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Il pittore


johnnycato

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Sono un pittore. Ho trentacinque anni, e lavoro in una graziosa bottega in via Barbablu, una via molto artistica, a modo suo. La mia bottega profuma di incenso, ed è piena di colori. Non ho molti clienti. Tuttavia non sono a corto di denaro, avendo il privilegio di provenire da una famiglia ricca, e considero questo lavoro più un appassionato hobby, che una professione vera e proria. Intorno a me ci sono svariati dipinti di paesaggi esotici, alcuni invece più grigi, della mia città.

Preferisco i dipinti colorati.

Sto dipingendo un castello medievale. Non ho alcun parametro di riferimento, e mi baso sulla mia fantasia. Sono molto concentrato su questo lavoro, quando sento suonare dei campanelli. Qualcuno è entrato nel negozio. Mi distolgo dal dipinto e mi giro verso la porta. Una ragazza piccolina si avvicina timidamente.

- Buongiorno.. - dice. Ha un leggero accento francese.

- Buongiorno. In cosa posso esserle utile?

- Ecco, - sembra imbarazzata - io vorrei chiederle un ritratto.

- Nessun problema. Che tipo di ritratto?

I suoi occhi si illuminano.

- Oh.. ecco, io vorrei un ritratto.. di me.

- Posso farglielo di persona, se ha pazienza di stare ferma per un'oretta. Sennò puo' lasciarmi una fotografia, ma la somiglianza e la qualità saranno inferiori.

- Ecco.. io preferirei che me lo facesse di persona..

- Ok. posso chiederti Come ti chiami?

Mi viene spontaneo darle del tu. Non deve avere più di diciotto anni.

- Mi chiamo Desirèe.

La osservo bene. Ha i capelli in disordine, molto folti e lunghi. Ha la pelle chiara, è piccola ma ha un corpo ben proporzionato. Ha due grandi occhi neri, molto espressivi.

- Allora, si puo' fare?

- Certo. Lo vorresti fare subito? Qua c'è una poltrona molto comoda.

- No, ecco, in verità...è una cosa un po' particolare, hmm.

Sembra essere molto in difficoltà.

- Dimmi tutto. - cercavo di metterla a suo agio, mostrandomi rilassato e disponibile - Ecco, io vorrei che lei mi dipingesse senza niente addosso.

Lo dice in fretta, come se volesse scaricare il peso dell'affermazione su di me.

Di colpo il mio corpo inizia a scaldarsi e il mio interesse per questa ragazza aumenta vertiginosamente.

- Nuda?

- Sì.

Non le chiedo ulteriori spiegazioni. Non voglio essere invadente.

- Quindi avremo bisogno di un posto un po' più tranquillo. - dichiaro.

- Sì.. Passo sempre davanti a questo negozio, ed è quasi sempre vuoto. Ma non sarei a mio agio lo stesso, su quella poltrona. Davanti a tutti.

Gli occhi puntati verso il basso, è arrossita. La sua voce francese è dolcissima. Il suo modo di parlare e la sua sincerità mi piacciono molto.

- Ok, allora ti va di venire nel mio appartamento?

- Nel tuo appartamento? -Improvvisamente suoi occhi si riempiono di paura.

-Sì, abito qua davanti. C'è un grande divano su cui, ne sono certo, saresti bellissima. - Lo penso davvero.

La sua voce trema.

- Tu non mi farai del male, vero?

Trovo che sia spaventata senza nessun motivo.

Cerco di rassicurarla, la guardo negli occhi, e le dico con molta decisione:

- Non devi neanche pensarci. Non ti toccherò mai.

- Ok.

Le ho fatto una promessa. Sembra rilassarsi. Ha deciso di fidarsi di me.

- Sai, sono molto belli i tuoi quadri.

Ora è tranquilla, e cambia rapidamente argomento. La vita torna rapidamente in lei. Ci sono delle cose che catturano la sua attenzione.

La vedo perdersi nelle mie tele: nei paesaggi caraibici, nelle tundre fredde e nei castelli medievali. Guarda anche a fondo alcuni ritratti, dimenticati sulle mensole. Da come li guarda, con gli occhi spalancati e vivaci. capisco che li deve amare davvero.

- Grazie. Allora quando saresti comoda per fare il ritratto? Stasera? Oppure domani?

