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I giochi di ruolo e la storia: lo spiegone di greymatter


greymatter

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(Questo post è tratto dal mio blog su wordpress 1 Hit Point Left. Ho aperto il blog su wordpress in modo da poter essere libero di parlare di argomenti diversi dai giochi di ruolo, ma riposterò quello che scrivo sui giochi di ruolo anche qui.)

Link al post originale

Ultimamente mi sono ritrovato a scrivere, in contesti diversi, di alcuni argomenti in apparenza disparati, ma che in realtà sono piuttosto legati l’uno all’altro. Questo potrebbe essere successo per caso, ma anche perché involontariamente tendevo a portare questi argomenti nelle discussioni. Sia come sia, ho deciso di scrivere un unico post coerente i miei pensieri su questa roba – riutilizzando in parte cose che ho già scritto (per fare prima).

Warning: è LUNGO.

Sommario

 

La storia che non c’era

Verso la metà degli anni ’70, due tizi chiamati Gary Gygax e Dave Arnesonmisero assieme le loro idee  e crearono Dungeons & Dragons, il primo gioco di ruolo. Gygax contribuì attraverso le regole di Chainmail, un wargame medioevale con elementi fantasy (piuttosto inusuale per l’epoca) creato traendo ispirazione da idee che circolavano all’epoca tra gli appassionati di wargaming. Arneson fu quello che innestò il concetto di roleplaying vero e proprio sulle regole di Gygax, trasformando Chainmail nel primo gioco di ruolo in assoluto. Il successo di questo strano gioco innovativo fu enorme, e D&D si diffuse rapidamente negli USA attraverso il passaparola.

In questi primi anni, il gioco di ruolo era in fase embrionale, e abbastanza diverso da come siamo abituati a pensarlo oggi. (Notare che io non ero nemmeno nato allora – queste note storiche sono una mia ricostruzione basata su fonti, non un resoconto della mia esperienza) Tanto per cominciare, era probabilmente giocato in modo simile a come oggi giocheremmo un boardgame. Il focus del gioco era il dungeon crawl o l’esplorazione di un’area: i personaggi tipicamente esploravano un dungeon con lo scopo di recuperare il tesoro, ammazzando o meno dei mostri nel processo. Poi c’erano parecchi più giocatori. Un documento affascinante è contenuto in questo PDF di 80 pagine, che dettaglia una campagna di D&D nei primi anni ’70, Rythlondar. Si può vedere che ciascuna spedizione nel dungeon aveva 7-12 giocatori, con tassi di mortalità altissimi per gli standard odierni. Inoltre il gioco aveva aspetti competitivi: c’erano ad esempio tornei di D&D, con vere e proprie condizioni di vittoria. C’era anche un rapporto diverso tra GM e giocatori, fatto più di antagonismo che di collaborazione. Questo rapporto era parzialmente basato sull’idea che il GM fosse una sorta di signore assoluto del gioco, e fosse quasi in competizione con i giocatori:

“As the DM, you have to prove in every game that you are still the best. This book is dedicated to helping to assure that you are.” –  Dungeon Master’s Guide di AD&D 1e (1979)

All’epoca non c’era nemmeno l’idea che i personaggi fossero “eroi”/”protagonisti” di una storia, o che i combattimenti dovessero essere “bilanciati”, o altra roba che oggi è data abbastanza per scontata: i combattimenti erano brutali, mentre i personaggi erano spazzatura, non contavano niente, e morivano come mosche. (disclaimer: a me piace abbastanza questo stile di gioco) Venti anni più tardi sarebbe partito un movimento di player empowerment che avrebbe riequilibrato il rapporto GM-giocatori, promuovendo l’idea che i personaggi dei giocatori sono eroi/special snowflake/protagonisti di una storia. In certi casi questo riequilibrio si sarebbe spinto fino a strappare il controllo narrativo dalle mani del DM, per conferirlo ai giocatori.

 Le avventure del D&D degli anni ’70 seguivano questo modello di gioco. Partivano tutte da premesse simili (i personaggi sono avventurieri alla ricerca di fama e ricchezze/c’è un oggetto o una persona da recuperare/etc), e consistevano in luoghi da esplorare – dungeon o zone selvagge. Il concetto di una storia o una trama era sostanzialmente sconosciuto, e lo sarebbe stato fino alla fine degli anni ’70. Per esempio, la prima avventura vera e propria per D&D, Palace of the Vampire Queen (1976) era un megadungeon. Idem per molte avventure storiche di quegli anni: In Search of the Unknown (1978), Expedition to the Barrier Peaks(pubblicata nel 1980 ma concepita nel 1976), o  The Lost Caverns of Tsojconth(concepita nel 1976 e poi pubblicata, in versione espansa, nel 1982).

L’idea che in una avventura ci potesse essere una trama si è sviluppata gradualmente. Uno dei primi esempi è stato il ciclo di avventure iniziate con la serie G1: Steading of the Hill Giant ChiefG2: Glacial Rift of the Frost Giant Jarl, e G3: Hall of the Fire Giant King (1978), ripubblicate poi come G1-2-3:  Against the Giants.In questi moduli ancora non c’era una storia: i singoli moduli erano sempre i soliti dungeon da esplorare, lo standard per i moduli dell’epoca; però c’era una sorta di trama di fondo che collegava i tre moduli tra loro e faceva da (esile) filo conduttore. Queste tre avventure furono poi ripubblicate, insieme ad altre, in un unico “supermodulo” (oggi diremmo: adventure path) col nome di GDQ1-7: Queen of the Spiders. Questo supermodulo univa la serie G1-2-3, la serie D (D1 Descent into the Depths of the EarthD2: Shrine of the Kuo-ToaD3 Vault of the Drow) e Q1: Queen of the Demonweb Pits. Questo ciclo di avventure comunque non era niente di rivoluzionario: c’era sì una trama rudimentale che collegava le varie avventure tra loro in modo che la loro successione avesse un senso, ma le avventure in sé erano sempre i soliti dungeon crawl.

Notare che questo focus sul dungeon crawl non rendeva automaticamente le avventure brutte o noiose – GDQ1-7 è stata votata nel 2004 come la più bella avventura di D&D mai pubblicata.

A breve, questo non sarebbe più stato vero.

Arriva la storia nei GdR

Entrano in scena Tracy e Laura Hickman.

Tracy e Laura Hickman sono una coppia (Tracy è un uomo) famosa per i romanzi di Dragonlance e per alcune avventure, tra le quali la celeberrima I6: Ravenloft.

I coniugi Hickman hanno ricoperto un ruolo fondamentale nella storia dei giochi di ruolo: sono gli autori dei moduli originali di Dragonlance, il primo dei quali fu DL1: Dragons of DespairEra il 1984, e da allora niente fu più la stessa cosa.

L’elemento rivoluzionario che i moduli di Dragonlance introdussero, cambiando per sempre il modo in cui i giochi di ruolo erano visti, era in realtà molto semplice, e probabilmente sapete già di che si tratta.

I moduli di Dragonlance avevano una storia.

Intendo una trama vera e propria, come quella di un libro o un film. Questo elemento oggi non sembra niente di speciale, ma per l’epoca fu una rivoluzione. Immaginate  giocatori di D&D per i quali “avventura” era stato fino a quel momento sinonimo di “dungeon crawl” – e immaginare di dare a questi giocatori un modulo che non riproponeva il solito dungeon, ma una storia emozionante, come quella di un libro. La gente rimase folgorata.

I moduli di Dragonlance furono uno dei grossi punti di rottura nella storia di D&D e più in generale dei gdr: introdussero l’idea che ci potesse essere una trama in un gioco di ruolo.

La seconda edizione di AD&D (1989) abbracciò completamente questa nuova prospettiva: le regole erano rimaste molto simili a quelle di AD&D 1e, ma nei manuali c’era una nuova enfasi sulla storia. Ci fu uno stacco molto forte tra le avventure pubblicate nell’era pre-AD&D 2e e quelle del periodo post-AD&D 2e, ricordate per le loro ricche trame, così come per l’imbarazzante railroading che promuovevano (ci torneremo dopo). Badate che questa non è archeologia – questo è un trend che continua tutt’ora.

Devo dire che effettivamente, nella mia esperienza, i giocatori che tendono più facilmente a liquidare il dungeon crawl come un tipo di gioco “meno nobile” o “inferiore” sono proprio i giocatori figli degli anni ’80 e di AD&D 2e – che, allo stesso tempo, sono quelli che più frequentemente tendono a ritenere il railroading un metodo accettabile di fare il GM. Questo ovviamente è solo un aneddoto, e non pretendo di dimostrare niente. Tuttavia, non posso fare a meno di notare che in Italia D&D arriva nel 1985, quando Editrice Giochi pubblicò la prima traduzione italiana del Basic, a cura di Giovanni Ingellis.

Sarò onesto: a dire il vero non fu tutta colpa di Dragonlance. C’era comunque aria di cambiamento in quegli anni. Per esempio, qualche anno prima di Dragonlance, nel 1981, fu pubblicato Call of Cthulhu, che contribuì a cambiare il modo in cui i giochi di ruolo erano visti. Non solo adattò il gdr ad un nuovo genere, quello dell’horror, ma fu anche un gioco che cambiava il classico concetto di avventura dall’esplorazione di un dungeon alla risoluzione di un mistero. Tra il 1980 ed il 1982 fu rilasciata la trilogia di Zork, uno dei primi giochi per computer con qualcosa che assomigliasse ad una storia (sebbene abbastanza rudimentale). Nel 1985 venne pubblicato Pendragon, un altro gioco di ruolo piuttosto story-focused per l’epoca. Insomma, le cose stavano cambiando, e probabilmente sarebbero cambiate lo stesso anche senza quei fatidici moduli dei coniugi Hickman. Vorrei anche sottolineare che questo cambiamento non è stato improvviso, come può forse sembrare leggendo questo post; l’introduzione della storia è stata un processo graduale. Il modulo I6: Ravenloft (1983) era sì un enorme dungeon, ma anche lì c’era una specie di storia che faceva da sfondo. Tuttavia, oggi ricordiamo i moduli di Dragonlance come lo spartiacque tra il vecchio modo di concepire il gdr, ed un nuovo modo, in cui la storia era in primo piano.

A questo proposito, ci sono due gruppi di persone che arriveranno ad odiare questo nuovo modo di concepire il gdr, per ragioni opposte. Uno di questi due gruppi lo incontreremo più avanti, tra una quindicina d’anni (siamo sempre a metà degli anni ’80) – ma l’altro possiamo presentarlo adesso. Sto parlando dei fan del D&D delle origini, il D&D dei dungeon crawl senza storia. Questi fan vissero la nuova attenzione alla storia come un tradimento dello spirito originario di D&D, guardando i moduli di Dragonlance, il focus sulla storia, e le nuove edizioni di D&D con sospetto o aperto disprezzo. Questi giocatori talvolta si autodefinisconogrognard. Alcuni sono vecchi wargamer, mentre altri sono semplicemente giocatori appartenenti alla “vecchia guardia”: giocatori che continuano a ritenere le vecchie edizioni, e lo spirito originario del gioco che le contraddistingue, come l’epoca d’oro di D&D. Sono giocatori che rifiutano l’idea che si giochi di ruolo per raccontare una storia, in contrapposizione ai giocatori “new school”, e che spesso guardano con disprezzo certi elementi del fenomeno del player empowerment.

Negli ultimi anni (soprattutto a partire dal 2008/2009) c’è stato un rinnovato interesse per il modo di giocare della “vecchia guardia”, che si è consolidato in un movimento/scuola di pensiero noto come OSRL’acronimo è definito in maniera imprecisa, ma la maggior parte delle persone legate all’OSR vi diranno che sta per Old School Revival, oppure Old School Renaissance. In pratica, il termine è oggi utilizzato per indicare un gruppo abbastanza eterogeneo di gdr e la ‘scuola di pensiero’ ad essi collegata, il cui comune denominatore è il rifarsi, sia come regolamenti che come filosofia di gioco, alle vecchie edizioni di D&D.

Ecco: nell’ambito dell’OSR, i moduli di Dragonlance sono visti come una disgrazia. Grognardia (fino al 2012 uno dei blog più influenti del movimento OSR),ricorda Dragonlance as one of the key moments when D&D lost its soul“; in un altro post, James scrive:

Dragonlance didn’t ruin everything, but it did exert a baleful influence over the development not just of D&D but also roleplaying in general.

RPGPundit, un blogger abbastanza controverso e legato al movimento OSR,racconta di quando l’autore di un modulo OSR reagì piuttosto aspramente ad una sua recensione negativa:

The author (…) responded (…) that I didn’t get it [il suo modulo] because I “wasn’t a true old-schooler”; and then he used the absolute worst insult any OSR-guy could probably give: he called me a Dragonlance fan.

Ma insomma, questa “storia” di cui parli… che roba è alla fine?

Questo è un momento buono come un altro per parlare un attimo di questa famosa “storia” che sarebbe entrata a far parte della cultura del gdr a partire dalla metà degli anni ’80.

In effetti uno dei problemi nel parlare di questa roba è che “storia” è un termine impreciso, e persone diverse intendono cose diverse.

Certo, certo, è vero – la storia, in senso lato, c’è sempre. È tutto ciò che succede in gioco. In senso lato, anche un dungeon crawl finisce in qualche modo per avere una storia. In un dungeon crawl succedono delle cose, e alla fine è possibile ricostruire una sequenza di eventi coerente. “Siamo scesi al secondo livello del dungeon, abbiamo ammazzato tre goblin, e Bob il Guerriero è stato fritto da una trappola”.

Però in questo post, con storia, intendo qualcosa di più di una sequenza di eventi coerente – intendo una storia appassionante, cioè una storia in grado di appagare dal punto di vista drammatico; una sequenza di eventi in game in grado di essere appassionante e interessante, come le trame che si sviluppano nei libri, nei film o nei fumetti. Una storia di questo tipo solitamente ha una struttura o comunque un arco narrativo: un inizio (un problema, un conflitto, un dramma), uno svolgimento, e una conclusione. Probabilmente ha anche elementi in grado di farti venire voglia di vedere come va a finire (non so – colpi di scena, misteri che vengono svelati pian piano…).

Ovviamente voi potreste intendere un’altra cosa ancora per “storia”, e va benissimo. Però in questo post quando parlo di storia, parlo di quella roba lì sopra. Quindi se per voi la storia è un’altra cosa, potreste non essere d’accordo con le mie considerazioni. Va benissimo.

Ora, in un gioco di ruolo tradizionale, ci sono due modi fondamentali per avere una storia appassionante. Uno è avere la storia appassionante già scritta, e l’altro è improvvisarla.

A prescindere dall’approccio che si preferisce, nei giochi tradizionali è tipicamente possibile un gioco di tipo immersivo, in cui il giocatore può vivere una storia in prima persona, esercitando una influenza sullo sviluppo della stessa paragonabile a quella che potrebbe esercitare una persona reale nello sviluppo della propria vita. In pratica, il giocatore ha controllo esclusivamente sulle azioni del proprio personaggio, ma non, ad esempio, sull’ambiente o su i PNG. Dopo vedremo quali sono i gdr “non tradizionali”, il cui approccio è molto diverso.

