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Snorky Snork

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Salve gente quello che sto postando è il Background del mio personaggio e volevo sapere che cosa ne pensavate. L'ho scritto a mò di storia perciò gradirei sapere la vostra opinione, se è di vostro gradimento...se mi prende bene potrei svilupparla come storia.

L'ultimo paragrafo è stato scrittoin modo frettoloso, perchè facendo parte di un BG non c'era bisogno di svilupparlo ulteriormente. L'ho scritto di getto e non ho avuto modo (e voglia;-)) di rileggerlo, perciò chiedo scusa in anticipo per eventuali errori ortografici e di costruzione.:bye:

Urien Rakarth

La città brulicante di persone, animali, odori e sapori stava a poco a poco attenuando il suo frastuono lasciando spazio alla tranquillità della sera. Il sole stava volgendo al tramonto con i suoi tenui raggi che guizzavano tra le montagne della Foresta Addormentata nel lontano Ovest.

L’estate era così piacevole alla sera, la calura soffocante del pomeriggio lasciva spazio alla frescura della notte, la gente se ne tornava a casa e le strade oramai deserte, sembravano trovare il riposo del silenzio agognato per tutto il giorno.

In questa particolare ora, le ombre si allungavano a dismisura prendendo forme strane e deformate, come se prendessero vita. Poche persone ormai si trovavano per strada, questa non era più l’ora degli esseri umani…questa era l’ora delle OMBRE!

Un giovane uomo con passo incerto si stava muovendo per la strada, alla vista era completamente ricoperto di sporcizia, vestiva con abiti logori e non portava né scarpe e né stivali. I suoi capelli castano-biondo erano talmente sporchi da poter ospitare l’intera popolazione di pulci della città. Di età indecifrabile, camminava strascicando i piedi come se da un momento all’altro dovesse crollare a terra, ma questo non capitava, un passo era seguito dal successivo con ritmo regolare anche se scoordinato. I pochi individui ancora rimasti lo scansavano, senza lanciarli nessuno sguardo, come se non esistesse.

Il suo sguardo era vacuo, inespressivo, ciò che lo circondava sembrava non esistere perso come era nei suoi pensieri.

Un bambinetto stava giocando con una piccola palla in mezzo alla strada incurante dell’ora tarda. Ad un certo punto il pallone rimbalzando malamente sul muro di una casa, arrivò ai piedi del giovane e questi, prima indifferente a tutto quello che lo circondava, si bloccò e cominciò ad osservare l’oggetto finitoli davanti ai piedi. Dopo aver fissato il pallone per una manciata di secondi, si abbassò raccogliendola e continuando a fissarla intensamente. Il bambino si avvicinò incurante dell’aspetto poco rassicurante dell’individuo “Scusi signore potrebbe restituirmi la palla? Grazie per averla raccolta”, il giovane guardò il bambino sorridente e senza esitare gli restituì la sfera. Qualcosa si ridestò in lui, qualcosa di familiare che pareva essere ormai scomparso, perduto, dimenticato. Il bambino stranamente lo prese in simpatia “senti vorresti giocare un po’ con me? Nessuno vuole più giocare con me quando arriva il tramonto e mi sento sempre solo”, il ragazzo accennò una risposta confusa “ecc..arhm..i..io è da molto che…uhrm…non gioco”, ma il bambino insistette “dai sarà divertente e poi a vederti non sembra che tu abbia molto altro da fare, dai solo fino a che l’oscurità non avrà preso il sopravvento sulla luce.”. Quest’ ultimo discorso sorprese molto il ragazzo, ormai completamente ridestato dal limbo in cui i suoi pensieri erano sprofondati, e alla fine prese a giocare a “rimbalzo palla” con il piccolo e anche se i suoi movimenti erano alquanto scoordinati, alla fine ci prese un poco la mano. Il bambino era particolarmente agile, molto ma molto agile, sembrava danzare tra le ombre sempre più scure e inquietanti, quasi non riusciva a stargli dietro, anzi non ci riusciva proprio.