- Credo che domani sia una buona giornata.

Lo dice con tono deciso. E mi sorride.

- Perfetto.

Esce facendo scampanellare la porta.

Rimango da solo. Non mi rimetto più a dipingere. Mi siedo su uno sgabello, davanti a una tela bianca, e resto così, immobile, per 4 ore. Dopodichè inizio a scopare il pavimento, metto al loro posto qualche tela, prendo il mio portafogli da sotto il bancone e chiudo il locale.

Esco in strada ed entro nell'edificio di fronte. Salgo le scale fino al mio appartamento ed entro. Mi preparo la cena: una bistecca comprata questa mattina al mercato con delle verdure. Mangio con lo sguardo perso nel vuoto. Finito di mangiare, sparecchio e lavo i piatti. Mi lavo i denti e la faccia. Poi mi svesto e vado a letto. Nonostante siano le 9, mi addormento subito e con molta facilità. Voglio essere ben sveglio domani. Voglio farle un quadro magnifico.

Sogno di essere su una barca a remi. Ci sono solo io a bordo della barca, e sono in mezzo ad un fiume. La corrente mi fa scivolare in avanti. Vedo sfilare davanti ai miei occhi paesaggi molto belli. Montagne nevose, deserti freddi, boschi nordici, paludi e steppe. In questi paesaggi c'è una sorta di serenità, e io sto bene nel guardarli. Finchè una spiaggia non si para davanti ai miei occhi. Sorge in mezzo al fiume, nascosta in un piccolo golfo. Il sole, in tramonto, la dipinge di rosso. Sento che in quella piccola spiaggia sarei felice. Cerco di dirigermi in quella direzione, remando a più non posso, ma non ci riesco. La corrente è fortissima e mi spinge in avanti. Alzo lo sguardo. Vedo delle nuvole, in lontananza.

La giornata seguente trascorre silenziosa e triste. Il negozio è deserto, e fuori il cielo è grigio.

Passo il tempo a fissare il grande orologio bianco a forma di gatto che tengo sopra la porta d'ingresso.

Alle sei dò una ripulita alla bottega. Passo anche con gli stracci per terra. Poi prendo le mie cose da sotto la cassa, prendo il cappotto ed esco.

Piove. Una pioggia leggera, autunnale. La strada è deserta, ed è immersa in una sottile foschia. Mentre sto chiudendo la porta della bottega con il chiavistello qualcosa mi blocca una spalla. Giro la testa. E' Desirèe, bagnata fradicia. Deve essere venuta a piedi da casa sua, penso. Porta un vesto lungo, piuttostosto estivo. Deve morire di freddo.

La porto nel mio appartamento: saliamo le scale, buie e sporche, e ci accomodiamo. Desirèe prende subito posto a sedere al tavolo della cucina. Si muove con molta leggerezza, facendo pochissimo rumore. La casa è calda.

- Vorresti un tè?

- Ecco, io a dire la verità.. mi sono portata questa da casa.. - e tira fuori una bottiglia di champagne dalla borsetta. E' visibilmente imbarazzata.

- Sai.. per superare la timidezza.

Apre la bottiglia e inzia a berla, un bicchiere alla volta, con la giusta calma. Io nel frattempo mi preparo un te'. Nessuno di noi due parla.

Bevendo, la ragazza diventa più allegra e curiosa: incomincia ad esplorare tutti i quadri sulle pareti di casa mia, uno a uno, con i suoi occhi grandi e vivaci.

- Sono stupendi.

- Grazie.

- Sono molto, molto più belli dei quadri che tieni nel negozio. - Mi sorride.

- E' vero. Più ami qualcosa e più la tieni per te. Per te soltanto.

Quando la bottiglia è stata bevuta per due terzi, da lei solamente, (offre anche a me dello champagne, ma io voglio rimanere lucido) si alza e, barcollando e ridacchiando,si butta sul divano. Continuava a guardarlo da un pezzo. La intrigava. Un grosso divano rosso, molto bello.

- Sei sicura di voler fare questo quadro?

Mi guarda con i suoi grandi occhi neri.

- Sì. Con tutto il cuore.

E' uno sguardo deciso.

Prendo la tela e i pennelli. Mi sistemo sistemo davanti a lei, in piedi. Desiree è persa nei suoi pensieri. Sembra essere in un altro mondo.