Avere la storia già scritta

L’approccio “storia appassionante già scritta” è quella che adottano molti moduli pubblicati a partire dall’era di AD&D 2e fino ad oggi (es. molti Adventure Path per Pathfinder). Il processo è più o meno lo stesso, sia che la storia appassionante venga tratta da un’avventura pubblicata, sia che la scriva il DM di sua mano: c’è una serie di eventi che si verificano in successione, in modo più o meno lineare. La storia è appassionante perché gli eventi prestabiliti fanno sì che lo sia.

Esempio banale: un vecchio misterioso si avvicina ai personaggi e chiede loro di recuperare la Spada Infuocata dalla Tomba del Guerriero Misterioso prima che se ne impadronisca Lord Morte, il Necromante Oscuro. I personaggi accettano. I personaggi recuperano la Spada e tornano dal vecchio misterioso. Ma, attenzione! C’è un colpo di scena! Il vecchio misterioso è in realtà Lord Morte sotto mentite spoglie! Dopo un monologo ad effetto, Lord Morte fugge con la Spada. Nella prossima avventura i personaggi dovranno inseguirlo! Zan zan zan!

Questa trama nella sua semplicità è interessante – c’è un colpo di scena. Mi immagino il DM che si sfrega le mani tutto soddisfatto, gongolando al pensiero della faccia che faranno i giocatori quando giocheranno alla sua fantastica storia.

C’è però un grosso, grossissimo problema con questo approccio. In un libro, lo scrittore è in grado di produrre una storia interessante perché controlla contemporaneamente protagonisti, antagonisti, personaggi secondari e tutto quello che succede.

In un gdr non funziona così. Non dovrebbe funzionare così. In un gdr, se il DM vuole produrre la storia interessante, ha un grosso ostacolo davanti a sé. Si ritrova a essere uno scrittore con le mani legate, che non controlla i protagonisti della sua storia.

La storia di cui sopra è fragile, come quasi tutte le storie prestabilite a tavolino. Cosa succede se i personaggi decidono di tenersi la Spada Infuocata, o di venderla, invece di riportarla al vecchio misterioso? Cosa succede se uno dei giocatori in qualche modo scopre, per esempio, che il vecchio misterioso ha un allineamento malvagio e si insospettisce? Ve lo dico io: la storia salta. Tutta la bellissima storia concepita dal DM a casa sua, dopo ore di faticosa preparazione, crolla come un castello di carte. C’è un modo di dire nella comunità dei gdr che più o meno recita: “no plan survives first contact with the players“. Allude al fatto che qualunque trama predisposta a tavolino dal DM finirà per crollare rovinosamente una volta arrivata al tavolo, perché i giocatori faranno qualcosa al di fuori dei suoi piani.

Il povero DM quindi si trova ad avere un problema. Vuole inserire la sua storia appassionante nella campagna; ma la sua storia, essendo predeterminata, non reggerà mai al tavolo di gioco, a causa dell’imprevedibilità legata alla libertà d’azione dei giocatori. (Notare che questo problema è direttamente o indirettamente la conseguenza di idee che risalgono alla metà-fine degli anni ’80, quando Dragonlance ha messo in testa alla gente l’idea sciagurata che per fare bene il DM uno deve raccontare una storia interessante come quella di un film o un libro.)

Come rispondere a questo problema?

Ci sono diverse reazioni possibili. Alcune di queste reazioni sono sane, altre sono patologiche. Le risposte patologiche più comuni sono barare e railroadare i giocatori.

Il Railroading

Il railroading (da railroads, che letteralmente sono i binari del treno) è un fenomeno che avviene quando un evento del gioco ha un outcome predeterminato – cioè un esito stabilito a priori, a prescindere delle azioni dei giocatori. Il DM annulla la libertà d’azione dei giocatori, forzando quello che succede nel gioco, al fine di far andare le cose come vuole lui.

Che vuol dire in pratica? Diciamo che in gioco si verifica una situazione X. Per esempio:  i personaggi sono nella principale cittadina del regno, e per andare avanti con la storia, devono parlare con il Re che si trova nel palazzo reale. Questa di per sé è una situazione aperta: la storia preparata dal DM prevede che i giocatori parlino col Re, ma i giocatori potrebbero fare potenzialmente qualunque cosa, incluso non parlarci affatto. Il railroading avviene quando il DM ha stabilito come questa situazione andrà a finire, e impone l’esito da lui deciso a prescindere da cosa fanno o non fanno i giocatori.

Giocatore: “No, io con il Re non ci voglio parlare! Esco dalla città e vado a cogliere le margherite nei campi.”

DM: “No, non puoi. Hanno chiuso le porte e non fanno più passare nessuno.”

Qualcuno potrebbe dire “eh vabbé, ma questo DM  è un pivellino! Un bravo DM asseconda il giocatore e trova il modo di farlo parlare lo stesso con il re.”

Per esempio:

Giocatore: “No, io con il Re non ci voglio parlare! Esco dalla città e vado a cogliere le margherite nei campi.”

DM: “Ok. Vai fuori dalla città e raccogli 3d6 margherite. Dopo un paio d’ore, vedi il Re che sta uscendo a cavallo dalla città. Appena ti vede si dirige verso di te.”

Ecco: qui c’è un equivoco. Non c’è molta differenza tra il railroading spudorato del primo esempio e il railroading occulto del secondo esempio (talvolta chiamatoillusionismo). Non è che quello del secondo esempio è un DM più bravo, o un DM più esperto.

Il DM qui ha solo riaggiustato la sua trama lineare (evento A -> evento B -> evento C) in modo da dare l’impressione che l’avventura non sia sui binari, ma è un cambiamento cosmetico. In realtà è più o meno la stessa cosa: il DM ha deciso che le cose devono andare in un certo modo, e qualunque cosa voglia fare il giocatore, il DM trova il modo di far succedere le cose che voleva. L’unica differenza è che che se va tutto bene il giocatore non se ne accorge. E i giocatori si accorgono di questi trucchetti molto più spesso di quanto il DM pensi.

Diciamo che ci sono tre percorsi che conducono dal Luogo A al Luogo B. Se i tre percorsi sono esattamente uguali, ed i personaggi subiscono la stessa imboscata indipendentemente dal percorso preso, con gli stessi mostri, etc. etc… beh, non è molto diverso dalla situazione in cui c’è un solo percorso obbligato. Dai l’illusione della scelta, ma è solo una finzione.

Il railroading (spudorato od occulto) è in genere malvisto perché annulla la libertà d’azione e di scelta dei giocatori, visto che quello che fanno o non fanno non ha più alcuna conseguenza né alcun impatto su quello che succede. Se rimuovi la libertà d’azione togli una delle cose fondamentali che distinguono il gdr da altre forme passive di intrattenimento (cinema, teatro, libri, fumetto, etc): la capacità di influenzare ciò che succede. Il gioco di ruolo diventa un’esperienza passiva, dove il fruitore esperisce una storia predeterminata da altri. A quel punto, tanto vale rimettere i dadi nello zaino e stare a sentire il GM che ti legge un racconto scritto da lui, no?

Tuttavia, se è vero che il railroading è generalmente malvisto, ci sono dei casi in cui può funzionare e può essere desiderabile – cioè quando è funzionale al divertimento del gruppo. In generale, quando si gioca di ruolo la priorità è divertirsi – finché uno si diverte, sta giocando bene. Se uno gioca di ruolo senza divertirsi, fategli i complimenti: è riuscito a scoprire l’unico vero modo per farlo male!

Ecco, alcuni giocatori preferiscono avere una storia da cui farsi guidare. Magari vogliono esperire una storia appassionante predeterminata in modo semi-passivo, senza dover fare troppe scelte. Si aspettano una storia, e fanno del loro meglio per seguirla; quando non la seguono, si aspettano che il DM li rimetta sulla strada. Questo è talvolta chiamato partecipazionismo, nel senso che i giocatori partecipano volontariamente alla storia creata dal DM (anziché subirla). C’è partecipazionismo, se vogliamo usare questo termine, quando i giocatori: a) sono consapevoli che c’è una storia prestabilita da seguire; B) sono d’accordo che ci sia questa storia; c) riconoscono che gestire la storia è responsabilità del DM; e infine d) sono d’accordo che il DM faccia il necessario per far sì che la storia vada avanti.

Questo, se ci pensate, è quello che succede, per esempio, quando i personaggi accettano il lavoro proposto loro dallo straniero misterioso alla locanda. Non c’è alcun motivo sensato per cui delle persone sane di mente debbano accettare un incarico da un tizio mai visto e conosciuto – però in genere i personaggi accettano il lavoro senza tante storie, perché sanno che l’avventura “è da quella parte”.

Ora, questa situazione va bene. La situazione che viene criticata è quando il DM pensa di sapere cos’è meglio per il divertimento del gruppo senza consultarsi prima con i giocatori, per cui decide autonomamente di scrivere la storia predeterminata senza che nessuno glielo abbia chiesto. Se invece i giocatori esprimono il desiderio di avere la storia predeterminata, è un altro paio di maniche. In certi gruppi storici, che giocano insieme da anni e anni, questo consenso può essere implicito: il DM ormai conosce i giocatori e sa cosa li diverte, mentre i giocatori conoscono il DM e sono d’accordo con il suo stile. Tuttavia, a meno che non rientriate in questo caso, è meglio se questi aspetti vengono decisi dall’intero gruppo prima dell’inizio della campagna (“ragazzi, avevo in mente una campagna con una storia ambientata in X che sarà così e cosà, vi va bene?”).

Barare

Barare non ha bisogno di molta discussione: stai barando quando ignori arbitrariamente una regola, o il risultato di un dado, perché non ti piace la situazione a cui quella regola o quel tiro di dado ti porterebbero. La maggior parte dei DM che barano lo fanno con buone intenzioni: salvare personaggi che morirebbero per tiri sfortunati, non penalizzare serate sfortunate con i dadi, ignorare tiri non utili alla storia o al divertimento, far sì che il combattimento con il boss non finisca in un solo round, e così via. In generale, nella maggior parte dei casi i DM che barano lo fanno per esigenze di storia. Ma questo non vuol dire che sia una buona abitudine.

Se hai bisogno di barare per ottenere quello che vuoi da un sistema, c’è qualche problema di fondo – evidentemente vuoi fare qualcosa, ma le regole ti remano contro e portano a risultati che non ti piacciono. E se non ti piace un risultato, perché usare delle regole che ti portano a quel risultato? Le risposte sane a questa situazione sono a) adattare le tue aspettative al sistema; B) modificare il sistema in modo che venga incontro alle tue aspettative (= house rules); c) se il compito precedente è troppo laborioso, al limite cambiare sistema. Barare è una risposta al problema forse più semplice, ma è patologica perché implica ingannare gli altri giocatori (sì, se tiri dei dadi e poi ignori il risultato, li stai ingannando).

Se ignori i tiri di dado quando ti fa comodo, non capisco come mai stai tirando dei dadi. “Se faccio >10 col dado accetto il risultato, se faccio meno non è funzionale alla storia per cui facciamo finta di aver fatto >10 lo stesso.” Il dado diventa una cosa cosmetica – tanto se le cose non vanno come avevi pianificato, lo ignori. In generale, secondo me non dovresti tirare se non sei pronto ad accettare il risultato del dado. Fare diversamente mi sembra un comportamento un po’ schizofrenico.

Come il railroading, anche il barare è generalmente malvisto, però ci sono situazioni in cui barare è ok. Più o meno sono le stesse situazioni in cui il railroading è ok: cioè quando i giocatori sono consapevoli che il barare rientra tra le cose che il DM potrebbe fare, e sono d’accordo. In questo caso nessuno viene ingannato, dunque non c’è nessun problema. Questo consenso dovrebbe sempre essere esplicito, con l’eccezione dei gruppi molto rodati che giocano insieme con soddisfazione da parecchi anni, in cui questo consenso può essere implicito.  Di nuovo, ciò che viene generalmente criticato è il DM che si arroga il diritto di decidere per conto suo cosa è meglio per il divertimento del gruppo, perché è un atteggiamento paternalistico. Alcuni giocatori potrebbero non apprezzare l’idea che il DM bari per salvarli o per mandare avanti la storia in una certa direzione (io per esempio mi opporrei a una cosa del genere), quindi hanno il diritto di essere informati se questa è una cosa che può succedere.

L’altro approccio

L’altro approccio per avere la storia appassionante in un gioco tradizionale èrinunciare a raccontare la storia appagante, e lasciare che una qualche storia si crei da sola come fenomeno emergente.

I sistemi tradizionali hanno regole strutturate in modo più o meno esplicitamente simulativo. Con questo intendo dire che le regole, piuttosto che cercare di riprodurre una certa struttura narrativa, si prefiggono solo di rappresentare in modo coerente la realtà del gioco – una realtà di gioco che può essere anche molto diversa dalla nostra. Per esempio, in un gioco tradizionale in cui i personaggi possono volare, le regole potrebbero limitarsi a dirti quanto veloce un personaggio può volare, quanto a lungo, quanto in alto, e così via. Non so se mi spiego.

Ecco, in questi giochi l’approccio più naturale è usare le regole per lo scopo per cui sono state create – simulare una certa realtà fittizia – e fermarsi lì.  Il DMabbandona l’idea di intervenire sulla storia, spingendola in una direzione piuttosto che in un’altra, e lascia che questa emerga naturalmente dalla realtà fittizia creata dalle regole e dalle azioni dei giocatori.

Come funziona in pratica? In questo tipo di gioco, il GM delinea un’ambiente o una situazione, magari offrendo alcuni spunti per avventure e/o luoghi da esplorare; i giocatori poi possono fare quello che vogliono e decidere le proprie avventure. Sono i giocatori il motore di quello che succede – il GM ha un ruolo passivo, e si limita a reagire alle scelte dei giocatori; il suo compito è semplicemente quello di realizzare in gioco le conseguenze delle loro azioni (di solito improvvisando). Questo tipo di gioco è noto anche come sandbox.

L’esempio più antico di questo tipo di gioco è l’hexcrawl, un tipo di campagna di esplorazione pura molto popolare negli anni ’70 e primi anni ’80, e ritornata di recente in voga grazie all’OSR. Qualcosa di simile, molto di moda qualche anno fa, sono le West Marches (diretta ispirazione per una campagna omonima nell’ambito dello show online RollPlay). Un tipo di campagna più “story-oriented” potrebbe essere creato elaborando situazioni in cui ci sono fazioni, forze e/o png con motivazioni, obiettivi e interessi in conflitto tra loro e con quelli dei personaggi, di modo da creare una rete più o meno complessa di relazioni. I personaggi, con le loro azioni, andranno ad influenzare una o più di queste relazioni, provocando delle reazioni. Il resto si evolverà naturalmente.