“Mi chiamo Jordan e tu?” chiese il bambino al forestiero, “io ecco…ahrm…o…credo…” rispose incerto. Il bambino lo guardò rizzando un sopracciglio “ Non ti ricordi il tuo nome? Signore sei veramente strano, la mamma dice sempre che chi non dice il proprio nome è una persona cattiva. Però sembra che tu non te lo ricordi, perciò credo che il discorso sia diverso…”, il bambino cominciò a guardarlo negli occhi con un’intensità tale che sembrava volergli perforare il cranio, e dopo pochi attimi esordì dicendo “Allora ti chiamerai Urien… si..ti chiamerai Urien, in questo modo potremo giocare senza che la mamma si arrabbi” disse il bambino sorridendo compiaciuto per aver trovato un modo per poter continuare a giocare senza problemi.

Il ragazzo ripensò al nome “questo nome mi ricorda qualcosa… qualcuno, mi è familiare…” e fece cenno di si al bambino ancora soddisfatto per la trovata.

Continuarono a giocare fino a che il sole e la luce del tramonto non furono del tutto stati assorbiti dall’oscurità e poco prima che il l’ultimo barlume di luce scomparisse il bambino si avvicinò ad Urien “ senti io devo tornare a casa dalla mamma, si è fatto tardi. Domani rigiochiamo insieme? Ritroviamoci qui alla stessa ora, quando le ombre diventano più intense, ciao Urien” il bambino lo salutò e prese a correre verso un vicolo e Urien, accorgendosi di avere ancora la palla di Jordan in mano, prese a rincorrerlo per restituirgliela, ma appena girato l’angolo il bambino era scomparso, si era letteralmente volatilizzato nel nulla. Quell’incontro fu veramente strano, quello strano sguardo, quelle strane parole, il nome regalatogli dal bambino che gli risuonava così familiare. C’era qualcosa che non quadrava e sicuramente l’unico modo per capirci qualcosa era attendere l’indomani e parlare con Jordan, in fondo era interesse del bambino rifarsi vivo se rivoleva indietro la palla.

Urien attese la sera del giorno dopo, ma del bambino non vi era traccia, forse era stato sgridato dalla madre perché il giorno prima aveva fatto tardi. Comunque Urien non si disperò più di tanto e cominciò a guardare la palla come se fosse stata una sfera magica, ma in cerca di quale risposta?

Quel bambino aveva ridestato in lui qualcosa, ma ancora non riusciva a metterlo a fuoco, da quando si risvegliò nei pressi del suo ipotetico villaggio e tutto appariva diverso da come si ricordava, si era convinto che stava impazzendo o meglio che era completamente impazzito. Confondeva costantemente il presente con il passato, o un ipotetico passato. Vedeva cose che altri non percepivano, era la sua mente a fargli di questi scherzi o un demone che si divertiva alle sue spalle? Troppi ricordi contrastanti fra di loro, ma chi era stato prima del suo risveglio, un nobile? Un contadino? Un commerciante? E la sua famiglia dov’era finita? I genitori erano ancora vivi? La ragazza che ogni tanto le appariva, era stata la sua fidanzata, l’amante, la moglie? Tutte queste cose apparivano spesso per strada, come se fossero state palpabili, altre volte solo in sogno.

La sua vita non aveva più in equilibrio, non sapeva se chi incontrava era reale oppure no e soprattutto il suo nome, perché non ricordava più il suo nome?

Niente aveva più senso, niente. Ma l’incontro con Jordan gli aveva riacceso un qualcosa, sembrava che lui sapesse anche se ovviamente non era possibile. Quegli occhi così neri e profondi come la pece, a ripensarci non potevano appartenere ad un comune bambino. Si lui doveva sapere, soprattutto sapeva che si chiamava Urien, non poteva averlo scelto a casa, ne era certo. Ormai si era convinto, non avrebbe lasciato quella strada fino a che Jordan non si sarebbe rifatto vivo.

Le ore presero il posto dei minuti, e i giorni delle ore ma di Jordan non vi era più traccia. Urien se ne stava tutto il giorno in un angolo della strada facendo rimbalzare senza sosta quella piccola sfera dinanzi a un muro, come fosse rapito dal quel movimento ritmico e costante, nella sua mente continuava a ripetere il suo nome, non riusciva a capire ne a ricordare nulla del suo passato.