- Desirèe?

Si sveglia di colpo.

- Uh, sì, scusa.

Resto in silenzio. Mi guarda con occhio strano e mi chiede.

- Ora dovrei spogliarmi, vero?

- Direi di sì.

E lo fa. Delicatamente si sfila tutti i suoi vestitini, uno ad uno. Naturalmente con molta timidezza. Mano a mano li piega e li poggia vicino al divano.

E io so che non dovrei guardare, che dovrei cercare di non imbarazzarla ulteriormente. Ma non riesco a staccare lo sguardo da quella visione.

E' bellissima. Un angelo sceso dal terra per me. Il suo corpo è chiaro, e sembra risplendere di una strana luce.

Distesa di lato mi guarda. Il suo profumo mi arriva nitido. Ed è un profumo fantastico, dolce e selvatico insieme, irresistibile.

Sono immobile, bloccato.

Il silenzio opprime la stanza.

Tiro fuori delle casse e metto un cd di Mozart. La bella musica mi aiuta a dipingere.

Passano cinque ore. lei mi guarda per ogni singolo istante, senza muoversi mai. Nella stessa posizione, mi guarda.

Tuttavia non sta guardando me. I suoi occhi sono rivolti verso di me. Ma la sua immaginazione sta mettendo a fuoco qualcun'altro. E' lo sguardo di una ragazza innamorata.

E io, fingendo che quell'amore sia indirizzato a me, metto tutto me stesso, tutto il bello della mia vita, in questo dipinto.

Quando ho finito di dipingere la ragazza e una parte del divano osservo con attenzione la tela. La prima impressione è di inquietudine, senso di piccolezza. Poi passa. Ora provo interesse. Mi piace. Dopodichè arriva il desiderio.

Desirèe mi vede, capisce che deve essere finito. si alza, cammina verso di me. Con la massima disinvolura si avvicina a me. Sbircia la tela dietro le mie spalle. Sento silenzio.

Poi la sento ridere. E' felice. Il quadro le piace moltissimo.

A quel punto mi bacia. Un bacio di ringraziamento, credo, con il quale accarezza la mia lingua con delicatezza. Sono preso alla sprovvista. Per un attimo dubito di trovarmi in un sogno. Sono sbigottito. Ricordo la mia promessa.

Nel frattempo Desirèe si calma, si dà un contegno.

Lentamente e con molta tranquillità, si riveste e mi ringrazia. Non sembra più in imbarazzo. E' davvero contenta.

- Torna domani e sarà asciutto. - Riesco a dire.

Lo stereo ora sta suonando un pezzo di Beethoven. La pastorale.

- Ok, ci puoi contare. - mi rivolge uno sguardo complice.

- Grazie. - aggiunge. - E' bellissimo.

Il giorno seguente lo trascorro sudato e teso dietro il bancone, piuttosto nervoso. Ho passato tutta la notte a guardare quel dipinto.

Mi rendo conto che non vedo l'ora che arrivi. Ho voglia di vederla.

Il giorno passa in silenzio. Nessun cliente. Solo la mia tensione, palpabile nell'aria.

Sta nevicando. Guardo fuori dalla vetrina: vedo coppiette felici di ragazzi di 16 o 17 anni, signori di una certa età camminare solitari, gruppi di bambini correre con un pallone sotto il braccio e poi una ragazza carina, dai lineamenti orientali, che porta a spasso un cane.

Accendo un incenso. Cerco di distrarmi nel profumo. Non riesco a dipingere nulla.

Arriva alle cinque. E' di nuovo timida, e molto imbarazzata.

Lo capisco all'istante. Guardandomi arrossisce. Ha una felpa gialla color del sole e jeans piuttosto stretti. Ai piedi scarpe da ginnastica. Emana un buon profumo.

Non so bene come comportarmi. Vado a prendere il quadro e glielo mostro. Ora è più serena. E guarda il quadro con grande amore.

Se mi avvicino troppo, lei si allontana. Nel farlo però, sfiora i miei fianchi con la sua mano, con un fare molto dolce.

Mi paga ed esce dalla bottega. Prima di farlo mi bacia sulla guancia e mi abbraccia. L'ultima espressione che mi regala è un grande sorriso. Attendo trenda secondi. Prendo una coppola, me la metto in testa ed esco.