Chi è interessato alle campagne sandbox probabilmente vorrà dare un’occhiataai giochi della Sine Nomine Publishing, specialmente Stars Without Number che è gratuito. Contengono ottimi suggerimenti e strumenti per creare campagne di questo tipo, che sono un po’ il marchio di fabbrica della SNP.

Qual è lo svantaggio della campagna sandbox? Sicuramente che è pesante per il GM, che deve passare un certo tempo a prepararsi prima delle sessioni, e soprattutto essere bravo a improvvisare; e poi che richiede ovviamente giocatori proattivi. Dal punto di vista dell’ottenimento di una storia drammaticamente appagante, lo svantaggio della campagna sandbox con il gioco tradizionale è che è inaffidabile. Sicuramente si verrà a creare una qualche storia, ma non è detto sia appassionante – e lo dico per esperienza. Se lasciate veramente libertà ai giocatori, è possibilissimo che emerga naturalmente una storia appassionante (nata dall’improvvisazione), ma questa sarà il risultato di uno o tutti questi fattori 1) un bravo GM; 2) bravi giocatori 3) il caso. In una sandbox autentica può venire fuori la storia emozionante, ma può anche venire fuori una storia mediocre dal punto di vista drammatico, o addirittura una storia che si interrompe in modo anticlimatico (esempio: total party kill intempestivo ad opera di mostri insignificanti). Inoltre, la storia emergerà a posteriori – dopo la sessione, ci guarderemo indietro e ricostruiremo una trama.

Naturalmente, una campagna sandbox può essere comunque divertente anche senza la storia emozionante – dipende da quali elementi i vostri giocatori traggono il loro divertimento. Le sopracitate West Marches sembrano divertentissime, eppure non c’è alcun tentativo di creare una storia. E, dal mio punto di vista, uno dei take home messages di questo articolo è un po’ questo: non avete necessariamente bisogno della storia appassionante per divertirvi. C’è stata, negli anni, una tendenza a far credere ai giocatori che il buon gdr produce necessariamente la bella storia, ma non è così. Il gdr può essere divertente e ben riuscito anche quando la storia è di per sé deludente. E come sempre, finché la gente si diverte, va tutto bene.

Una cosa che vorrei chiarire è che la stragrande maggioranza delle campagne adottano in realtà un approccio ibrido tra i due che ho presentato. Cioè, pochissime campagne sono o del tutto sandbox, o del tutto composte da una storia completamente pianificata. Le campagne che la gente gioca nella vita reale spesso presentano elementi di entrambi gli approcci, anche se solitamente uno dei due prevale sull’altro. Vale a dire: alcune campagne sono tendenzialmente sandbox, altre tendenzialmente storia-predeterminata. Molte campagne possono oscillare tra questi due poli nel corso del gioco; per esempio, nel corso degli anni diverse mie campagne sono partite con un abbozzo di storia predeterminata (in pratica, un aggancio per l’avventura, seguito da quello che, a grandi linee, mi aspettavo che sarebbe successo); ma quando i giocatori si sono allontanati da ciò che mi aspettavo, o comunque quando hanno cambiato le carte in tavola con le loro azioni, queste campagne sono ben presto deviate verso il sanbox: a quel punto ho iniziato ad improvvisare e far reagire PNG/fazioni/mostri/l’ambientazione in maniera coerente rispetto alle azioni dei giocatori, abbandonando qualunque idea avessi circa lo sviluppo della campagna.

I giochi non tradizionali e il motivo per cui hanno tutte quelle regole bislacche

Abbiamo visto che in un gioco di ruolo tradizionale ci sono due modi fondamentali per avere una storia appassionante. Uno è avere la storia appassionante già scritta, che per definizione è un sistema molto affidabile (è già scritta!). Tuttavia, questo approccio ha dei grossi problemi, e di fatto può essere mantenuto solo utilizzando strategie spesso non desiderate dai giocatori. Più raramente (almeno nella mia esperienza) i giocatori richiedono la presenza di una storia già scritta, ed accettano che il DM faccia il possibile per mantenerla: in quest’ultimo caso, finché tutti si divertono e sono d’accordo, va tutto bene. L’approccio concettualmente opposto è dare completa libertà d’azione ai giocatori, e lasciare che la storia si crei da sola in modo naturale. Questo approccio mantiene la libertà dei giocatori e tende a risultare più accettabile. Tuttavia, non funziona molto bene con giocatori passivi ed ha, tra le altre cose, il grosso svantaggio di non essere in grado di produrre affidabilmente una storia appassionante. A volte si creerà, a volte no. So it goes.

Proseguiamo adesso con la nostra storia.

La nuova enfasi sulla storia si diffuse rapidamente anche al di là di D&D: nel 1991, due anni dopo AD&D 2e, sarebbe stato pubblicato Vampire: The Masquerade, forse il gioco più iconico degli anni ’90. Vampire, almeno in teoria, era un gioco che si compiaceva del proprio focus sulla storia, sulla narrazione, sull’intrigo, e sull’introspezione personale – autodefinendosi “a game of personal horror” (in it. “un gioco di intimo orrore“).

Gli anni ’90 passano. Vampire: the Masquerade è giocatissimo. AD&D 2e sforna degli storici Campaign Settings piuttosto focalizzati sull’elemento storia (vedi Planescape). I videogame di Final Fantasy, caratterizzati da storie complesse e coinvolgenti, si diffondono rapidamente in occidente. Insomma, tutti vogliono storia, storia, storia. Negli anni ’90 si inizia anche a sperimentare – per esempio, nel 1991 esce Amber Diceless, il primo gioco di ruolo a non utilizzare dadi; nel 1999 uscirà Nobilis, altro gioco diceless piuttosto, uh, cerebrale (i giocatori interpretano concetti astratti personificati. No, davvero. …WTF?!). Gli anni ’90 sono però anche un periodo di profonda crisi per il gdr cartaceo, minacciato dal diffondersi dei giochi per computer, sempre più elaborati, e dal successo dei giochi di carte collezionabili (come Magic: The Gathering). C’è un’aria tesa nell’industria dei gdr, costretta ad assecondare i capricci del mercato e inventarsele di tutte pur di rimanere a galla: gli anni ’90 sono anche il decennio degli splatbooks.

Arriviamo quindi alla fine degli anni ’90, e facciamo la conoscenza di Ron Edwards, PhD.

Edwards era un insegnante di biologia e dottorando all’Università della Florida, e nel tempo libero scriveva giochi di ruolo. L’intero movimento legato ai giochi “indie” (indipendenti) come lo conosciamo oggi nacque perché Edwards divenne disilluso nei confronti dell’industria editoriale commerciale per diverse ragioni. I contratti tra autori e case editrici tendevano a dare molto controllo sul prodotto alla casa editrice – per esempio, la casa editrice poteva decidere unilateralmente di produrre una nuova edizione di un gioco, che l’autore fosse d’accordo o no. Tanto per parlare di un gioco che tutti conosciamo, D&D è ora alla sua quinta edizione. Ecco, se domani la WotC decidesse di pubblicare la sesta edizione di D&D, e Mike Mearls non fosse d’accordo, non sarebbe certo lui ad avere l’ultima parola. “Indie”, quindi, significa solo questogiochi che sono autopubblicati, in modo tale che l’autore mantenga il controllo sul proprio prodotto.

Spinto dalla propria insoddisfazione, più o meno nel 1999 Edwards avviò un sito dedicato ai giochi pubblicati da autori indipendenti, che allora non erano molti. Quel sito qualche tempo dopo (nel 2001) sarebbe stato ribattezzato The Forge. Su quel sito poteva discutere chi era interessato ai giochi indie (autori o meno), e tra le altre cose si parlava anche di teoria e game design. È in questo contesto che Edwards avrebbe sviluppato la Teoria GNS, che più tardi sarebbe stata incorporata in un framwork teorico più ampio, il Big Model.

A partire dal 1999, Edwards iniziò a pubblicare alcuni articoli di teoria: questo è uno dei più importanti. Io sinceramente dell’impianto teorico di cui si discuteva su The Forge ne so il giusto. A causa del gergo astruso non mi sono mai veramente addentrato nei suoi meandri. Ammetto che molte cose le ho imparate nelle ultime due settimane, quando facevo ricerche per questo articolo, in modo da non scrivere baggianate; per questo motivo eviterò di parlare in dettaglio di questa roba. Per chi fosse interessato ad una analisi più approfondita su The Forge, le sue teorie, e quello che ha rappresentato per la scena dei giochi di ruolo, consiglio fortementequesto post, che è una delle retrospettive più complete ed equilibrate che abbia trovato sull’argomento, e si allinea abbastanza alla mia visione della cosa.

L’articolo di Edwards comunque è comprensibile anche senza sapere niente di teoria GNS. In pratica, il nocciolo della sua argomentazione (spiegato con parole mie) è che la gente, in un gdr, trae il proprio divertimento attraverso la soddisfazione di “appetiti” diversi, che non sempre sono compatibili tra loro. Un gioco di ruolo progettato per assecondare un appetito specifico è meglio di un gioco che tenta di soddisfarli tutti, o che è progettato senza una chiara idea di quale appetito stia cercando di soddisfare. Questo perché il gioco che tenta di soddisfarli tutti non ne soddisferà pienamente nessuno: ogni tipo di giocatore troverà qualcosa del sistema che gli piace, ma anche qualcosa che lo disturba.  Invece, il gioco che tenta di soddisfare un tipo specifico di appetito soddisferà una sola tipologia di giocatore, ma almeno la soddisferà pienamente. Edwards nell’articolo individua tre forme principali di appetito autoescludentisi, o “creative agendas” (intenti creativi) nel gergo forgita: gamista (= il gdr visto come esperienza di gioco, in cui il divertimento consiste nel superare delle sfide), simulazionista (= il gdr visto come strumento per esplorare una particolare realtà o un genere), e narrativista (= il gdr visto come occasione per raccontare una storia, anche se in realtà questa definizione è imprecisa). Si può essere o meno d’accordo con questa visione delle cose; comunque l’articolo è ben argomentato ed è molto interessante, per cui consiglio di leggerlo con una mentalità aperta, a prescindere dalle proprie idee. Per quanto riguarda me, sono d’accordo in linea generale su alcune argomentazioni (es. che il sistema è importante per favorire una certa esperienza di gioco), ma meno su altre (es. che questi intenti si escludano tra loro).

Sia come sia, Edwards non ha mai fatto mistero di essere uno che giocava per raccontare una storia, e di essere insoddisfatto dei giochi che promettevano ai giocatori la capacità di raccontare grandi storie, senza che il regolamento facilitasse questo compito. Ecco perché molte persone che hanno abbracciato la visione forgita odiano Vampire: The Masquerade e, in minor misura, AD&D 2e. Erano due giochi molto popolari che promettevano grandi storie, ma non mantenevano le loro promesse. Ed ecco perché i designer associati a The Forge tentarono di rimediare a questa mancanza con giochi dalle regole non convenzionali, concepite per facilitare la creazione di specifiche storie, strutturate in modo preciso. Gli individui collegati a vario titolo a The Forge furono quindi il secondo gruppo di persone che giunse ad odiare la nuova attenzione alla storia dei gdr tradizionali, poiché vissero il tutto come una menzogna o una promessa non mantenuta. (Il primo, ricordiamolo, sono i grognard old school, che hanno visto questa attenzione alla storia come un tradimento dello spirito originale del gioco.) (tra parentesi: notare che Edwards e compagnia bella non sostenevano che fosse impossibile raccontare una storia con i giochi tradizionali, tutt’altro – si lamentavano però che il regolamento non facilitasse od ostacolasse questo compito) (altra parentesi: dovrei precisare che la storia come la intende Edwards è diversa dalla storia come l’ho definita io un po’ di righe fa – Edwards ha una sua definizione particolare di cosa costituisce una storia nell’ambito di un gioco narrativista, che è molto più restrittiva della mia definizione).

Dicevamo. I frequentatori della Forgia furono molto influenzati dalle idee di Edwards, e iniziarono a progettare giochi seguendo la stessa logica. Dato che la stragrande degli utenti del forum giocavano per raccontare storie, i giochi che vennero prodotti erano story-focused, e vennero associati a quello stile. Con il tempo, gioco indie divenne (impropriamente) sinonimo di “gioco non tradizionale fatto per raccontare storie”.  In realtà gioco indie vuol dire semplicemente gioco di ruolo autopubblicato in cui l’autore mantiene il controllo della propria creazione. Stop. I giochi sfornati dalla forgia erano anche indie, ma non tutti i giochi indie sono forgiti o narrativisti. Per esempio, molti giochi OSR sono indie, ma assolutamente tradizionali e per niente narrativisti. Inoltre, c’è anche da fare chiarezza su un equivoco di fondo che circonda questi giochi: in realtà solo *pochi gdr* furono progettati seguendo strettamente le teorie forgite; la maggior parte dei giochi non tradizionali prodotti negli anni sono stati progettati senza seguire alcuna teoria particolare. Per esempio, Dungeon World o Apocalypse World sono indie, e possono essere considerati story-focused (nel senso che hanno meccaniche che manipolano direttamente la storia), ma hanno molto poco a che fare con the Forge, e sono giochi tutto sommato abbastanza tradizionali. Ad ogni modo, la definizione probabilmente più corretta per questi giochi è “non-tradizionali”, il che li contrappone ai giochi “tradizionali”. Si caratterizzano infatti per meccaniche non convenzionali, più o meno sperimentali, che scardinano alcuni degli assunti dei giochi tradizionali – es. dando maggiore controllo narrativo ai giocatori, progettando meccaniche senza logiche simulative, eliminando parti del gioco considerate  fondamentali nel gdr tradizionale (come la presenza di un GM), etc. etc.

In altre parole, il motivo per cui i giochi non tradizionali hanno tutte quelle regole bislacche è perché sono giochi progettati seguendo una logica del tutto diversa rispetto ai giochi tradizionali: le regole non sono concepite per simulare una realtà, bensì manipolano direttamente la storia; in alcuni casi, possono essere concepite in modo da facilitare la produzione affidabile di storie particolari, specifiche, e strutturate in un certo modo (per es. con un inizio, uno svolgimento e una fine), spesso in un contesto tematico ben preciso (esempio tipico: Polaris). Le storie prodotte da questi giochi sono prodotte “live” (story now), mentre si gioca, e non decise a priori o ricostruite retrospettivamente quando si esamina cos’è successo durante la sessione di gioco. Un altro esempio tipico è My Life with Master, tradotto come La Mia Vita col Padrone, uno dei primi giochi indie a diffondersi apprezzabilmente in Italia (almeno, che mi ricordi – era il 2008 o il 2009). Un esempio di gioco forse più abbordabile è Dogs in the Vineyard (Cani nella Vigna), anche questo divenuto un classico.