La sera del quinto giorno il cielo si era completamente, delle nubi nere e inquietanti si stagliava al di sopra della città come per farle capire che da lì a poco sarebbe arrivato un temporale violento, inarrestabile, un giudizio divino. I lampi cominciarono a solcare il cielo con violenza, il fragore dei tuoni era quasi insostenibile, le vibrazioni facevano tremare addirittura i muri della case. Per strada non vi era rimasto nessuno nemmeno un cane randagio, la gente si era barricata nelle case in attesa che quel giudizio divino si abbattesse sulla loro città. Le tenebre anticipate rendevano quella strada spettrale, qualcosa di malvagio sembrava possederla, un qualcosa che non poteva essere compreso ma solamente percepito, i fulmini cominciarono a saettare con maggiore vigore e le ombre delle case e dei lampioni che da esse prendevano vita sembravano spettri impazziti. Poco dopo a quella danza demoniaca prese a parteciparvi la pioggia, prima timidamente come intimorita da quelle visioni, poi come se avesse preso coraggio cominciò ad aumentare la sua intensità, la sua rabbia, la sua incontrollabile violenza. La pioggia, i lampi, i tuoni rendevano quel contesto assolutamente anomale, sembrava di essere stati calati in un mondo parallelo, dove il sole, il profumo dell’estate, la leggera brezza della sera non fossero mai esistiti, dove la tenebra era l’unica luce riconosciuta e compresa.

In quell’inferno Urien continuò a far rimbalzare la palla lungo il muro di fronte, come se l’avvento della fine del mondo non lo riguardasse. Un piccola canzoncina cominciò a farsi largo in mezzo a quelle intemperie, una voce inizialmente indistinta cantava una filastrocca, all’inizio le parole era indistinguibili sotto quella tempesta, ma poi poco a poco le parole presero senso “Il cielo è arrabbiato, le nubi ci han circondato, i fulmini ci voglion folgorare, i tuoni ci vogliono assordare e l’acqua affogare”. Questa filastrocca veniva ripetuta continuamente, con tono divertito e gioioso e il bambino che la cantava si fermò vicino a Urien. Urien alzò lo sguardo e vide Jordan sorridente che lo guardava divertito “te lo avevo detto che si saremmo rivisti Urien, che splendida serata per giocare non trovi?” Urien era rimasto alquanto incredulo “ti stavo aspettando, ti ho aspettato per cinque giorni senza muovermi da qui, alla fine credevo che nemmeno tu fossi reale, che nulla di quello che vedo e che sento sia reale, invece sei qui, tu esisti”. Jordan per un’ attimo aggrooò le sopracciglia, come per soppesare quella frase al quanto strampalata, poi riprese a sorridere “te lo avevo promesso, e per dimostrarti che non stavo mentendo ti ho lasciato in pegno la mia palla”. Urien riprese a guardare la palla dimenticata in angolo e Jordan la prese in mano, la soppesò e poi si mise a sedere dal lato del muro dove poco prima Urien la faceva rimbalzare, e cominciò a lanciarla ad Urien come se il temporale non lo impressionasse minimamente.

“Sai Urien in questi giorni in cui non ci siamo visti, io ho continuato ad osservarti, non ti sei mai mosso da qui, hai sempre continuato a far rimbalzare questa palla su questo muro e l’hai trattata come una reliquia”, Urien cominciò ad osservarlo con aria interrogativa, Jordan continuò indifferente “la cosa mi ha lasciato alquanto perplesso, non ho mai visto qualcuno comportarsi in questo modo, tenere così tanto ad un oggetto insignificante come questo e soprattutto aspettare il mio ritorno senza batter ciglio, pure sotto questo temporale infernale” , rimase zitto per un paio di secondi e poi si alzò in piedi “Urien, tu sei una persona con un forte potenziale, erano anni se non lustri che non mi capitava un elemento come te. Il tuo passato è stato imprigionato, non riesci più a ricordare con chiarezza chi eri o cos’eri…”, Urien era incredulo, non riusciva a capacitarsi del fatto che un bambino di appena 10 anni riuscisse a comprendere la sua situazione ma non osò interromperlo “…l’esperienze ti si accumulano ma non riesci a darle un ordine, nemmeno comprendere se sono state reali o frutto della tua mente ormai spossata, l’unico modo che hai di venirne a capo e riuscire a sbrigliare l’oscurità che offusca la tua mente, e l’unico modo è che tu stesso diventi oscurità, che diventi un’OMBRA!”. A quelle parola una scossa percorse tutto il corpo di Urien, qualcosa in lui si era svegliato, un qualcosa di oscuro ma ancora indecifrabile. Il fragore del temporale avera raggiunto ormai il suo climax, sembrava che tra un momento all’altro l’intera città sarebbe stata spazzata via. Jordan lo guardò sempre con aria rilassata e divertita “Lo senti vero? Si qualcosa in te sta prendendo corpo ma è ancora presto perché tu te ne possa rendere pienamente conto. Hai delle capacità innate e io Al Kazhim ti aiuterò a svilupparle e a convogliarle nella giusta direzione, questo ti porterà a comprendere il tuo vero io, vieni con me Urien Rakarth ” mentre diceva quelle parole pose il suo braccio di fronte ad Urien e questi si aggrappò al suo avambraccio per alzarsi in piedi, e in quell’attimo una potente scarica di energia lo colpì così intensamente che cascò a terra e svenne.

