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Nuovo modo di intendere il Roleplaying


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Comunque, io ho notato due cose nel corso degli anni: bene o male tutti i PG a lungo andare finiscono per assomigliare caratterialmente al proprio giocatore, anche i più strani; inoltre, ci sono dei giocatori che hanno delle aspettative drasticamente al di fuori delle loro effettive capacità: ho visto fin troppi background da elfo eroico, serio e solenne, con un passato tragico resistere per qualche sessione e poi sbracarsi perché il giocatore è un inguaribile cazzaro e non ce la fa a sostenere quel tono di narrazione a lungo.
Beh, certo che se il giocatore è un inguaribile cazzaro è un conto...

Probabilmente sono le persone con cui giochi, ma non è certo che tutti si comportano così. Ad esempio ho conosciuto qualcuno capace di fare una persona seria e che parla poco, e un'assassina sanguinaria (chierica di Tempus).

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Mi sembra di capire che tu e i tuoi compagni di gioco abbiate riconosciuto che NON siete bravi a fare GdR, e per questo motivo volete aiutarvi nella pratica ricorrendo a questo "trucco" che riduce il gap tra personalità reale del giocatore e personalità del personaggio che andate a interpretare.

Ti dico, non è che non siamo bravi a fare GdR, è solo che, penso lo sappiate meglio di me, uno die una battutina, e subito dopo tutti si attaccano e si perdono 5 minuti solo per ridere...inoltre gli incontri sono diventati: thundering armor! - thundering armor! - trhundering armor! Insomma, noiosi, ma questo sia un problema un pò comune.

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Bisogna separare le due cose.

Un conto è ridere per 5 minuti e dire due o tre cavolate. Può capitare a tutti, anzi direi che ogni tanto fa proprio bene al gioco stesso.

Fare le cose troppe serie fa correre il rischio di portare alla noia, sopratutto di qualche pg.

Il master deve sempre saper dosare, in alcuni casi lasciare i pg un pò liberi di andare anche oltre i loro ruoli, a volte invece richiamarli o cmq tenerli a freno.

Però interpretare personaggi simili a se stessi significa:

1) non interpretare, che è la vera sfida del gioco di ruolo

2) cercare una scappatoia, a mio parere inutile, ad un problema che è dei giocatori e non del gioco.

In breve, come avrete già capito dai post precedenti, sono daccordo con Blackstorm.

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Però interpretare personaggi simili a se stessi significa:

1) non interpretare, che è la vera sfida del gioco di ruolo

2) cercare una scappatoia, a mio parere inutile, ad un problema che è dei giocatori e non del gioco.

Domande:

1) In che modo intepretare un personaggio qualsiasi significa non interpretare?

2) In che modo si può giudicare se un personaggio è simile al giocatore o meno?

Da notare che qualunque attore inserisce in qualsivoglia personaggio che interpreti delle parti di sè, dalla mimica facciale a certi comportamenti particolari, alle espressioni.

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dopo però questa cosa ci ha preso. In ogni caso non ho raggiunto il mio scopo, xk nel mio gruppo il role playing è praticamente 0...

Una volta tramite un associazione ho trovato un gruppo che si vantava di giocare molto seriamente, il DM in particolare diceva di conoscere tutte le regole alla perfezione, e che scriveva abitualmente anche la per la 25th edition e sui maggiori forum di D&D. Tutto vero, niente da dire... Peccato che in gioco interpretassero con frasi del tipo (giuro, non le dimenticherò mai): "chierico, mi fai un cura ferite?", "ladro, cerca se ci sono trappole"... Neanche i nomi ai PG avevano dato.

Finché non siete a questo livello, c'è speranza.

Ciao, MadLuke.

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Una volta tramite un associazione ho trovato un gruppo che si vantava di giocare molto seriamente, il DM in particolare diceva di conoscere tutte le regole alla perfezione, e che scriveva abitualmente anche la per la 25th edition e sui maggiori forum di D&D. Tutto vero, niente da dire... Peccato che in gioco interpretassero con frasi del tipo (giuro, non le dimenticherò mai): "chierico, mi fai un cura ferite?", "ladro, cerca se ci sono trappole"... Neanche i nomi ai PG avevano dato.

Finché non siete a questo livello, c'è speranza.

Penso che siamo proprio il contrario: il nostro DM le regole non le sa alla perfezione, e ci scappa sempre la controllatina. Per i nomi l'unico problema è che li scegliamo sempre strani: ad esempio, "Vastans Hostium", il nome del mio primo guerriero, ha un significato latino: distruttore di nemici.

Per quanto riguarda gli interventi del DM siamo noi a dire che non deve dirci niente. Altrimenti che gusto c'è, se ci dice quello che dobbiamo fare?:)

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Domande:

1) In che modo intepretare un personaggio qualsiasi significa non interpretare?

2) In che modo si può giudicare se un personaggio è simile al giocatore o meno?

Da notare che qualunque attore inserisce in qualsivoglia personaggio che interpreti delle parti di sè, dalla mimica facciale a certi comportamenti particolari, alle espressioni.