Alcuni (tra cui me!) tendono a non amare molto questo tipo di meccaniche, perché possono spezzare l’immersione nel gioco (parlo soprattutto delle meccaniche che forniscono controllo narrativo al giocatore).

C’è qualcuno che vorrebbe farvi credere che se non vi piacciono questi giochi siete delle brutte persone. Ovviamente non è vero. È solo questione di preferenze personali. Potrebbero esserci molte ragioni per cui non vi piacciono. Potrebbe essere perché magari per voi la storia non è così importante come credevate. Per voi potrebbe essere più importante l’immersione, che è una cosa diversa, o la simulazione (di un mondo fittizio o di un particolare genere di fiction). Oppure potrebbe essere perché preferite giocare seguendo una storia predeterminata e scritta da qualcun altro. O magari vedete il gioco di ruolo principalmente come un’esperienza di gioco, e della storia non ve ne può fregare di meno.

The Forge oggi, e perché un sacco di gente ce l’ha ancora con quel dannato sito

Il sito The Forge è stato chiuso da Edwards, perché riteneva che avesse esaurito il suo scopo (in pratica, dimostrare che era possibile l’autopubblicazione di un gdr così come l’autore lo intendeva, senza dover obbedire a esigenze di mercato, mode, o altri principi che non fossero il suo gusto). Una sezione del forum venne chiusa nel 2005, e poi il resto del sito fu chiuso definitivamente nel 2012; esiste ancora, ma solo come archivio.

Oggi, nel 2016, il Big Model e le teorie forgite sono pressoché irrilevanti per chiunque, nel senso che ormai non se ne discute praticamente più. L’unico che forse continua a prenderle sul serio è Ron Edwards – personaggio caduto un po’ nel dimenticatoio. Neppure a Vincent Baker frega più una mazza del big model e della teoria GNS. C’è ancora qualcuno che ne parla, ma sinceramente fa molto 2008 (o 2010 se vivi in Italia, da noi arriva tutto dopo).

Se il Big Model ed in generale The Forge sono ormai storia, molti giochi nati nel contesto della forgia hanno avuto una grossa influenza nell’industria dei giochi di ruolo. Alcune idee sviluppate in quel contesto sono entrate a far parte del bagaglio culturale generale, ed incorporate in giochi per altri versi tradizionali (vedi per esempio 13th Age, e lo stesso D&D 5E con l’Ispirazione). Direi che la distinzione giochi tradizionali/giochi non tradizionali è un po’ sfumata negli ultimi anni, e probabilmente non è più molto utile. Fate è tradizionale o non tradizionale? I pbta (giochi derivati da Apocalypse World) sono tradizionali o non tradizionali? Personalmente non saprei rispondere: sì, sono giochi non tradizionali per alcuni aspetti, ma allo stesso tempo vicini come impostazione ai giochi tradizionali.

Quello che è importante capire è che le varie teorie forgite erano teorie concepite per analizzare il gdr secondo l’ottica di una persona insoddisfatta e infelice del proprio gioco, che non riusciva a ottenere quello che voleva dal gioco, e non capiva bene né perché, né come risolvere i suoi problemi. Oggi questo non è più vero – The Forge ha vinto la sua battaglia; ha cambiato la cultura del gdr.  Oggi esistono centinaia o forse migliaia di giochi diversi, per tutti i gusti; giochi tradizionali, giochi non tradizionali, giochi con il GM, giochi senza il GM, giochi con i dadi, giochi senza dadi, giochi con i tarocchi, giochi così sperimentali che esiterei a definirli giochi di ruolo. C’è anche, in generale, più consapevolezza sul fatto che le persone che giocano di ruolo possono avere motivazioni diverse per giocare, e dunque esigenze diverse; che non tutti i giocatori traggono il proprio divertimento dalle stesse fonti; e c’è più consapevolezza circa i problemi (sociali e non) che possono far sì che il gioco vada storto e la gente non si diverta.

Nonostante abbia ormai fatto il suo tempo, a distanza di anni dalla sua scomparsa ci sono ancora tantissimi forum dove anche solo nominare The Forge fa subito scaldare gli animi. Il fatto è che c’è un sacco di gente a cui The Forge ha dato molto fastidio. Nella stragrande maggioranza dei casi, questo è dipeso non tanto da The Forge in sé, ma dai suoi fanboy, che all’epoca di massima popolarità della forgia, andavano in giro per i forum a promuovere, anche molto aggressivamente, i giochi e le teorie forgite. Questo veniva spesso fatto criticando con una certa acredine i giocatori ed i giochi tradizioanli – scatenando regolarmente flame e polemiche. Quello che dava fastidio (almeno, a me) era 1) il fervore quasi religioso con cui certi concetti venivano spinti;2) l’atteggiamento spocchioso/elitario/snob, per cui pareva che ci fossero gdr giusti e gdr sbagliati, così come modi giusti di divertirsi e modi sbagliati; 3) la tendenza a criticare aggressivamente i giochi tradizionali e i giocatori tradizionali,trattati talora come deficienti solo per il fatto di apprezzare un certo tipo di gioco. A questo bisogna aggiungere il gergo forgita, composto anche di espressioni francamente offensive, che non è che facessero molto per nascondere il disprezzo verso chi giocava ai giochi tradizionali: vedi il termine brain damage, o il nostranoparpuzio (coniato da un utente di cui non faccio il nome, ma che incorpora perfettamente le caratteristiche di cui sopra). Purtroppo raramente si vedevano le persone più moderate prendere le distanze da questi eccessi vergognosi (“no aspetta, ma che c*zzo stai dicendo?”). Per come la vedo io, la diffidenza e l’astio nei confronti della Forgia è soprattutto frutto di questo tono da missionario-inquisitore e dall’integralismo di certi utenti che ancora oggi bazzicano in, uhm, certi forum.

Che ne penso io della Forgia e dei giochi non tradizionali?

In generale, non tollero il fanboy forgita prepotente – quello aggressivo, invadente, polemico, che non riesce a parlare dei giochi che gli piacciono senza parlare male dei giochi che piacciono agli altri. E non dovreste tollerarlo neanche voi, a prescindere dalle vostre preferenze. Riguardo The Forge ed i giochi non tradizionali in sé: alcune parti delle teorie della forgia sono interessanti e anche condivisibili, altre non mi trovano d’accordo. Penso tuttavia che l’esistenza di The Forge sia stata utile perché:

1) ha catalizzato la creazione di un sacco di giochi innovativi. Alcuni mi piacciono, altri no, altri mi lasciano indifferente. Ma va bene: non sono giochi che magari sono interessato a giocare personalmente, ma sono contento che esistano. Sono contento se rispondono agli appetiti di qualcuno. E comunque alcune idee nate da questi giochi hanno contribuito ad innovare anche nell’ambito dei giochi tradizionali.

2) hanno promosso la creazione di giochi che servivano un tipo di giocatore fino a quel momento bistrattato dall’industria – il giocatore che giocava per la storia. Sono dell’opinione che ci siano giochi adatti e giochi meno adatti alle preferenze delle singole persone. Sono contento di vedere giocatori soddisfatti con i giochi non tradizionali, piuttosto che vederli lamentarsi sui forum perché non riescono a ottenere quello che vogliono con D&D o PF o che ne so. Ognuno fa i suoi giochi in pace, e tutti siamo felici. Win-win.

3) ha spinto all’autoriflessione e all’autocritica su un sacco di temi (l’autorità del DM, rapporti disfunzionali tra giocatori, la necessità di riconoscere le motivazioni delle persone, etc), e penso che da questa riflessione e autocritica ne abbia tratto beneficio anche il gioco tradizionale.

TL; DR

A partire dalla metà degli anni ’80, il gioco di ruolo si allontana dalle proprie radici introducendo l’idea di giocare per raccontare una storia. Dal punto di vista della storia, le campagne giocate con giochi tradizionali sono tipicamente comprese all’interno di uno spettro: ad un estremo dello spettro troviamo la campagna con la storia predeterminata che sarà seguita durante il gioco effettivo; all’altro estremo troviamo la campagna priva di qualunque storia predeterminata, che invece emerge naturalmente, sul momento, durante il gioco. Entrambi questi approcci hanno pro e contro, e in linea di massima nessuno dei due è intrinsecamente sbagliato, purché i giocatori diano il proprio consenso informato e si divertano; tuttavia, l’approccio “storia predeterminata” è spesso imposto a giocatori che non lo desiderano, e come tale è generalmente malvisto. Alla fine degli anni ’90 iniziano ad emergere giochi non-tradizionali, che adottano un approccio nuovo: le loro meccaniche facilitano in vario modo la creazione di storie. Questi giochi esplodono anche grazie a The Forge, una community ora defunta che fece da punto di raccolta per autori e giocatori insoddisfatti del proprio gioco. Parecchie idee nate nel contesto della Forgia hanno influenzato lo sviluppo di molti giochi recenti, per altri versi tradizionali, e hanno cambiato la cultura dei gdr in generale.

Qual è il take-home message?

  • Non tutti i giocatori hanno necessariamente bisogno di una storia appassionante per divertirsi, che è un’idea che non è sempre stata intrinseca al gioco di ruolo (vedi il sandbox play, che generalmente è divertente pur essendo incapace di produrre affidabilmente storie degne di nota).
  • Ai vostri giocatori potrebbe andare bene di giocare una storia predeterminata, e potrebbero anche accettare un po’ di railroading pur di rimanere sui binari; però non datelo per scontato! Prima di farlo, parlate con loro e chiarite le vostre aspettative reciproche. In caso di dubbio, l’approccio più safe è rinunciare alla propria storia predeterminata per non annullare la libertà d’azione dei vostri giocatori, e far reagire l’ambientazione alle loro scelte.
  • Più o meno è la stessa roba per barare – ai vostri giocatori potrebbe andare bene che il DM modifichi i tiri di nascosto per esigenze di storia, ma potrebbero anche non gradire l’idea. Prima di farlo, parlatene con loro. Se non vogliono, trovate un’altra soluzione.
  • Se siete insoddisfatti del vostro gioco, prendete in considerazione l’idea che forse state usando il sistema di gioco per scopi diversi da quelli per cui è stato concepito. Forse le vostre aspettative non si allineano bene a quelle del gioco. Tenete presente che ci sono tanti giochi di ruolo a vostra disposizione, e magari uno di questi potrebbe esservi più congeniale. Se per voi la storia è davvero importante, e ritenete che D&D o Pathfinder non vi soddisfino, ci sono molti giochi che sono stati progettati per produrre storie. Se è la vostra idea di divertimento, funzionano.

29 Commenti


Commento consigliato



Bella analisi! :)
Lunga, ma davvero bella. :)
Mi piace, in particolare, la chiarezza con cui hai esposto la questione forgita, mettendone in evidenza sia i lati negativi, che quelli positivi (io sono un anti-forgita per definizione, ma non si può negare che il tema delle 3 Creative Agenda rimane una grande intuizione, di straordinaria utilità; come te ritengo che le 3 Creative Agenda, comunque, non si escludano per niente fra loro, ma che possano tranquillamente coesistere).

Ora comprendo un po' meglio quando tu e altri utenti sostenete che certi Gdr più tradizionali (come D&D) non favoriscono la storia, e ora capisco meglio il perchè ci sia molta incomprensione sulla questione. La questione che nasce dalla differenza fra le due frasi "poter giocare una storia con un gioco" e "regolamento che favorisce una storia" è molto sottile ed è quest'ultima a costituire in genere il vero nocciolo dell'incomprensione. In effetti i cosiddetti Gdr tradizionali non favoriscono la storia, perchè si basano su un modello diciamo "acerbo" del Gdr, che può giustamente piacere o meno. Questi regolamenti lasciavano e in genere ancora lasciano molti aspetti di gioco nelle mani dei partecipanti...

 

Qualche anno fa tentai di spiegare a un utente di un altro forum (un fan della teoria forgita che ebbe la pazienza di spiegarmi molte delle definizioni del Big Model), che i fan della teoria forgita avevano un importante vantaggio su buona parte dei giocatori legati ai Gdr tradizionali: hanno potuto contare su un modello analitico del Gdr che ha concesso loro il privilegio di un linguaggio comune, attraverso cui i giocatori diventavano in grado comprendersi al volo, di parlare della stessa cosa senza fraintendersi e di dare forma a una comunità unita e basata su una serie di idee condivise.
E' anche per questo che tra giocatori tradizionalisti e forgiti sono nati così tanti litigi....

I giocatori tradizionalisti, sicuramente qui in Italia, non hanno potuto contare su questo vantaggio.
I concetti, le idee, le definizioni e i termini del Gdr tradizionale sono nati in maniera spesso e volentieri spontanea, amatoriale. A parte una manciata di termini comunemente riconosciuti, i giocatori tradizionalisti non hanno potuto contare su un linguaggio comune, non hanno avuto maestri (un Ron Edwards del mondo tradizionalista) che insegnassero loro un modello di pensiero comune, valido tanto per i giochi degli anni '70 quanto per quelli degli anni '80 e '90. O, se maestri ci furono, non diedero forma a un modello unico e unificante come quello di The Forge. La "filosofia" tradizionalista è nata nell'era analogica, senza internet, quando buona parte della "cultura" gdrristica era veicolata dalle fiere, dai negozi e dai gruppi di ruolo.
Mentre i forgiti hanno avuto la possibilità di formarsi tutti da un'unica scuola, il mondo dei giocatori tradizionalisti ha avuto centinaia, se non migliaia di scuole, ognuna pronta a insegnare una sfumatura leggermente diversa della stessa cosa. Quando i giocatori hanno avuto l'opportunità di apprendere da una "scuola": spesso hanno imparato in maniera amatoriale attraverso il proprio gruppo di gioco, creandosi da soli le proprie definizioni.

E' per questo che, spesso, è difficile accordarsi sulle stesse definizioni e che nei forum si è in grado di creare interminabili discussioni per cercare di spiegare singoli concetti. ;-)
Come tu stesso evidenzi, due persone possono avere due definizioni diverse di "storia" e discutere per settimane sull'argomento senza riuscire a comprendersi.

Ecco perchè un articolo come questo può avere una grande utilità.
Fare un passo indietro riguardo a ciò che si considera "storia", in modo da fare un'analisi che aiuti a comprenderne il significato, può aiutare a creare un terreno oggettivo di discussione, Finalmente non si discute più ognuno dando per scontato che cosa significhi il termine "storia" e nemmeno si cerca di pretendere che la propria definizione di "storia" sia quella oggettivamente valida. ;-)

Si discute di cosa sia il termine "storia" e di cosa rappresenta in relazione ai vari regolamenti, di cosa abbia originato un certo tipo di ragionamenti sul rapporto "storia e Gdr" ed ecco che la parola "storia" può iniziare a diventare effettivamente un termine di un linguaggio comune. ;-)
Ho la sensazione che per comprendere pienamente l'uso di quella parola nei dibattiti sul Gdr, quindi, diventi imprescindibile mettere sempre in evidenza il rapporto fra "storia" e "capacità di un regolamento di aiutare la creazione di una storia" (spiegando anche cosa questo significhi, come tu stesso hai fatto).