Quando si risvegliò il temporale era ormai passato, il cielo era stellato come non mai e la testa gli faceva un male cane. Dov’era Jordan? Era sparito un’altra volta e anche la sua palla, ma questa volta era sicuro che quello che era successo era tutto vero, se non altro il mal di testa glielo dimostrava abbondantemente. Si sentiva diverso, la sensazione d’ intorpidimento era scomparsa, la sua mente era vigile, sentiva che nuove forze stavano lentamente crescendo in lui e tutto questo lo doveva a Jordan, un bambino di 10 anni. Quei suoi discorsi a ripensarci ben erano strani, non riusciva a ricordarsi molto di quello che era successo, ombra, comprendere il vero io, no la testa gli faceva troppo male, con calma si sarebbe ricordato tutto. La cosa certa era che si chiamava Urien… Urien Rakarth…Rakarth, Jordan gli aveva rivelato anche il suo cognome, si era sulla strada giusta per riuscire a ricordare.

Soddisfatto del cambiamento avvenuto in lui, Urien Rakarth cominciò a girovagare per la città dormiente, che sensazione piacevole era quell’aria frizzante, il temporale aveva rinfrescato la città e ora era un piacere inatteso passeggiarvi anche a notte fonda. Una voce lo raggiunse da dentro un vicolo “Ei tu? Mi senti? Sei Urien Rakarth vero?”, Urien si voltò di scatto ma dalla sua posizione non riusciva a distinguere distintamente la figura “Si sono io, chi sei? Come fai a conoscere il mio nome?”, il tipo uscì dalla penombra rivelando un volto scavato, dei capelli lunghi corvini legati dietro le spalle con un laccio, altezza poco al di sopra di un metro e ottanta, un corpetto di cuoio e una spada sul fianco sinistro. Urien a quella vista capì che non doveva essere un semplice e innocui cittadino e cominciò ad indietreggiare con circospezione. “Non ti preoccupare non ho cattive intenzioni, mi hanno detto di venire a prelevarti a quest’ora in questo punto esatto. Ho dato del matto al mio capo quando mi ha detto l’ora e il luogo precisi, ma a quanto pare la figuro del ******** l’ho fatta io.” Cominciò a ridere a ridere di gusto. “Bene mi presento, sono Athor Stragal, ma puoi chiamarmi lo Scarno, tutti abbiamo un nomignolo nella nostra organizzazione” e porse l’avambraccio a Urien e questi titubante gli porse il proprio e se li strinsero. In quel momento Urien fece una smorfia di dolore, Athor lo guardò perplesso “curati quel braccio altrimenti ti dovremo chiamare il Monco” e cominciò a ridere della grossa. Ora ricordava, quando Jordan gli strinse l’avambraccio sinistro, il suo corpo è stato colpito da una scarica di energia, come se un fulmine lo avesse colpito. Urien era dolorante ma soddisfatto, era tutto vero.

“Allora Urien, mi hanno detto che vorresti far parte dell’Organizzazione, non mi sembri il tipo ma qualcuno ai piani alti ha ordinato di accoglierti nella famiglia e per me non fa alcuna differenza se sei un tipo in gamba o meno, troveremo qualcosa di adatto per te”, Urien a quel punto prese parola, non ci capiva più niente “Organizzazione? Io non voglio far parte di nessuna organizzazione, o famiglia o gilda che sia, io non conosco nessuno in questa città, sono arrivato da soli 5 giorni e da come puoi vedere non sono uno messo proprio bene, non ho nemmeno lescarpe”, Athor lo squadrò per bene “Si concordo pienamente con il tuo discorso, ma evidentemente qualcuno ti conosce e pure bene e poi considera che l’Organizzazione è presente in molte città e paesi, perciò non conoscerai nessuno qui, ma stai pur certo che l’Organizzazione conosce te!”. Dopo quelle parole Athor fece cenno ad Urien di seguirlo e s’incamminarono lungo la strada deserta.

