante delle schegge metalliche, per cui tanto aveva esultato.

Sulla sua copertina ruvida di tela nera c’era una parola dai tratti dorati, magnifici sotto il sole.

«Amagite».

La lesse con un filo di voce, fissandola incredulo, ancora un po’ intontito dal caldo. Puntò la lente su una pagina a caso, cercò il giusto orientamento per inquadrare i piccoli caratteri e concentrò troppa luce in un punto sulla carta.

Un filo di fumo iniziò a spandersi sotto la lente.

Il nano aspirò forte una boccata d’aria in un gemito di preoccupazione, tolse la lente con la mano sinistra e chiuse il libro con la destra, in un colpo secco.

Lo schiacciò forte, pregando che nessuna fiamma stesse covando tra i fogli, e lo portò all’ombra.

“Stavo per dare tutto alle fiamme”.

Si mise in un alone giallo di luce riflessa e trovò il coraggio di riaprirlo.

Nessun danno. Sollevato, sbuffò via un po’ di tensione ed osservò le illustrazioni tecniche colorate a china delle pagine centrali.

Spiccavano parole come attrattore di fulmini, metallo liquido e suono che plasma la forma.

Si mise a leggere.

Pagina 42.

A questo punto un fulmine cadrà sulla vostra incudine: così l’amagite diverrà ardente e sarà plasmabile per poco tempo. Fate in fretta. Nello stampo di metallo potrete dare una prima forma al vostro manufatto usando gli acidi triferàli, seguendo le proporzioni descritte nel capitolo quarto. Ripetete il processo...

- prese dalla sua borraccia un ultimo sorso, questa volta attento a non bagnare il manoscritto, anziché bruciarlo e per curiosità sbirciò l’ultima pagina -

… quanto più sarà spesso il vostro manufatto d’amagite, tanto più sarà impenetrabile agli incantesimi.

Di certo avere uno scudo o una spada con aloni giallo limone non vi darà un’aria spavalda, ma potete starne certi: i maghi smetteranno di usare tutti quei loro termini astrusi e vi porteranno rispetto.

“Che strano, - pensò grattandosi le labbra - questi ultimi appunti così informali non possono essere stati scritti da un senza mente”.

Sollevò lo sguardo e per un attimo gli parve di vedere delle treccine nere dietro a una duna.

Poggiò lente e libro cautamente e mise mano alla sua balestra, con una certa apprensione.

“Umana, non puoi essere ancora viva”.

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