 

 

Detto questo, ho la sensazione che in futuro ci sarà ancora molto di cui parlare sul Gdr, perchè molte questioni nemmeno il Big Model è riuscito a risolverle.

Un giorno, non mi dispiacerebbe poter discutere con te (pacificamente e in maniera costruttiva, ovviamente :D) sulla questione "Necessità di un sistema che sostenga nella maniera migliore possibile un certa pratica di gioco VS Bisogno di un sistema solo per il minimo sindacale".
Naturalmente, per evitare di incasinare il tuo blog con argomentazioni OT ritengo giusto parlarne in un'altra occasione, non qui. Volevo solo stimolare una riflessione per un possibile dibattito futuro. ;-)
Il modello forgita è partito e si è concluso con l'idea che un Gdr è ben fatto quando il suo sistema favorisce/sostiene efficacemente ciò che promette di dare, e ciò che i giocatori si aspettano da lui. Da qui è nata la convinzione che i giochi perfettamente calibrati su una data esperienza fossero necessariamente in grado di soddisfare a pieno le esigenze dei giocatori con quella specifica CA, mentre gli altri si rivelano inevitabilmente insoddisfacenti. Da qui è ulteriormente nata la convinzione di molti forgiti che, di conseguenza, i giochi forgiti avrebbero sostituito presto i giochi tradizionalisti. Eppure così non è stato, considerando poi che i giochi tradizionalisti hanno ancora un forte appeal.
Perchè i giochi tradizionalisti continuano ad attirare pubblico, nonostante non siano in grado di fornire regolamenti capaci di favorire adeguatamente certe aspettative di gioco? Perchè i Gdr tradizionalisti vengono usati da molti giocatori anche per replicare esperienze che quei regolamenti non favoriscono? Perchè là fuori ci sono molti giocatori come me (;-)) che non cercano il regolamento che sostiene perfettamente una data esperienza, ma solo il regolamento ideale da cui partire per ricreare imperfettamente tramite HR numerose esperienze di tipo diverso (modello incarnato in particolare dal d20 System OGL)? ;-)

Come ha spiegato lo stesso Ron Edwards (le 3 Creative Agenda), dietro a certe scelte di gioco si nasconde una precisa esigenza da parte dei giocatori. Forse credo che in futuro diventerà importante chiedersi qual'è l'esigenza che si nasconde dietro al non cambiare regolamento o modello, così come è importante chiedersi (come spesso tu giustamente affermi) perchè è importante provare cose nuove e interessanti.
La risposta a queste domande potrebbe non essere così scontata come può sembrare. ;-)

Ti faccio ancora i miei complimenti per l'articolo. ;-)

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14 hours ago, SilentWolf said:

i fan della teoria forgita avevano un importante vantaggio su buona parte dei giocatori legati ai Gdr tradizionali: hanno potuto contare su un modello analitico del Gdr che ha concesso loro il privilegio di un linguaggio comune, attraverso cui i giocatori diventavano in grado comprendersi al volo, di parlare della stessa cosa senza fraintendersi e di dare forma a una comunità unita e basata su una serie di idee condivise

Sì, questo è verissimo. Indubbiamente nell'ambito di The Forge storicamente c'è stata una grande cura nel definire una sorta di linguaggio tecnico a cui riferirsi, per assicurarsi di parlare tutti della stessa cosa. Allo stesso tempo, ironicamente, mentre mi leggevo roba varia per scrivere il post, ho notato che questo linguaggio tecnico talvolta ha creato confusione. Per esempio, la definizione di che cosa esattamente sia la creative agenda simulazionista apparentemente è cambiata più volte (cioè - la definizione secondo Edwards, che ha/aveva l'ultima parola su tutto); ed è talmente specifica che viene fuori che, uh, quasi nessuno gioca con questa agenda. Mmmmmh. Anche cosa voglia dire narrativismo apparentemente è stato molto spesso frainteso, perché sempre Ron Edwards ha una definizione estremamente specifica e restrittiva di cosa costituisca narrativismo. Un altro downside è che questo lessico tecnico può rendere difficile, per una persona non al corrente della terminologia in uso, capire di cosa si parla (es. ci sono certe discussioni in cui non si capisce veramente nulla se non sei familiare con i termini utilizzati).

 

14 hours ago, SilentWolf said:

E' anche per questo che tra giocatori tradizionalisti e forgiti sono nati così tanti litigi....

Sì. Anche se, dalla mia prospettiva (che è quella di un giocatore tradizionale) i flame tra tradizionalisti e forgiti che ci sono stati negli anni sono nati soprattutto per l'eccessiva aggressività di questi ultimi e l'atteggiamento da "missionario che deve portare la verità rivelata ai selvaggi" che spesso mostravano nelle discussioni online. Nel senso, se uno si va a leggere le teorie della forgia senza pregiudizi, è quasi tutta roba abbastanza condivisibile e applicabilissima ai giochi tradizionali. Il discorso è che la gente che ne parlava aveva certe preferenze, e quindi tendeva a parlarne in un certo modo e svilupparla in una certa direzione. Poi andava sui forum e cercava di convincerti che il tuo modo di giocare faceva schifo, e che se non giocavi a quest'altro gioco vuol dire che non capivi niente. Un commento che ho trovato su un blog secondo me rende benissimo il tenore di questo tipo di flame, che probabilmente molti degli utenti più giovani di questo forum non si ricordano:

Spoiler

Tizio: a me piace mangiare le mele
Caio: anch’io ho sempre mangiato mele, ma adesso ho provato il brasato ed è fantastico.
Tizio: buono, ma io preferisco le mele. Puoi sempre farti un brasato di mele.
Caio: sei pazzo? sei tu che ti devi fare una torta di brasato. Le mele sono limitative, vuoi mettere la libertà di rimpinzarti che ti dà il brasato?
Tizio: l’uomo ha scoperto prima le mele del brasato, quindi l’unico modo legittimo di nutrirsi è quello di mangiare mele. Fatte in mille modi diversi, ma sempre mele.
Caio: sei un idiota! un decerebrato! non conosci la teoria forgita e non sai definire il brasato! hai sempre mangiato m*rda! CAPITO? LE MELE SONO M*RDA! IL BRASATO FATTO CON LE MELE FA SCHIFO, QUINDI LE MELE SONO M*RDA!!!

In realtà la teoria forgita in sé è meno talebana di quello che molti fanboy che ho visto in azione vorrebbero far credere. Per esempio, Edwards ha anche scritto: "Most role-players I encounter are tired, bitter, and frustrated. My goal in this writing is to provide vocabulary and perspective that enable people to articulate what they want and like out of the activity, and to understand what to look for both in other people and in game design to achieve their goals. The person who is entirely satisfied with his or her role-playing experiences is not my target audience." - che è un punto di vista perfettamente sensato, ma convenientemente dimenticato da molti proponenti dei giochi non tradizionali.

Il Big Model è *uno* strumento a tua disposizione per analizzare il gioco di ruolo. Però devi anche ricordarti che non è l'unico, perché "per l'uomo che ha solo un martello, dopo un po' tutto inizia a sembrare un chiodo".

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47 minuti fa, greymatter ha scritto:

Sì, questo è verissimo. Indubbiamente nell'ambito di The Forge storicamente c'è stata una grande cura nel definire una sorta di linguaggio tecnico a cui riferirsi, per assicurarsi di parlare tutti della stessa cosa. Allo stesso tempo, ironicamente, mentre mi leggevo roba varia per scrivere il post, ho notato che questo linguaggio tecnico talvolta ha creato confusione. Per esempio, la definizione di che cosa esattamente sia la creative agenda simulazionista apparentemente è cambiata più volte (cioè - la definizione secondo Edwards, che ha/aveva l'ultima parola su tutto); ed è talmente specifica che viene fuori che, uh, quasi nessuno gioca con questa agenda. Mmmmmh. Anche cosa voglia dire narrativismo apparentemente è stato molto spesso frainteso, perché sempre Ron Edwards ha una definizione estremamente specifica e restrittiva di cosa costituisca narrativismo. Un altro downside è che questo lessico tecnico può rendere ostico capire di cosa si parla a una persona non al corrente della terminologia in uso (es. ci sono certe discussioni in cui non si capisce veramente nulla se non sei familiare con il lessico usato).

Questo può capitare facilmente quando si inizia a parlare di cose via via sempre più astratte. Il modo migliore per evitare fraintendimenti è rimanere in qualche modo sempre collegati all'esperienza pratica (anche se non bisogna mai cascare nemmeno nell'errore di credere che tutti nella vita pratica vivono e percepiscono le cose nello stesso modo). Più si astrae, più si rischia di parlare di aria...e più si parla di aria, più diventa facile che i confini dei concetti risultino sfumati, interpretabili a seconda del pensiero del singolo.
Per quello che ho notato in giro, comunque, le definizioni che vanno per la maggiore sono:

  • Gamista: passione per le sfide.
  • Narrativista: passione per la narrazione di una storia e per l'approfondimento di un tema all'interno della storia.
  • Simulazionista: passione per l'esplorazione di un mondo e/o di un personaggio, ovvero la passione per l'idea di poter concretamente "vivere" quel mondo attraverso il Gdr o indossare quei panni domandandosi cosa significa.

Il concetto di Simulazionista in effetti è quello che, in particolare, so aver creato maggiori difficoltà nella comunità forgita. Non sapevo della difficoltà d'interpretazione riguardo al Narrativismo.

Cita

Sì. Anche se, dalla mia prospettiva (che è quella di un giocatore tradizionale) i flame tra tradizionalisti e forgiti che ci sono stati negli anni sono nati soprattutto per l'eccessiva aggressività di questi ultimi e l'atteggiamento da "missionario che deve portare la verità rivelata ai selvaggi" che spesso mostravano nelle discussioni online. Nel senso, se uno si va a leggere le teorie della forgia senza pregiudizi, è quasi tutta roba abbastanza condivisibile e applicabilissima ai giochi tradizionali. Il discorso è che la gente che ne parlava aveva certe preferenze, e quindi tendeva a parlarne in un certo modo e svilupparla in una certa direzione. Poi andava sui forum e cercava di convincerti che il tuo modo di giocare faceva schifo, e che se non giocavi a quest'altro gioco vuol dire che non capivi niente. Un commento che ho trovato su un blog secondo me rende benissimo il tenore di questo tipo di flame, che probabilmente molti degli utenti più giovani di questo forum non si ricordano:

Sì, capisco eccome. :D
Ho avuto la stessa esperienza.
Anche se mi è capitato di vedere pure flame nati perchè i tradizionalisti reagivano in maniera conservativa per proteggere i giochi che consideravano perfetti e intoccabili. In effetti, però, ha spesso giocato a sfavore proprio il fatto che la teoria forgita ha prodotto una "cultura" comune del Gdr (il linguaggio tecnico, in particolare, è stato usato spesso come clava contro gli "avversari", invece che come mezzo per aiutare il dialogo; mi è capitato molto spesso di vedere i forgiti, ad esempio, dare per scontate tutte le loro definizioni come se non ci fosse alcun bisogno di spiegarle, per poi reagire male quando gli altri non capivano).

Quando ti trovi un gruppo compatto, in genere ben allineato sulle medesime posizioni grazie al fatto che i suoi membri si riferiscono tutti alla stessa fonte, che si scontra con un gruppo eterogeneo, diviso e non in possesso delle stesse convinzioni al suo interno, come quello tradizionalista, inevitabilmente il gruppo compatto tenderà ad approfittare della sua unità per rendere le sue posizioni dominanti.
Se si aggiunge il fatto che i forgiti sono partiti come una comunità ristretta, circondata da una dilagante comunità di tradizionalisti, si può capire come mai la loro reazione sia stata spesso così oltranzista: si è sentito spesso il bisogno di usare la compatezza del gruppo e il vantaggio della "cultura" comune per difendersi dalla (e magari provare a battere la) maggioranza dominante.

Il problema è che questo atteggiamento, che molti alla fine hanno percepito come "snob", ha ridotto enormemente la possibilità che la teoria forgita potesse trasmettere qualcosa di utile alla comunità del Gdr in generale. Alla lunga i forgiti sono riusciti solo a costringere molti giocatori tradizionalisti a rifiutare in blocco qualunque gdr avesse anche solo il sospetto di essere forgita. Ecco uno dei motivi per cui noti che molti sono sospettosi al provare i giochi indie che escono oggi.

 

Cita

In realtà la teoria forgita in sé è meno talebana di quello che molti fanboy che ho visto in azione vorrebbero far credere. Per esempio, Edwards ha anche scritto: "Most role-players I encounter are tired, bitter, and frustrated. My goal in this writing is to provide vocabulary and perspective that enable people to articulate what they want and like out of the activity, and to understand what to look for both in other people and in game design to achieve their goals. The person who is entirely satisfied with his or her role-playing experiences is not my target audience." - che è un punto di vista perfettamente sensato, ma convenientemente dimenticato da molti proponenti dei giochi non tradizionali.

Il Big Model è *uno* strumento a tua disposizione per analizzare il gioco di ruolo. Però devi anche ricordarti che non è l'unico, perché "per l'uomo che ha solo un martello, dopo un po' tutto inizia a sembrare un chiodo".

Sì, concordo anche su questo.
Un'idea in genere non è mai buona o cattiva di per sè: è il modo in cui le persone usano quell'idea a renderla tale. La teoria forgita per me è spesso condivisibile (anche se non concordo di sicuro sulla necessità di dover per forza creare un gioco calibrato su una unica CA o per forza in grado di sostenere certe esperienze di gioco specifiche, per potermi divertire), mentre spesso è stato il modo in cui è stata usata ad aver creato problemi. Sicuramente, come tu stesso sostieni, la teoria forgita ha avuto il grande pregio di contribuire con il migliorare il design del Gdr in generale, anche nel campo tradizionalista.

In effetti, però, credo che la frase che hai quotato di Edwards andrebbe ricordata sempre. L'unica cosa che conta, difatti, è ciò che diverte le persone, indipendentemente dalla logica di design con cui il loro gioco è stato creato. Se i giocatori sono soddisfatti, allora non c'è altro di cui discutere.

Modificato da SilentWolf
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Dovrei odiarti per aver linkato Rythlondar (pure in ciclostile, per mantenere il flavour anni '70), che mi ha rapito alla terza riga e si ruberà qualche ora di sonno.

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Per quanto io ti abbia spesso visto consigliare alla gente di cambiare sistema (spulciando qualche topic, s'intende), sono felice di sapere che c'è qualcuno che non infanga un certa visione del gioco. Abbastanza spesso ho assistito a scenate del tipo "se il DM prepara qualcosa è per forza railroading". La cosa che mi fa ancor più piacere è vedere qualcuno che, pur non condividendo un certo stile di gioco, conosce le varie facce della medaglia e non condanna la gente che si diverte in un modo diverso dal suo.