Camminarono per circa una quarto d’ora passando per varie stradine, tutte al di fuori delle strade principali, alla fine arrivarono ad una piccola casa, molto graziosa con un piccolo cancello e un prato fiorito e ben curato, si avviarono lungo il piccolo sentiero che conduceva alla porta della casina e Athor bussò 5 volta con ritmo diverso sulla porte. Subito dopo questa si aprì e una luce soffusa fece capolino, entrarono e una donna sulla cinquantina stava preparando dello stufato. Athor fece cenno a Urien di prendere posto a tavola e subito dopo la signora lo servì con riguardo “Tu devi essere Urien vero? Non sembri affatto il tipo che potrebbe far parte dell’Organizzazione…” Athor intervenne “è quello che ho detto subito io e…”, la signora lo fulminò con lo sguardo “…pezzo d’idiota quante volta ti devo dire nono interrompermi, razza di cretino!” Prese per i capelli Athor e lo tirò giù dalla sedia “Bene ti piace interrompere i tuoi superiori maledetto” e gli tirò un bel calcio nello stomaco, subito dopo Athor si rimise dolorante a sedere e riprese a mangiare, evidentemente non era nuovo a queste situazioni, e la signore riprese cordialmente a parlare con Urien “Bene dicevamo? A si giusto, il mio capo mi ha ordinato di prelevare un tipo che sarebbe arrivato dalla strada principale, un tipo strano. Be mi pare che la descrizione calzi ahahah! Bene mi chiamo Samantha Dorfin ma per tutti sono Lady Testa Matta e da quello che hai potuto vedere poco fa, odio essere interrotta” e lanciò un’occhiataccia ad Athor “Non quale sia il motivo del tuo arruolamento ma c’è qualcuno molto in alto nell’organizzazione che ha deciso di farti entrare nel nostro esclusivo mondo”. Lady Testa Matta non era molto alta, a mal pena raggiungeva il metro e sessanta e piuttosto rotondetta, ma il suo temperamento focoso la faceva apparire come un terrificante gigante, aveva i capelli rosso fuoco legati sopra la testa e un visto bello rotondo e sorridente, ma ovviamente era solo una maschera che celava tutta la sua aggressività.

“Urien…Urien, di dove sei? Quanti anni hai? Hai esperienze di strada?” le domande poste da Lady Dorfin suonavano come una prassi fatta e rifatta decine di volte, Urien la guardò leggermente imbarazzato e impaurito “Be Lady…io…ehm, il fatto è che non ricordo nulla del mio passato, non ho ricordi della mi famiglia, non ricordavo nemmeno il mio nome fino a cinque giorni fa”, Lady Dorfin lo guardò attentamente “Per caso conoscevi qualcuno che era a conoscenza della nostra gilda?” “Mi dispiace ma non so nemmeno che tipo di gilda siate, non so chi vi abbia detto che volevo far parte del vostro gruppo”, Lady lo fissò ancora più intensamente “Non ricordi chi sei, da dove vieni, a malapena ricordi il tuo nome…” Urien prese con timore la parola “Ad essere sincero l’unica persona che ho conosciuto era un bambino di nome Jordan, è lui che mi ha detto come mi chiamavo” Athor cominciò a ridere “Un bambino? Dovremmo far entrare lui al tuo posto nell’Organizzazione, sicuramente il suo nome se lo ricorda”, Lady Dorfin si alzò pensierosa dal tavolino “C’è qualcosa che non mi torna, non mi era mai capitato un caso come il tuo, il problema è che non possiamo nemmeno sapere da chi è partita la richiesta del tuo ingaggio, la nostra organizzazione è organizzata in cellule separate, noi conosciamo solo i nostri diretti superiori e basta, questo per garantire l’anonimato dell’Organizzazione”. Mentre la signora continuava a parlare, Urien cominciò a guardarsi intorno e un quadro appeso sopra al caminettò catturò la sua attenzione “Mi scusi signora ma chi sono quelle persone ritratte in quel quadro?”, Lady Testa Matta si voltò verso il quadro e con indifferenza rispose “Quelli che tu vedi sono i fondatori dell’Organizzazione, è stata fondata dal quel gruppo di persone circa 500 anni fa e oggi è presente in tutte le terre conosciute”. Urien si avvicinò al quadro e vide che tra quelle persone c’era un bambino che teneva una piccola palla in mano “questo bambino?” chiese pensieroso Urien, “lui era il figlio del capo dei fondatori, scomparso poco dopo la fine di quel quadro”. Mentre Lady continuava a descrivere i fondatori, dentro Urien si rifece viva quella strana sensazione provata mentre conversava con Jordan, ad un certo punto l’avambraccio cominciò a fargli molto male, più fissava quel quadro più il dolore si faceva insopportabile. La signora corse subito da lui a sorreggerlo e Urien cominciò ad indicare il bambino del quadro “Lui, è lui…Jordan, lui mi ha… detto che l’Ombra era l’unica maniera per conoscere me stesso… che dentro di me era sopito qualcosa di oscuro e indecifrabile” il dolore era assolutamente insopportabile, la signora con una forza incredibile lo portò al piano di sopra e lo mise delicatamente sul letto “Athor corri a prendere dell’acqua, presto”, Athor corse subito a prendere dell’acqua e nel frattempo la signora stracciò la manica dell’avambraccio sinistro e ciò che vide la fece sobbalzare. Una sorta di tatuaggio nero come le profondità dell’oscurità, si allungava in cinque estremità sottili, come i tentacoli di una piovra e la cosa sorprendente era che si muovevano come impazziti, il tatuaggio aveva preso vita.