In breve, interpretare un personaggio molto simile a se stessi non é la stessa sfida di interpretare un pg diverso. È più facile e meno avvincente, consigliabile solo a chi é alle prime armi con il role play.

Riguardo il come si riconosce, dovresti chiederlo a chi applica quella variante di regola. Ad ogni modo, dopo aver giocato qualche settimana con gli stessi pg, è possibile delineare il loro carattere reale, che dovrebbe poter essere diverso da quello all'interno del gioco (in caso di ottimo roleplay)

Infine gli attori inseriscono una parte di loro, ma non accettano solo i ruoli simili alla loro indole. La vera sfida del recitare è quella di interpretare ruoli distanti dal proprio modo di essere. Lì si può giudicare i grandi attori, e noi italiani un tempo eravamo i migliori in questo, ma è un'altra storia ahimè...

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Mi sa che hai frainteso. Non ho detto che quando giochiamo dobbiamo essere noi stessi in tutto e per tutto, ma utilizzare un PG che ci assomigli, nel quale possiamo riconoscerci. Altrimenti tutti farebbero l'umano guerriero, chierico al massimo.

Se uno si vede bene in un Golia, bene per lui, vuol dire che riesce a impersonificarsi bene. Ma a mio parere uno può fare il Golia se anche nella vita reale è una persona tutta muscoli e uga-uga.

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Magari uno non vuole la "sfida di interpretare un pg diverso". Quando mai è scritto questo nei manuali?

Qualcuno potrebbe solo volere se stesso mentre vive in un mondo diverso, che poi risulterà comunque diverso dallo studente/lavoratore che è in realtà...

Non dovreste giudicare questa cosa come giusto o sbagliato perché semplicemente non lo è, non è quello lo scopo del gioco. Se volete recitare allora potete unirvi a una compagnia teatrale, ma D&D è un gioco diverso.

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Il discorso scivola nei meandri della psicologia qui...

Il Gioco di Ruolo, come attività, prevede l'immedesimazione in qualcuno che NON si è. Punto. Questa è una definizione.

Poi, ovviamente, ci sono le sfumature.

Ora, il parallelismo con la recitazione cinematografica (o teatrale) non è sballato: il bravo attore NON perde il suo stile, ma inserisce, com'è stato osservato, parte di sé in ciò che fa.

Nel Gioco di Ruolo come attività sociale-ludica, TUTTI inseriscono parte di sé in ciò che interpretano e NON è un difetto, bensì una caratteristica del GDR stesso, che avrebbe anche la funzione di guardarsi un pò dentro.

E' per questo che la nuova generazione di giocatori (e la vecchia classe di power player) spesso mi da ai nervi: giocare con le miniature senza interpretare è giocare al gioco di ruolo D&D NON "giocare di ruolo".

Se stiamo parlando di gioco di ruolo, il gusto è creare un alter ego diverso da noi e vedere come nel tempo possa assumere tratti magari nascosti, magari subdoli della nostra persona, tratti che, per un motivo o per un altro, magari non emergono nella vita di tutti i giorni.

Coi nostri gruppi di gioco ritengo davvero di aver raggiunto (e di raggiungere) livelli di profondità notevole, al punto di piangere (dal ridere o dalla tristezza) e di arrivare a scavare DAVVERO in profondità con sessioni piuttosto "personali" di Wraith, Mage, Angeli e Demoni o anche D&D.

Il tutto, sempre interpretando e giocando persone DIVERSE da noi.

Ora, ognuno è libero di fare gli esperimenti che vuole: gdr libero senza sistema, giochi di ruolo narrativi, giochi di ruolo fantasy, horror, fantascientifici a bassa immedesimazione, quello che volete...Ma se parliamo di GDR come concetto, parliamo di "giocatori che si siedono attorno al tavolo con lo scopo di immedesimarsi in vicende e personaggi diversi dalla realtà in cui vivono (in qualsiasi forma e misura) allo scopo di raccontare avventure e momenti più o meno credibili ed emozionanti".

Una parentesi per quanto concerne la "risata": un temo me la prendevo tanto e alla fine capivo che peggioravo le cose. Ora, i momenti di schiumo sono d'obbligo e ti dico che, conoscendo BENE i miei giocatori, ho imparato a far sì che ricadano IN GIOCO...Alternando momenti di profondità ad altri più leggeri, il momento "goliardico" si esaurisce con delle scene di gioco e basta e avanza per far sfogare quei famosi cinque minuti (una banalità: quando i giocatori viaggiano in uno stato da nord a sud, mi diverto a fare alcuni png coi dialetti italiani a seconda della zona...per qualche ragione questo piccolo escamotage da vita a scenette davvero graziose e folcloristiche che spesso fanno spisciare...Come quando c'era un locandiere con accento siciliano strettissimo e il gruppo non riusciva a capirlo :)).

DB

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Il discorso scivola nei meandri della psicologia qui...

Il Gioco di Ruolo, come attività, prevede l'immedesimazione in qualcuno che NON si è. Punto. Questa è una definizione.