Quando hai accennato ai "problemi sociali e non", ho subito pensato a questo... Secondo me il vero "cancro" del divertimento in un gdr è pensare che ci sia il modo giusto e il modo sbagliato. Non avevo idea di cosa fosse The Forge, nemmeno sentito nominare in realtà, ma credo che quel fenomeno si sia solo spostato. Una volta erano gli "indie", ora succede anche nei giochi tradizionali.

E credo che la questione OSR e Dragonlance si sia anch'essa spostata... Ora c'è la "guerra" Sandbox vs Trama.

P.S: volevo chiarire che quello che ho detto nelle prime righe non fosse una critica personale, solo che non conoscevo del tutto la tua idea di GdR ^_^

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@SilentWolf avevo tralasciato di rispondere ad alcune cose per mancanza di tempo, e ieri sera era la serata D&D :D

 

On 4/5/2016 at 9:34 PM, SilentWolf said:

Il modello forgita è partito e si è concluso con l'idea che un Gdr è ben fatto quando il suo sistema favorisce/sostiene efficacemente ciò che promette di dare, e ciò che i giocatori si aspettano da lui. Da qui è nata la convinzione che i giochi perfettamente calibrati su una data esperienza fossero necessariamente in grado di soddisfare a pieno le esigenze dei giocatori con quella specifica CA, mentre gli altri si rivelano inevitabilmente insoddisfacenti. Da qui è ulteriormente nata la convinzione di molti forgiti che, di conseguenza, i giochi forgiti avrebbero sostituito presto i giochi tradizionalisti. Eppure così non è stato, considerando poi che i giochi tradizionalisti hanno ancora un forte appeal.
Perchè i giochi tradizionalisti continuano ad attirare pubblico, nonostante non siano in grado di fornire regolamenti capaci di favorire adeguatamente certe aspettative di gioco? Perchè i Gdr tradizionalisti vengono usati da molti giocatori anche per replicare esperienze che quei regolamenti non favoriscono? Perchè là fuori ci sono molti giocatori come me (;-)) che non cercano il regolamento che sostiene perfettamente una data esperienza, ma solo il regolamento ideale da cui partire per ricreare imperfettamente tramite HR numerose esperienze di tipo diverso (modello incarnato in particolare dal d20 System OGL)?

Non credo che fossero in molti a pensare che i giochi non tradizionali (ti invito a non usare il termine giochi "forgiti", perché in realtà pochi gdr non tradizionali sono forgiti in senso stretto) avrebbero letteralmente sostituito i giochi tradizionali. Forse c'era anche qualche pazzo che lo pensava, non lo so; se c'era, si trattava di uno squilibrato che aveva evidentemente perso il senso della realtà. I giochi non tradizionali sono stati (e sono adesso) troppo di nicchia rispetto ai giochi tradizionali per pensare che potessero/possano sostituirli. Tuttavia ci sono un paio di appunti da fare.

I giochi non tradizionali non hanno certamente *sostituito* i giochi tradizionali, però sono stati tutt'altro che irrilevanti. Idee introdotte o popolarizzate dai giochi non tradizionali si sono fatte strada nei giochi tradizionali. Quindi anche se non li hanno sostituiti, non pensare che non abbiano contato niente. Hanno avuto una notevole influenza nel settore. Se non vuoi, l'ispirazione in D&D 5E può essere vista come una meccanica vagamente forgita (molto alla lontana, ma considerando che stiamo parlando di D&D, non è poco). Nella DMG, nel capitolo mi pare 9 (il dungeon master's workshop insomma) ci sono parecchie regole opzionali che sono di palese ispirazione forgita (es i plot points). E indovina un po' chi scriveva su the forge nel 2002 con il nick mearls? Già, Mike Mearls.

Allo stesso tempo, penso che la teoria forgita in senso stretto (cioè così come è formulata, con le tre creative agendas incompatibili tra loro e il gioco "fatto bene" che si concentra sul soddisfarne solo una) non rispecchi perfettamente il gioco reale. Cioè - penso che sia vero che le persone traggano il proprio divertimento da fonti diverse; questo rispecchia la mia esperienza di gioco. E penso anche che le tre CA siano buone approssimazioni per queste fonti di divertimento (anche questo rispecchia la mia esperienza). Quello che non rispecchia la mia esperienza è la loro incompatibilità, sia a livello di gruppo che di singolo giocatore. I giocatori reali che ho conosciuto privilegiavano magari la visione del gdr come esperienza di gioco, però non è che le altre fossero irrilevanti per loro. Cioè, magari il gdr per un giocatore era prevalentemente un'esperienza di gioco, però comunque gli poteva interessare, in minor parte, anche della storia (per dire); magari non era la sua priorità, però se non ci fosse stata l'avrebbe visto come una diminuzione della "completezza" dell'esperienza di gioco (un forgita mi risponderebbe che questo è irrilevante: "It’s like saying because you had lettuce in your hamburger, you were eating vegetarian" e io ri-rispondo: "ok, non abbiamo mangiato vegetariano, però ai miei giocatori l'hamburger senza la lattuga sarebbe piaciuto meno"). Anche a livello di gruppo più o meno valeva lo stesso - nel senso, essere tutti sulla stessa pagina è *fondamentale* per avere un'esperienza godibile (es. come tono del gioco, stile di gioco, etc etc), però nella mia esperienza non è così vero che tutti dobbiamo dare la priorità assoluta allo stesso aspetto del gioco altrimenti non ci divertiamo. Sì, poi c'è anche il giocatore che vuole la storia, e si annoia quando il tavolo si sofferma sugli aspetti più "giocosi" - come c'è quello che vuole solo giocare, e si annoia quando "non si combatte" - però, almeno nella mia esperienza, questi giocatori sono più l'eccezione che la regola. Tipo, al mio tavolo ci sono stati regolarmente giocatori dalle CA incompatibili, però quando es. capitava il combattimento emozionante, interessante dal punto di vista "giocoso", ci esaltavamo tutti; quando capitava, nel caos organizzato del sandbox, che venisse per caso fuori una storia emozionante, eravamo tutti contenti (me compreso, che pure della storia mi interessa il giusto). Non ho idea se il mio caso sia riconducibile alle teorie della forgia oppure no - per come l'ho capita io, no; magari però non le ho capite bene, non so.

Io comunque penso che questa situazione sia molto diffusa. Per esempio, D&D 4E è (secondo molti e anche secondo me) un gioco di forte ispirazione forgita - è un gioco di impostazione super gamista, dove qualunque altro aspetto che non fosse funzionale alla visione "questo gdr è un gioco" fu eliminato. Non me ne vogliano gli appassionati, ma D&D 4E è un "gioco per computer su carta" (se mi concedi l'ossimoro). E infatti i forgiti parlano benissimo di D&D 4E (davvero!), perché secondo le teorie forgite è un gioco fatto bene.

Eppure D&D 4E è stato anche un flop. Anche i giocatori più "gamisti" l'hanno odiato, a detta di molti perché gli mancava qualcosa: non sembrava più un gdr. Forse qualcuno direbbe che D&D 4E è odiato perché i giocatori tradizionali "mentono" e non sanno cosa vogliono (del resto noi poveri giocatori tradizionali facciamo solo finta di divertirci). Certo, si può discutere sul fatto che D&D 4E sia stato un flop anche perché era "troppo diverso" - sicuramente le cause del flop della 4E sono complesse e multifattoriali, alcune sono da ricondurre anche a un mismanagement che c'è stato da parte della WotC. Secondo me però è da ricollegare anche a questa cosa qui sopra.

Detto questo, come ben sai, penso lo stesso che il regolamento di un gioco sia molto importante per favorire una certa esperienza di gioco.

On 4/6/2016 at 0:26 PM, SilentWolf said:
  • Narrativista: passione per la narrazione di una storia e per l'approfondimento di un tema all'interno della storia.
  • Simulazionista: passione per l'esplorazione di un mondo e/o di un personaggio, ovvero la passione per l'idea di poter concretamente "vivere" quel mondo attraverso il Gdr o indossare quei panni domandandosi cosa significa

Quella di narrativismo è un po' diversa per come l'ho capita io, ma preferisco non parlare di cose che non so. Su quella di simulazionismo non sono sicuro di quale sia la definizione "giusta" (sebbene sia la CA in cui forse mi riconosco di più), però non credo che ci sia questa cosa dell'esplorazione del personaggio con le sue motivazioni - è più un discorso di esplorare una realtà fittizia o addirittura un genere (letterario, di cinema etc). Per esempio, magari la mia CA simulazionista ha a che fare con il simulare Tolkien: in questo caso io godo tantissimo se riesco a trovare un modo per simulare esattamente le atmosfere e i racconti di Tolkien nelle mie partite. Questa almeno è come l'ho capita io. Talvolta il simulazionismo ha a che fare con il realismo, ma non è detto. Poi boh, se sei curioso chiedi a qualcuno che ci capisce di queste cose :D

On 4/6/2016 at 0:26 PM, SilentWolf said:

Alla lunga i forgiti sono riusciti solo a costringere molti giocatori tradizionalisti a rifiutare in blocco qualunque gdr avesse anche solo il sospetto di essere forgita. Ecco uno dei motivi per cui noti che molti sono sospettosi al provare i giochi indie che escono oggi.

Molto vero.

On 4/6/2016 at 0:26 PM, SilentWolf said:

Questo può capitare facilmente quando si inizia a parlare di cose via via sempre più astratte. Il modo migliore per evitare fraintendimenti è rimanere in qualche modo sempre collegati all'esperienza pratica (anche se non bisogna mai cascare nemmeno nell'errore di credere che tutti nella vita pratica vivono e percepiscono le cose nello stesso modo). Più si astrae, più si rischia di parlare di aria...e più si parla di aria, più diventa facile che i confini dei concetti risultino sfumati, interpretabili a seconda del pensiero del singolo.

Nell'ambito delle discussioni sembra che si parli di aria fritta, ma in realtà non è così. Al contrario, è tutto molto concreto. Per esempio, nell'ambito della forgia fu introdotto il concetto dell'actual play - per discutere dei giochi, è necessario riportare dei "log" del gioco effettivo, così che se ne possa parlare in concreto. Non sembra, ma molte delle discussioni che si facevano lì avevano le loro basi in fatti concreti - anzi, direi che le teorie della forgia sono nate *perché* loro hanno cercato di confrontarsi con il gioco effettivo, reale, invece che con un concetto idealizzato di gioco che non esisteva. Da un certo punto di vista, l'intero movimento di The Forge è nato perché un po' di gente ha notato che sul manuale di Vampire: The Masquerade c'era scritto che era un gioco dove contava la storia etc etc, e poi però giocavi *concretamente* e non era vero niente. E si è inc*zzata perché le aspettative non reggevano al gioco concreto, reale. Non so se mi segui.

@Lord Delacroix Grazie. Faccio notare comunque che è verissimo che io ho consigliato talvolta di cambiare sistema, ma io consiglio di cambiare sistema quando penso che l'altra persona sarebbe più soddisfatta con l'altro sistema. Cioè, non è che consiglio di cambiare sistema per sport, o per il gusto di far smettere la gente di giocare al sistema X; lo faccio quando mi rendo conto che una persona vuole fare una cosa, ma sta usando un sistema con cui quella cosa non viene molto bene. E tante volte lo so per esperienza personale che La Cosa non viene bene perché l'ho provato. Tipo, io consiglio spessissimo Dread per i one shot horror - ma non è che lo consiglio a caso, lo consiglio perché ho provato diverse volte a fare le stesse cose con altri sistemi, ma con Dread mi è venuto meglio. Poi c'è quello che mi dice "eh ma con D&D viene bene uguale" - Ah sì? Hai provato a fare i one shot horror sia con D&D che con Dread? Perché io provato entrambi e nella mia esperienza non c'è paragone - per cui mi permetto di dissentire.  E per la cronaca, ci sono state anche persone (anche su questo forum) che mi hanno ringraziato per avergli fatto conoscere dei giochi che erano più adatti a loro. Io da parte mia sono contento se sono riusciti a trovare giochi più affini ai loro gusti.

Modificato da greymatter
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3 ore fa, Lord Delacroix ha scritto:

Ora c'è la "guerra" Sandbox vs Trama.

Più che altro, è Accordo tra giocatori vs Illusionismo. Non c'è niente di male nel giocare una trama, c'è del male nel far credere di non farlo e poi mascherare la cosa.

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2 ore fa, greymatter ha scritto:

Non credo che fossero in molti a pensare che i giochi non tradizionali (ti invito a non usare il termine giochi "forgiti", perché in realtà pochi gdr non tradizionali sono forgiti in senso stretto) avrebbero letteralmente sostituito i giochi tradizionali. Forse c'era anche qualche pazzo che lo pensava, non lo so; se c'era, si trattava di uno squilibrato che aveva evidentemente perso il senso della realtà. I giochi non tradizionali sono stati (e sono adesso) troppo di nicchia rispetto ai giochi tradizionali per pensare che potessero/possano sostituirli. Tuttavia ci sono un paio di appunti da fare.

I giochi non tradizionali non hanno certamente *sostituito* i giochi tradizionali, però sono stati tutt'altro che irrilevanti. Idee introdotte o popolarizzate dai giochi non tradizionali si sono fatte strada nei giochi tradizionali. Quindi anche se non li hanno sostituiti, non pensare che non abbiano contato niente. Hanno avuto una notevole influenza nel settore. Se non vuoi, l'ispirazione in D&D 5E può essere vista come una meccanica vagamente forgita (molto alla lontana, ma considerando che stiamo parlando di D&D, non è poco). Nella DMG, nel capitolo mi pare 9 (il dungeon master's workshop insomma) ci sono parecchie regole opzionali che sono di palese ispirazione forgita (es i plot points). E indovina un po' chi scriveva su the forge nel 2002 con il nick mearls? Già, Mike Mearls.

Sì, sì, ma infatti su tutto questo siamo perfettamente d'accordo. :)
Pure io ho concordato nei miei precedenti post a questo articolo su queste cose. ;-)

Sono, in particolare, d'accordissimo sul fatto che le teorie forgite hanno contribuito a migliorare notevolmente i Gdr tradizionali. D&D 5a, ad esempio, deve molti dei suoi punti forti allo spirito che le teorie forgite hanno originato. Basta anche solo considerare la sua notevole semplificazione rispetto alle ultime 3-4 edizioni di D&D.....

Sul fatto di chiamare Gdr "forgiti", non l'ho fatto per mancanza di rispetto... ;-)
Semplicemente non sono perfettamente sicuro su come chiamarli per rendere perfettamente chiaro di che giochi stiamo parlando (come tu stesso riconosci, c'è molta confusione in giro fra giochi indie e giochi tradizionalisti e, mi sono reso conto, parlare di giochi non tradizionalisti non aiuta molto a chiarire le categorie). So che i fan delle teorie forgite in genere si riferiscono ai giochi nati per corrispondere a quelle teorie con l'espressione New Wave, ma non sono sicuro al 100% che il termine sia perfettamente valido per rappresentare la categoria.