Lady Testa Matta comprese quello che stava succedendo e quando Athor fece per salire le scale con la brocca d’acque ella gli intimò” pezzo d’idiota non ti azzardare a salire queste scale, corri fuori e sincerati che nessuno venga a disturbarci”. Athor non se lo fece ripeter due volte e corse subito fuori la casa, Urien non riusciva a trovare pace in quell’agonia straziante e Lady Dorfin gli cominciò a parlare “Urien sei sicuro che fosse quel bambino nel quadro ad aver parlato con te? Cosa ti ha detto? Parla forza, altrimenti il dolore non cesserà!” Urien sudato fradicio comincio a gridare “Jordan mi ha detto che avevo qualcosa, qualcosa che non vedeva da lustri in una persona…che…anf…che avevo un grosso potenziale e che lui mi avrebbe aiutato a svilupparlo e a convogliarlo nella giusta direzione…lui è l’unico che può aiutare ad a ricordare…lui AL KAZHIM!!” subito dopo Urien perse i sensi e Lady Dorfin cadde sul pavimento spaventata e inorridita da quello che aveva udito, da quello che aveva visto, ma soprattutto dal nome che Urien aveva nominato, il nome proibito che solo pochi uomini e donne dell’Organizzazione era dato sapere e custodire. Non c’era alcun dubbio il MARCHIO dell’OMBRA ne era la conferma, Urien era uno dei prescelti, ed era stato scelto direttamente da lui, da colui che tutti pensavano fosse solo una leggenda, che veniva nominato solo durante il rituale di trasformazione, il primo dell’Organizzazione che venne trasformato in Viandante più di 500 anni fa, AL KAZHIM il Viandante delle Ombre!

Dopo quella sera i capelli di Urien diventarono bianco argento e il Marchio apparentemente scomparso, riappariva nell’ora del tramonto. Non venne più fatta parola di Jordan o Al Kazhim, del Marchio di Urien e di tutto quello che riguardò quella sera. Urien prese ad apprendere le arti furtive necessarie per diventare un assassino invisibile, silenzioso e letale, per diventare quell’essere leggendario conosciuto come Ombra Fantasma.

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Il racconto è piuttosto lungo; conseguentemente la mia risposta sarà di adeguata lunghezza.

Suddividerò la critica in parti: nella prima parte analizzerò come hai costruito i diversi passaggi e ti segnalerò eventuali errori da sistemare; nella seconda parte guarderò all'economia del racconto; nella terza lascerò un commento globale e qualche eventuale consiglio.

PRIMA PARTE:

Introduzione-

La città brulicante di persone, animali, odori e sapori stava a poco a poco attenuando il suo frastuono lasciando spazio alla tranquillità della sera. Il sole stava volgendo al tramonto con i suoi tenui raggi che guizzavano tra le montagne della Foresta Addormentata nel lontano Ovest.