Poi, ovviamente, ci sono le sfumature.

Ora, il parallelismo con la recitazione cinematografica (o teatrale) non è sballato: il bravo attore NON perde il suo stile, ma inserisce, com'è stato osservato, parte di sé in ciò che fa.

Nel Gioco di Ruolo come attività sociale-ludica, TUTTI inseriscono parte di sé in ciò che interpretano e NON è un difetto, bensì una caratteristica del GDR stesso, che avrebbe anche la funzione di guardarsi un pò dentro.

E' per questo che la nuova generazione di giocatori (e la vecchia classe di power player) spesso mi da ai nervi: giocare con le miniature senza interpretare è giocare al gioco di ruolo D&D NON "giocare di ruolo".

Se stiamo parlando di gioco di ruolo, il gusto è creare un alter ego diverso da noi e vedere come nel tempo possa assumere tratti magari nascosti, magari subdoli della nostra persona, tratti che, per un motivo o per un altro, magari non emergono nella vita di tutti i giorni.

Coi nostri gruppi di gioco ritengo davvero di aver raggiunto (e di raggiungere) livelli di profondità notevole, al punto di piangere (dal ridere o dalla tristezza) e di arrivare a scavare DAVVERO in profondità con sessioni piuttosto "personali" di Wraith, Mage, Angeli e Demoni o anche D&D.

Il tutto, sempre interpretando e giocando persone DIVERSE da noi.

Ora, ognuno è libero di fare gli esperimenti che vuole: gdr libero senza sistema, giochi di ruolo narrativi, giochi di ruolo fantasy, horror, fantascientifici a bassa immedesimazione, quello che volete...Ma se parliamo di GDR come concetto, parliamo di "giocatori che si siedono attorno al tavolo con lo scopo di immedesimarsi in vicende e personaggi diversi dalla realtà in cui vivono (in qualsiasi forma e misura) allo scopo di raccontare avventure e momenti più o meno credibili ed emozionanti".

Una parentesi per quanto concerne la "risata": un temo me la prendevo tanto e alla fine capivo che peggioravo le cose. Ora, i momenti di schiumo sono d'obbligo e ti dico che, conoscendo BENE i miei giocatori, ho imparato a far sì che ricadano IN GIOCO...Alternando momenti di profondità ad altri più leggeri, il momento "goliardico" si esaurisce con delle scene di gioco e basta e avanza per far sfogare quei famosi cinque minuti (una banalità: quando i giocatori viaggiano in uno stato da nord a sud, mi diverto a fare alcuni png coi dialetti italiani a seconda della zona...per qualche ragione questo piccolo escamotage da vita a scenette davvero graziose e folcloristiche che spesso fanno spisciare...Come quando c'era un locandiere con accento siciliano strettissimo e il gruppo non riusciva a capirlo :)).

DB

Pienamente d'accordo.

Rispondendo alla frase di Vastans "Se uno si vede bene in un Golia, bene per lui, vuol dire che riesce a impersonificarsi bene. Ma a mio parere uno può fare il Golia se anche nella vita reale è una persona tutta muscoli e uga-uga"

in questa ottica allora una persona tutta muscoli nella vita non potrà mai interpretare un mago elfo a D&d, e non si tratta di impersonificarsi ma di interpretare.

Se poi facciamo questi discorsi per la classe e la razza, cosa dire invece dell'allineamento? Una campagna malvagia potrebbe essere giocata solo da persone un pò st***e?

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Il Gioco di Ruolo, come attività, prevede l'immedesimazione in qualcuno che NON si è. Punto. Questa è una definizione.

Scusa se cito Wikipedia.

A role-playing game (RPG) is a game in which players assume the roles of characters in a fictional setting.

Non riesco a vedere nessun "NON si è" in quella frase.

Coi nostri gruppi di gioco ritengo davvero di aver raggiunto (e di raggiungere) livelli di profondità notevole, al punto di piangere (dal ridere o dalla tristezza) e di arrivare a scavare DAVVERO in profondità con sessioni piuttosto "personali" di Wraith, Mage, Angeli e Demoni o anche D&D.
SSSH!!! Dillo a bassa voce, se ti sente qualcuno ti dirà che non è possibile perché il regolamento non lo permette. :asd:
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  • 2 settimane dopo...

si, appunto. io ho detto che personalmente preferisco interpretare molto, creare pg diversi. nelle ultime tre avventure sono stato uno psion elfo subdolo e infido che cerca una cura per la moglie morente, un guerriero genasi dell'acqua onorevole e leale e con una passione per il cibo, e ora un morfico guerriero incazzato con il mondo e in cerca di avventure per dimostrare il proprio valore...ma altri miei amici sono rimasti sulla linea dei pg precedenti: c'è sempre un tipo allegro e avido, che è un ladro, un druido (!) o un warlock. c'è il coraggioso sfigatissimo con i dadi che fa il paladino o il bardo...mica gli ho detto niente. per me va bene così.

quello che intendevo è che questo non da profondità narrativa o imedesimazione più o meno di un'interpretazione diversa ogni volta.

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