Il cielo è ancora nuvoloso, e la neve ricopre le strade. Dei raggi di sole filtrano attraverso le nubi e illuminano dei pezzi di strada. Fa freddo, e posso vedere il mio respiro nell'aria. Sento un forte chiacchericcio provenire da un punto imprecisato: ragazzini che scherzano. La vedo in lontananza. Con quel grosso quadro sotto il braccio, impacchettato.

Ho deciso che devo sapere chi avrà la fortuna di possedere un dipinto così bello.

Così decido di seguire Desirèe. La ragazza cammina spedita e presto sbuca in una strada più grande. Si districa facilmente nella folla, con sicurezza. Gira a sinistra, attraversa la strada. Non si volta mai indietro. Rimango fermo a un semaforo e la perdo di vista. Quando il semaforo diventa verde, affretto il passo e dopo qualche istante torno a vedere quella felpa gialla.

La strada diventa salita. Stiamo addentrandoci su per una piccola collinetta. Finchè non la vedo entrare in un cortile. Suona un campanello ed entra. E' una casetta americana. Sembra uscita da un film. La folla è sparita, e si sente solo un leggero rumore di grilli. La casa è in ombra.

Mi avvicino ad un finestrone e spio dentro.

E' un soggiorno tipicamente americano. Ci abita un ragazzo. Avrà vent'anni. Ha dei tratti inglesi. Non è bello, ma forse crede di esserlo. Ha capelli rossicci e sta parlando con Desirèe. Cerca di nasconderlo, ma sembra un po' annoiato.

Una rivista inglese abbandonata su un divano. Un parquet lucidissimo. Il ragazzo è vestito con giacca e cravatta. Desirèe gli porge il quadro, lui scarta il pacco, immaginando già cosa contenga. Però rimane piacevolmente colpito e la ringrazia. E' stata una squisita idea. Dopodichè fanno l'amore.

Io resto a guardarli per un po', poi me ne vado. La strada è in ombra. I grilli non fanno alcun rumore. Una macchina, in lontananza.

Tempo dopo Desirèe si trasferì. Seppi da dei suoi amici che era tornata in Francia. Provai a cercarla, ma non la rividi mai più.

Due anni più tardi riuscii a comprare la tela. Un giorno andai a casa di quel ragazzo (mi ero annotato il suo indirizzo) e gli chiesi di vendermela. Gli offrii molti soldi ed il ragazzo accettò. Quasi non si ricordava più di averlo, quel quadro. Era abbandonato in soffitta da più di un anno. Gli dissi che lo avevo dipinto io. Non mi chiese nient'altro. Si limitò a vendermi un dipinto pieno di polvere, in parte rovinato, con la mia firma. Ancora prima che uscissi aveva già ricominciato a guardare la televisione.

Da allora il quadro è nel mio studio. Nascosto sotto un panno.

Nella mia ottica non farlo vedere a nessun altro è un atto di amore per Desirèe.

Ho avuto altre donne, nella mia vita, parecchie erano francesi, e credo di aver dimenticato molto di quella ragazza.

Tuttavia conservo dentro di me il ricordo di lei come se fosse un tesoro. Il suo profumo, la sua voce, e il suo modo di guardare gli oggetti mi sono ancora nitidi. E lei è viva dentro di me.

Con il tempo ho capito che in realtà il quadro non significa niente. E' soltanto un oggetto morto, come tanti altri.

Quello che conta è ciò che in quel momento stava vivendo e respirando sopra quel divano rosso. Quel bellissimo essere che sprizzava amore da tutti i pori. Quel fiore che non ho saputo cogliere.

Mi chiedo continuamente dove sia, e cosa stia facendo. In quei momenti torna ad essere la mia ossessione, e mi sento molto triste.

Nessuno oltre a me ha mai visto quel quadro. Solo una volta, una bambina birichina, di sei anni, gironzolando in casa mia a piedi nudi (è la figlia di alcuni amici di mia moglie), si trovò davanti il cavalletto. Sollevò il panno, incuriosita, e lo vide. Rimase ferma, immobile per parecchi minuti. La allontanarono più volte, ma lei tornò a guardarlo, sempre.

Non parlò per dei mesi. E poi visse una vita felice.

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