L’estate era così piacevole alla sera, la calura soffocante del pomeriggio lasciva spazio alla frescura della notte, la gente se ne tornava a casa e le strade oramai deserte, sembravano trovare il riposo del silenzio agognato per tutto il giorno.

In questa particolare ora, le ombre si allungavano a dismisura prendendo forme strane e deformate, come se prendessero vita. Poche persone ormai si trovavano per strada, questa non era più l’ora degli esseri umani…questa era l’ora delle OMBRE!]

Certamente scrivi in italiano. La sintassi è in generale corretta, ma qualcosa della punteggiatura sarebbe a mio parere da modificare. Faccio qualche esempio:

Il sole stava volgendo al tramonto con i suoi tenui raggi che guizzavano tra le montagne della Foresta Addormentata nel lontano Ovest

dopo tenui raggi metterei una virgola; personalmente avrei usato "guizzanti" al posto di "che guizzavano", ma è una questione di gusto.

L’estate era così piacevole alla sera, la calura soffocante del pomeriggio lasciva spazio alla frescura della notte, la gente se ne tornava a casa e le strade oramai deserte, sembravano trovare il riposo del silenzio agognato per tutto il giorno.

Ottima frase! Corretti i ritmi e la scelta di parole, ma dopo "sera" avrei messo un due punti.

prendendo forme strane e deformate, come se prendessero vita

Prendendo-prendessero: ripetizione.

La conclusione dell'introduzione è secondo me da rielaborare: è un'ottima idea quella di passare da un paesaggio bucolico ad un ambiente di terrore, ma non lo hai reso bene. Sei stato eccessivamente sbrigativo nel passaggio.

PARTE UNO:

Un giovane uomo con passo incerto si stava muovendo per la strada, alla vista era completamente ricoperto di sporcizia, vestiva con abiti logori e non portava né scarpe e né stivali. I suoi capelli castano-biondo erano talmente sporchi da poter ospitare l’intera popolazione di pulci della città. Di età indecifrabile, camminava strascicando i piedi come se da un momento all’altro dovesse crollare a terra, ma questo non capitava, un passo era seguito dal successivo con ritmo regolare anche se scoordinato. I pochi individui ancora rimasti lo scansavano, senza lanciarli nessuno sguardo, come se non esistesse.

Il suo sguardo era vacuo, inespressivo, ciò che lo circondava sembrava non esistere perso come era nei suoi pensieri.

In molti punti di questa parte devi rivedere la punteggiatura. Ti faccio solo qualche esempio:

Un giovane uomo con passo incerto si stava muovendo per la strada, alla vista era completamente ricoperto di sporcizia, vestiva con abiti logori e non portava né scarpe e né stivali
dopo strada metterei un due punti;
Di età indecifrabile, camminava strascicando i piedi come se da un momento all’altro dovesse crollare a terra, ma questo non capitava, un passo era seguito dal successivo con ritmo regolare anche se scoordinato
dopo piedi virgola, dopo terra punto e virgola.

Hai scritto "lanciarli" ma si scrive "lanciargli".

PARTE DUE (Incontro con il bambino; gioco con il Bambino e sua scomparsa)- Dapprima inserisco qualche errore di ortografia:

"finitogli" non "finitoli";

Dopo aver fissato il pallone per una manciata di secondi, si abbassò raccogliendola e continuando a fissarla intensamente
il pallone è maschile non femminile. In generale questa parte ha secondo me una pecca: molte frasi sono piuttosto pesanti, poco intervallate da virgole ed eccessivamente lunghe:
Quest’ ultimo discorso sorprese molto il ragazzo, ormai completamente ridestato dal limbo in cui i suoi pensieri erano sprofondati, e alla fine prese a giocare a “rimbalzo palla” con il piccolo e anche se i suoi movimenti erano alquanto scoordinati, alla fine ci prese un poco la mano
ad esempio, questa frase è, a mio parere, un poco pesante; molte altre nella sezione in analisi risultano simili a questa: prova a vedere se puoi snellirle!