2 ore fa, greymatter ha scritto:

Allo stesso tempo, penso che la teoria forgita in senso stretto (cioè così come è formulata, con le tre creative agendas incompatibili tra loro e il gioco "fatto bene" che si concentra sul soddisfarne solo una) non rispecchi perfettamente il gioco reale. Cioè - penso che sia vero che le persone traggano il proprio divertimento da fonti diverse; questo rispecchia la mia esperienza di gioco. E penso anche che le tre CA siano buone approssimazioni per queste fonti di divertimento (anche questo rispecchia la mia esperienza). Quello che non rispecchia la mia esperienza è la loro incompatibilità, sia a livello di gruppo che di singolo giocatore. I giocatori reali che ho conosciuto privilegiavano magari la visione del gdr come esperienza di gioco, però non è che le altre fossero irrilevanti per loro. Cioè, magari il gdr per un giocatore era prevalentemente un'esperienza di gioco, però comunque gli poteva interessare, in minor parte, anche della storia (per dire); magari non era la sua priorità, però se non ci fosse stata l'avrebbe visto come una diminuzione della "completezza" dell'esperienza di gioco (un forgita mi risponderebbe che questo è irrilevante: "It’s like saying because you had lettuce in your hamburger, you were eating vegetarian" e io ri-rispondo: "ok, non abbiamo mangiato vegetariano, però ai miei giocatori l'hamburger senza la lattuga sarebbe piaciuto meno"). Anche a livello di gruppo più o meno valeva lo stesso - nel senso, essere tutti sulla stessa pagina è *fondamentale* per avere un'esperienza godibile (es. come tono del gioco, stile di gioco, etc etc), però nella mia esperienza non è così vero che tutti dobbiamo dare la priorità assoluta allo stesso aspetto del gioco altrimenti non ci divertiamo. Sì, poi c'è anche il giocatore che vuole la storia, e si annoia quando il tavolo si sofferma sugli aspetti più "giocosi" - come c'è quello che vuole solo giocare, e si annoia quando "non si combatte" - però, almeno nella mia esperienza, questi giocatori sono più l'eccezione che la regola. Tipo, al mio tavolo ci sono stati regolarmente giocatori dalle CA incompatibili, però quando es. capitava il combattimento emozionante, interessante dal punto di vista "giocoso", ci esaltavamo tutti; quando capitava, nel caos organizzato del sandbox, che venisse per caso fuori una storia emozionante, eravamo tutti contenti (me compreso, che pure della storia mi interessa il giusto). Non ho idea se il mio caso sia riconducibile alle teorie della forgia oppure no - per come l'ho capita io, no; magari però non le ho capite bene, non so.


Sì, pure io credo che le CA siano compatibili, in quanto uno stesso giocatore può avere interesse per CA diverse. Una persona potrebbe essere sia Simulazionista che Gamista e trarre interesse da entrambe le esperienze di gioco. La teoria forgita ha eccesivamente astratto il concetto di CA, andando a creare categorie perfettamente spearate che, però, nella realtà non sono necessariamente così separate..spesso sono anzi mischiate fra loro.
E questo che intendevo prima con il "astraendo troppo si rischia di parlare di aria". Le 3 CA sono buone categoriazzioni astratte che, però, molto raramente possono essere trovate perfettamente così divise nel mondo reale.

Potendo le persone avere interessi, per più cose contemporaneamente, anche se di grado differente, può essere tranquillamente fattibile che giocatori, ad esempio, in particolar modo gamisti siano interessati anche a esperienze, non so, narrativiste.

Come tu dici, il problema nasce solo quando non si è del tutto proprio "sulla stessa pagina". Ma è, comunque, sempre una inconciliabilità fra i gusti dei gicoatori, non sulle 3 CA di per sè. Se in un gruppo tutti sono interessati a giocare in modo Gamista e tu non lo sei, inevitabilmente non sarai mai in sintonia con gli altri (mi è capitato personalmente).

La compatibilità dipende dalle persone, più che dalle CA, secondo me.

 

Cita

Io comunque penso che questa situazione sia molto diffusa. Per esempio, D&D 4E è (secondo molti e anche secondo me) un gioco di forte ispirazione forgita - è un gioco di impostazione super gamista, dove qualunque altro aspetto che non fosse funzionale alla visione "questo gdr è un gioco" fu eliminato. Non me ne vogliano gli appassionati, ma D&D 4E è un "gioco per computer su carta" (se mi concedi l'ossimoro). E infatti i forgiti parlano benissimo di D&D 4E (davvero!), perché secondo le teorie forgite è un gioco fatto bene.

Eppure D&D 4E è stato anche un flop. Anche i giocatori più "gamisti" l'hanno odiato, a detta di molti perché gli mancava qualcosa: non sembrava più un gdr. Forse qualcuno direbbe che D&D 4E è odiato perché i giocatori tradizionali "mentono" e non sanno cosa vogliono (del resto noi poveri giocatori tradizionali facciamo solo finta di divertirci). Certo, si può discutere sul fatto che D&D 4E sia stato un flop anche perché era "troppo diverso" - sicuramente le cause del flop della 4E sono complesse e multifattoriali, alcune sono da ricondurre anche a un mismanagement che c'è stato da parte della WotC. Secondo me però è da ricollegare anche a questa cosa qui sopra.

Detto questo, come ben sai, penso lo stesso che il regolamento di un gioco sia molto importante per favorire una certa esperienza di gioco.

Ma, in effetti, D&D 4a è stato un flop in particolare proprio per quel motivo.
Cercare di dare una impronta chiaramente Gamista al gioco, ha spinto a creare un regolamento che è finito con l'essere troppo radicalmente diverso da quello a cui la media dei giocatori di D&D si era abituata.

Sì, garantire un sistema che favorisce una certa esperienza di gioco è importante (fino a un certo punto, tuttavia, secondo il mio modo di pensare), ma non bisogna mai pensare di poter fare i conti senza l'oste. ;-)
Come ti dicevo altrove, non bisogna mai sottovalutare e dimenticare il fattore umano. ;-)

I giocatori di D&D erano abituati a un gioco che non imponeva loro una specifica CA (non sapevano e molti ancora non sanno cosa significa Creative Agenda, per di più), ma a un gioco che consentiva loro di spaziare liberamente verso una o l'altra esperienza, a seconda del loro gusto (anche se imperfettamente; c'è un motivo se la gente è pronta così tanto a difendere a spada tratta l'imperfezione di cui sono tanto appassionati ;-)).
Quando i designer di D&D hanno proposto loro un gioco che li costringeva a giocare in un modo solo, presentando meccaniche troppo diverse da quelle a cui si erano abituati, il risultato è stato il rifiuto.

Ai giocatori di D&D non interessa un regolamento che favorisca la CA gamista. Vogliono un gioco che consenta loro di giocare alle campagne che vogliono, a prescindere dalla CA da loro scelta. La 4a edizione è stata vissuta come troppo distante dall'abitudinario e come un entrare a gamba tesa nell'autonomia creativa dei giocatori.

Sì, è vero, avere un regolamento che favorisca un'esperienza di gioco è importante. Ma in questi anni, secondo me, ci si è talmente concentrati su ciò che un regolamento deve favorire, dal sottovalutare il fatto che i giocatori non vogliono nemmeno che un regolamento li limiti più del dovuto.
Un gioco deve favorire, ma non deve limitare.
Se un gioco viene percepito come limitante, lo si ignora o lo si modifica. ;-)

E la limitazione non è una cosa che nasce solo dalla mancanza di regole che favoriscano una certa esperienza, ma anche dalla decisione dei designer di imporre una certa direzione al regolamento di un gioco.
Credo sia questo, se ho ben capito la tua esperienza personale, ciò che hai vissuto con Dogs in the Vineyard.
Hai percepito che il regolamento contribuiva a spezzare l'immersività, se ho capito giusto, in quanto le meccaniche entravano a gamba tesa nella tua personale esperienza di gioco, limitando la tua immersività.
E' la stessa cosa che ho pure io percepito con Cani nella Vigna.
Il regolamento favoriva un'esperienza, ma mi limitava nell'immersività.

 

2 ore fa, greymatter ha scritto:

Quella di narrativismo è un po' diversa per come l'ho capita io, ma preferisco non parlare di cose che non so. Su quella di simulazionismo non sono sicuro di quale sia la definizione "giusta" (sebbene sia la CA in cui forse mi riconosco di più), però non credo che ci sia questa cosa dell'esplorazione del personaggio con le sue motivazioni - è più un discorso di esplorare una realtà fittizia o addirittura un genere (letterario, di cinema etc). Per esempio, magari la mia CA simulazionista ha a che fare con il simulare Tolkien: in questo caso io godo tantissimo se riesco a trovare un modo per simulare esattamente le atmosfere e i racconti di Tolkien nelle mie partite. Questa almeno è come l'ho capita io. Talvolta il simulazionismo ha a che fare con il realismo, ma non è detto. Poi boh, se sei curioso chiedi a qualcuno che ci capisce di queste cose :D

Non so, ti riferisco le definizioni che mi sono state spiegate da diversi fan delle teorie forgite su un altro forum, almeno un paio di anni fa.
Non ho idea se corrispondano o meno perfettamente alla definizione originale di Edwards. Leggendo in giro, semplicemente, fin ora non ho mai avuto una smentita, quantomeno....
Credo che non riusciremo mai ad avere una certezza definitiva sulla cosa....:D

In ogni caso, nel Simulazionismo credo proprio sia coinvolto anche l'esplorazione del PG. Da uno dei siti che hai pure tu citato, ecco la pagina del Big Model:
http://rpgmuseum.wikia.com/wiki/The_Big_Model

Riguardo alla Spiegazione del Simulazionismo si può leggere:

"Simulationism

The Right to Dream focuses on the elements of exploration as things unto themselves. This creative agenda emphasizes appreciation for nuanced development of character, setting, and color to no other end than creating a holistically consistent experience. While one simulationist creative agenda may emphasize realism, another may attempt to emulate "four-color" superhero action. Whatever the target, the goal is to create an experience that neatly fits its parameters."

 

Da quello che mi è stato spiegato, il Simulazionismo è una categoria molto ampia in cui rientrano una grande quantità di categorie diverse, tutte interessate però a sperimentare in maniera concreta un aspetto del mondo immaginario. Alcuni hanno interesse a "vivere" il mondo di gioco, altri a "vivere" il PG, altri a "vivere" le esperienze collegate a uno specifico genere. Anche il modo in cui questa esperienza è vissuta, può cambiare da giocatore a giocatore. Spesso capita che i Simulazionisti abbiano interesse a sperimentare un po' tutte queste cose.

Su queste basi posso dirti, ad esempio, che io sono in particolar modo Simulazionista.
A me piace esplorare cosa significa giocare in un mondo gotico, mi interessa poter vivere cosa significa essere un pistolero negli USA del 1800, mi interessa riflettere su cosa significhi essere un vampiro, mi interessa esplorare le implicazioni del carattere e del passato del mio PG, mi interessa giocare a una Terra di Mezzo corrispondete il più possibile a quella dei romanzi.
Sono gamista, invece, quando si tratta di giocare a campagne politiche, in cui il gioco s'incentra sulla scalata di potere del gruppo di PG.

 

 

Cita

Nell'ambito delle discussioni sembra che si parli di aria fritta, ma in realtà non è così. Al contrario, è tutto molto concreto. Per esempio, nell'ambito della forgia fu introdotto il concetto dell'actual play - per discutere dei giochi, è necessario riportare dei "log" del gioco effettivo, così che se ne possa parlare in concreto. Non sembra, ma molte delle discussioni che si facevano lì avevano le loro basi in fatti concreti - anzi, direi che le teorie della forgia sono nate *perché* loro hanno cercato di confrontarsi con il gioco effettivo, reale, invece che con un concetto idealizzato di gioco che non esisteva. Da un certo punto di vista, l'intero movimento di The Forge è nato perché un po' di gente ha notato che sul manuale di Vampire: The Masquerade c'era scritto che era un gioco dove contava la storia etc etc, e poi però giocavi *concretamente* e non era vero niente. E si è inc*zzata perché le aspettative non reggevano al gioco concreto, reale. Non so se mi segui.

Sì, quello che dici è verissimo.
Quando ho scritto che si rischia di parlare di aria (non di aria fritta), mi riferivo alla tendenza ad astrarre sempre più, fino a confondere la definizione astratta con la realtà. E' vero che i forgiti hanno introdotto il concetto del parlare di "esperienze di gioco giocato", ma se tali esperienze le si espone a partire da modi di schematizzare la realtà non più coerenti con la realtà stessa, il rischio è quello di finire con il parlare di cose non più reali....e di scegliere solo gli esempi di "gioco giocato" che provano la teoria di cui già si è convinti, facendo finta che non esistano tutti quei casi che smentiscono l'esistenza della teoria nel mondo reale.

E' quello che hai percepito riguardo alla questione delle 3 CA, descritte come incompatibili.
La divisione delle passioni dei giocatori in 3 CA è ottima, perchè aiuta a comprendere 3 aspetti che prima si sottovalutavano. Nel mondo reale, tuttavia, le 3 CA non esistono in maniera così distinta come nella teoria. Chi cerca di descrivere la realtà come semplicemente costituita da gruppi separati di giocatori gamisti, giocatori simulazionisti e giocatori narrativisti, si è molto probabilmente talmente convinco dell'assolutezza e veridicità della sua teoria da aver iniziato a parlare di aria (definizioni astratte) e non più della realtà.

Parlare del "gioco giocato" è importantissimo, ma a volte non basta. ;-)

Modificato da SilentWolf
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2 ore fa, Drimos ha scritto:

Più che altro, è Accordo tra giocatori vs Illusionismo. Non c'è niente di male nel giocare una trama, c'è del male nel far credere di non farlo e poi mascherare la cosa.

Dipende da quello che uno intende con illusionismo... Mi spiego:

Se il DM, per dire, fa sì che le cose "vadano a favore della Trama", ciò può anche andarmi bene... Sarà che nel mio gruppo trama e scelte dei PG non erano così divergenti o non abbiamo mai avuto di questi problemi... Ovvio che se uno si "arrampica sugli specchi" o ci mette una pezza in maniera balorda, probabilmente non ne sarei entusiasta...

Poi comunque come ha detto greymatter, dipende uno cosa cerca... Ad esempio io, per quanto mi stia divertendo in una campagna sandbox (sì intendo il Giga-pbf di un utente del forum) , probabilmente non la giocherei a meno che non ci sia comunque una trama di fondo, un filo conduttore, un qualcosa che si muove a prescindere dalle mie mosse.

Dopo, per carità, l'esperienza soggettiva fa sempre da padrona, comunque non giustifica un individuo a dire che un modo di vedere le cose è sbagliato a prescindere (purtroppo per me ho avuto a che fare con gente un po' NAZI quando si parla di GdR).