PARTE TRE (Da quando Urien decide di riportare la palla indietro a Jordan, fino alla parola violenza)- Questa sezione è davvero viziata dal problema di cui sopra: le frasi sono eccessivamente lunghe! Molto spesso risultano pesanti. Probabilmente per distrazione hai fatto anche qualche errore:

Quel bambino aveva ridestato in lui qualcosa, ma ancora non riusciva a metterlo a fuoco, da quando si risvegliò nei pressi del suo ipotetico villaggio e tutto appariva diverso da come si ricordava, si era convinto che stava impazzendo o meglio che era completamente impazzito
in primo luogo dopo "fuoco" ci vorrebbe un punto o un punto e virgola; in secondo luogo non va bene "si risvegliò", avresti dovuto mettere "si era risvegliato"!;
la ragazza che ogni tanto le appariva, era stata la sua fidanzata
non "le" ma "gli" e dopo appariva devi togliere la virgola;

PARTE QUATTRO (da "violenza" fino alla fine)- Davvero questa sezione è molto pesante! Ti faccio un esempio:

“Sai Urien in questi giorni in cui non ci siamo visti, io ho continuato ad osservarti, non ti sei mai mosso da qui, hai sempre continuato a far rimbalzare questa palla su questo muro e l’hai trattata come una reliquia”, Urien cominciò ad osservarlo con aria interrogativa, Jordan continuò indifferente “la cosa mi ha lasciato alquanto perplesso, non ho mai visto qualcuno comportarsi in questo modo, tenere così tanto ad un oggetto insignificante come questo e soprattutto aspettare il mio ritorno senza batter ciglio, pure sotto questo temporale infernale” , rimase zitto per un paio di secondi e poi si alzò in piedi “Urien, tu sei una persona con un forte potenziale, erano anni se non lustri che non mi capitava un elemento come te. Il tuo passato è stato imprigionato, non riesci più a ricordare con chiarezza chi eri o cos’eri…”, Urien era incredulo, non riusciva a capacitarsi del fatto che un bambino di appena 10 anni riuscisse a comprendere la sua situazione ma non osò interromperlo “…l’esperienze ti si accumulano ma non riesci a darle un ordine, nemmeno comprendere se sono state reali o frutto della tua mente ormai spossata, l’unico modo che hai di venirne a capo e riuscire a sbrigliare l’oscurità che offusca la tua mente, e l’unico modo è che tu stesso diventi oscurità, che diventi un’OMBRA!
In tutta questa frase non hai mai messo un punto!!!

embrava che tra un momento all’altro l’intera
"Da un momento all'altro" non "tra un momento all'altro".

Da qui alla conclusione dovresti riguardare le frasi, correggere gli errori di imprecisione e distrazione e rendere il testo più scorrevole.

Il racconto più o meno funziona: l'ambiente è descritto bene, i passaggi sono chiari, il senso di confusione non è solo del protagonista ma anche del lettore che legge; la pesantezza delle frasi e gli errori di distrazione viziano un lavoro che con un poco più di impegno sarebbe stato ottimo: prova a rileggere il tutto e a rendere il testo più scorrevole!

Concludendo: come punto di partenza per un buon racconto il testo è ottimo! Impegnati a migliorarlo! ;-)

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Cavolo ma sei stato dettagliatissimo, ti ringrazio. Soprattutto hai avuto la pazienza di leggere tutto quanto il testo.:)

Le tue critiche le accetto più che volentieri, in effetti non lo avevo riletto con molta attenzione (gli errori ortografici lo dimostrano ampiamente;)), e devo dire che hai colto in pieno il problema della punteggiatura. Infatti spesso non mi rendo conto di quando è l'ora di concludere la frase, comincio a scrivere senza accorgermi della pesantezza di un discorso troppo lungo. Grazie veramente mi hai dato una grossa mano nel comprendere i limiti della mia storia, ora vedrò di rimediare.

Visto che ci sono per caso esistono libri o giornali che spiegano come migliorare la scrittura? Grazie ancora per tutto.:)

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Bè...prego! Se, in cambio, hai voglia di passare a leggere qualcuno dei miei racconti accetto molto volentieri consigli e critiche (considera però che, salvo l'ultimo, sono tutti di due anni fa).

Riguardo al migliorare la scrittura un solo consiglio: scrivi tanto e leggi tanto. Non è obbligatorio leggere un libro che insegni a scrivere, ma è assolutamente fondamentale leggere libri e scrivere testi!

Prova a scrivere altri racconti e a farli commentare da altri! Dalle critiche nasce sia l'occasione di un miglioramento sia la possibilità di diventare bravi scrittori!

Buon Lavoro!

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