Modificato da Lord Delacroix
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15 hours ago, Lord Delacroix said:

Dipende da quello che uno intende con illusionismo...

Illusionismo vuol dire che il DM ha una trama predeterminata, in cui le tue scelte contano poco nulla, ma te la fa seguire facendoti credere che invece le tue scelte hanno un peso sullo sviluppo della stessa.

Per esempio, è illusionismo quando il DM ha già deciso che, al fine di creare un combattimento finale drammatico e ricco di pathos, il gruppo arriverà alle rovine del tempio quando i cultisti saranno in procinto di completare il rituale, così che possano fermarli all’ultimo minuto. Quindi:

* se i personaggi si teletrasportano e ci arrivano in 2 minuti, arrivano negli ultimi minuti prima del completamento del rituale;
* se i personaggi ci vanno a cavallo e ci mettono due ore, arrivano lo stesso negli ultimi minuti prima del completamento del rituale.
* se i personaggi ci vanno a piedi e ci mettono un giorno, arrivano lo stesso negli ultimi minuti prima del completamento del rituale
* se i personaggi se la prendono comoda e ci vanno dopo una settimana, arrivano comunque negli ultimi minuti prima del completamento del rituale

Le scelte dei giocatori non contano più nulla, ma i giocatori (in teoria) non lo sanno. "Oh no, ci siamo andati a cavallo e siamo arrivati appena in tempo! Avremmo dovuto teletrasportaci..."

Se fossi uno dei giocatori di questo gruppo, a me una roba del genere farebbe girare le palle. E non esito a dire che questo, 9 volte su 10, non costituisce un buon modo di fare il GM. Però magari ci sono dei (rari) gruppi che *vogliono* una cosa del genere (cioè esperire la storia predeterminata sapendo che le loro scelte non avranno grande peso). Se hanno espresso una tale preferenza al GM, allora niente da ridire: ognuno si diverte come vuole. Io ne ho conosciuti pochissimi di giocatori così, però devo dire che ci sono.

Per contrasto, in una campagna senza una storia predeterminata, il DM sa che il rituale inizia alle ore X e viene completato in 2 ore. I giocatori potrebbero arrivare prima che il rituale sia iniziato, durante il rituale, o a rituale completato. Questo tipo di campagna è difficile anche perché il DM deve avere un grande autocontrollo e rimanere imparziale e onesto. Se i giocatori arrivano prima che il rituale sia iniziato, quando i cultisti sono impreparati, probabilmente il combattimento sarà anticlimatico - qualunque DM sentirebbe la tentazione di farli arrivare a rituale iniziato per aggiungere un po' di pepe al combattimento (anche io sentirei la tentazione del lato oscuro). Però per preservare il peso delle scelte dei giocatori (che magari hanno speso migliaia di monete d'oro appositamente per potersi teletrasportare e arrivare rapidamente), devi essere onesto e accettare che il combattimento sarà, per questa volta, privo di pathos.

15 hours ago, Lord Delacroix said:

Sarà che nel mio gruppo trama e scelte dei PG non erano così divergenti o non abbiamo mai avuto di questi problemi...

Perché evidentemente seguivate volontariamente la storia. Come ho scritto nel post, alcuni chiamano questa dinamica di gruppo "partecipazionismo" - e va benissimo.

 

Spoiler

 Si aspettano una storia, e fanno del loro meglio per seguirla; quando non la seguono, si aspettano che il DM li rimetta sulla strada. Questo è talvolta chiamato partecipazionismo, nel senso che i giocatori partecipano volontariamente alla storia creata dal DM (anziché subirla). C’è partecipazionismo, se vogliamo usare questo termine, quando i giocatori: a) sono consapevoli che c’è una storia prestabilita da seguire; b) sono d’accordo che ci sia questa storia; c) riconoscono che gestire la storia è responsabilità del DM; e infine d) sono d’accordo che il DM faccia il necessario per far sì che la storia vada avanti.

 

15 hours ago, Lord Delacroix said:

un qualcosa che si muove a prescindere dalle mie mosse.

Guarda che è nel sandbox che le cose si muovono a prescindere dalle tue mosse. È quando c'è la storia predeterminata che l'esercito degli orchi attaccherà il villaggio quando i giocatori arrivano giusto in tempo per fermarli (perché fa la storia migliore) - e finché non arrivano non si muove niente. Nel sandbox, l'esercito degli orchi attacca il villaggio al giorno X alle ore Y; se qualcuno li ferma prima, bene. Se però i giocatori arrivano tardi, trovano il villaggio bruciato.

15 hours ago, Lord Delacroix said:

è sbagliato a prescindere

Ci sono delle pratiche che sono sbagliate a prescindere. Ingannare i giocatori è una di queste.

La storia predeterminata non è sbagliata a prescindere se i giocatori hanno detto al DM che a loro va bene che ci sia una storia. Barare non è sbagliato a prescindere se i giocatori sanno che rientra tra le cose che può fare il DM, e sono d'accordo che ogni tanto lo faccia.

È sbagliato quando il GM bara senza dire nulla a nessuno, o quando cerca di far credere che le scelte dei giocatori hanno un peso ma non è vero - perché li sta ingannando.
 

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21 ore fa, greymatter ha scritto:

[Concetto di Illusionismo]

Ok posso capire che può far girare le balle vederti troncare l'idea geniale, però, almeno dal mio punto di vista, non sempre fioccano i teletrasporti (o quando li hai a disposizione sono meno "decisivi", per quanto vadano presi ad occhi chiusi lo stesso).

Ok non sarò mai arrivato a livelli altissimi (e le forse 2 volte che c'ero non ero proprio a conoscenza di tutto ciò che avrei potuto fare con gli incantesimi), però credo che, nonostante le possibilità potenziali, non sempre sia possibile attingere al 100% del proprio potenziale in qualunque momento. Alcuni esempi: slot quasi esauriti, dover ricoprire urgentemente un ruolo inaspettato e scegliere di conseguenza le magie, poca lungimiranza o pessima scelta di incantesimi, "momenti di mona" durante gli scontri o in situazioni particolari.

21 ore fa, greymatter ha scritto:

"partecipazionismo"

Allora il fatto che ci sia una storia, almeno a me, va bene. Il fatto che la seguo dipende principalmente da quanto mi coinvolge (non sono un giocatore molto difficile da accontentare in realtà).

Per quanto riguarda le scelte ininfluenti, la scorsa campagna di PF ha in realtà palesato l'esatto contrario. La cosa divertente è che il DM aveva previsto una certa mossa da parte nostra (al 99% sarebbe andata così), però all'ultimo momento sono cambiate le carte in tavola e abbiamo deciso diversamente.
Invece l'attuale campagna di PF, per quanto abbia una storia o trama che dir si voglia, comunque reagisce alle nostre scelte... Probabilmente ci saremmo cacciati nei guai con una certa scelta.

Questo per dire che, per quanto la storia possa essere predeterminata, non per forza debba essere tutto prestabilito (come, ad esempio, l'immortalità dei PG in quanto pubblico e personaggi allo stesso tempo). Oltretutto non ho mai avuto l'impressione di seguire ciecamente la trama perché di sì. Se l'ho seguita è stato perché mi ha intrigato, non credo avrei fatto lo stesso solo perché "il DM si è preparato questo e fa brutto dirgli che la cosa non ti è piaciuta".

21 ore fa, greymatter ha scritto:

Guarda che è nel sandbox che le cose si muovono a prescindere dalle tue mosse.

Non capisco perché debba capitare solo in quel contesto. La storia predeterminata, non prestabilita, deve adattarsi allo scenario voluto dal DM (e ci credo, l'ha ideata lui!). Non vedo perché il fatto che il mondo "vada avanti anche senza di me" debba esistere solo nel sandbox.
Ovvio che se raggruppiamo gli elementi in generi ben definiti, perché riteniamo questi di proprietà di quello specifico insieme, capisco perché si possa preferire un "Gameplay" rispetto all'altro (ho usato gameplay in maniera impropria di proposito, play-style non mi piaceva granché).

21 ore fa, greymatter ha scritto:

Ci sono delle pratiche che sono sbagliate a prescindere. Ingannare i giocatori è una di queste.

E fin qua ci siamo. Però se uno definisce ingannare il giocatore come: "E' impossibile che la figlia del locandiere resista al mio fascino! Ho fatto un 18 di dado +XYZ per sedurla...", abbiamo un serio problema a mio parere. L'esempio è volutamente scemo ed estremizzato di proposito. In nocciolo è: stai giocando un "eroe" oppure stai giocando un ca****e?"

Per carità può essere che la situazione più ridicola e improponibile possa portare conseguenze anche serie, ma non sempre può valere la pena di sfruttare eventi scatenati da palesi For Teh Lulz solo perché sennò il giocatore si sente privato della sua libertà.

21 ore fa, greymatter ha scritto:

La storia predeterminata non è sbagliata a prescindere se i giocatori hanno detto al DM che a loro va bene che ci sia una storia. Barare non è sbagliato a prescindere se i giocatori sanno che rientra tra le cose che può fare il DM, e sono d'accordo che ogni tanto lo faccia.

Se il "barare" porta a risvolti inaspettatamente avvincenti e coerenti, allora per me barare cessa di rappresentare un problema. Ma di certo non voglio che il DM mi dica: "Ragazzi siccome mi è appena venuta in mente una figata pazzesca, la faccio succedere." Anche se ignori il risultato che è uscito, io non lo saprò mai o il nuovo sviluppo mi soddisfa e al diavolo cosa lo ha generato. E il clima che si è creato al tavolo ne risente tantissimo se si "spoilera" l'azione.

21 ore fa, greymatter ha scritto:

È sbagliato quando il GM bara senza dire nulla a nessuno, o quando cerca di far credere che le scelte dei giocatori hanno un peso ma non è vero - perché li sta ingannando.

Più che avvisare i giocatori che si possono alterare le cose "per il bene superiore", sarebbe bene che i giocatori spiegassero le motivazioni che li portano a fare una certa scelta.  Se ciò avviene perché "tanto possiamo fare di tutto" e giustificare ogni cavolata insignificante, credo non sia da colpevolizzare. Al contrario, se il DM obbietta una scelta logica per motivi idioti è colpevole tanto quanto il giocatore del primo caso.

Ho fatto qualche sessione di un sandbox con un altro gruppo e, per quanto mi sia tenuto queste impressioni per me, mi sono annoiato a morte. Decidere tutto in base al caso o al tiro dei dadi (inteso come tirare i d% per vedere se si verifica qualcosa o meno), sperare e/o aver la presunzione di far nascere eventi importanti anche dalla scazzottata in locanda, mi danno abbastanza fastidio.

Poi è sempre questione di gusti e nessuno si diverte meglio rispetto agli altri. Ma processare il DM perché non ha spostato l'attenzione su un "teatrino" inutile, non mi sembra equo.

P.S: non ti sto mettendo in bocca parole che non hai detto o concetti che non hai espresso, voglio solo chiarire maggiormente il mio punto di vista. Spero di esserci riuscito.

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1 ora fa, Lord Delacroix ha scritto:

Non capisco perché debba capitare solo in quel contesto. La storia predeterminata, non prestabilita, deve adattarsi allo scenario voluto dal DM (e ci credo, l'ha ideata lui!). Non vedo perché il fatto che il mondo "vada avanti anche senza di me" debba esistere solo nel sandbox.

In effetti, in realtà esiste anche una versione ibrida, che mixa il Sandbox con un minimo di Railroad. Un esempio di questo ibrido è mostrato dai manuali del Nuovo Mondo di Tenebra (oramai Crnache di Tenebra), come Vampiri il Requiem.
@greymatter dice che il "mondo va avanti anche senza di me" esiste solo nel Sandbox, perchè per definizione così è. Dal punto di vista del gioco pratico, in realtà spesso le cose sono un po' più sfumate (come, ad esempio, il modello descritto dal Nuovo Mondo di Tenebra), ma se si considera la questione dal punto di vista delle definizioni in realtà le cose sono nettamente separate:

  • Rairload: il DM costruisce una storia a binari predefiniti, a cui i PG sono vincolati; qualunque cosa facciano, i PG rimarranno sempre sui binari prefissati.
     
  • Sandbox: il DM costruisce solo scenario (il setting) e PNG, lasciando che la storia si costruisca spontaneamente attraverso l'azione dei PG e la conseguente reazione dei PNG; i giocatori hanno l'opportunità di far evolvere la storia in modi che il DM non si aspetta e il mondo può evolversi senza bisogno di rimanere vincolato a una storia già scritta.

Queste sono le due definizioni.
Quindi, parlando delle due definizioni, il railroad impone sempre dei binari, mentre il Sandobx non ne impone mai. E' un po' come dire che il rosso è rosso, mentre il verde è verde. Il rosso non è in parte verde, ma è sempre rosso.

Semplicemente, come ho scritto più su, è nell'atto pratico del gioco che le cose sono in realtà più sfumate.
Questo succede perchè, nonostante le due definizioni rimangono di per loro rigidamente immutabili, quando le persone giocano mixano in maniera più o meno spontanea le due tecniche di gioco.
Raramente i giocatori giocano puramente Sandbox o puramente Railroad (nel primo caso perchè il puro Sandbox è un po' più difficile da gestire e, quindi, molti DM non riescono a entrarci in confidenza; nel secondo caso, con il passare del tempo molti DM scoprono che il puro Railroad limita talmente tanto i giocatori da far innervosire quelli più esperti). Nella maggioranza dei casi, le campagne di ruolo sono gestite all'atto pratico come un mix fra le due tecniche.
I DM, ognuno a loro modo, cercano la miscela che per lui/lei funziona meglio.

Una delle miscele secondo me più interessanti è proprio quella suggerita dal Nuovo Mondo di Tenebra, ovvero un Sandbox con alcuni "hub" o punti nodali fissi: i PG sono liberi di influenzare lo svolgimenti degli eventi nel mondo di gioco, ma ci sono alcuni punti della storia che sono predeterminati (quantomeno genericamente) dal Master, in modo che le cose vadano esattamente nel modo previsto. Indipendentemente da ciò che i PG fanno, ci sono 4 o 5 momenti in cui succederanno alcuni precisi avvenimenti, che servono a far procedere la storia a grandi linee su un vago binario. Quei 4 o 5 punti non vincolano i PG in maniera troppo fiscale, così che essi possano determinare comunque diversi tipi di conseguenze a partire da quei 4 o 5 momenti.
Insomma, il risultato è un Sandbox limitato.

Ma rimane che, da punto di vista delle definizioni, il modello suggerito dal Nuovo Mondo di tenebra non rappresenta una nuova tecnica di masterizzazione alternativa al Sandbox o al Railroad: è solo un mix fra quei 2. ;-)

Modificato da SilentWolf
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20 minuti fa, SilentWolf ha scritto:

"Semplicemente, è nell'atto pratico del gioco che le cose sono in realtà più sfumate."

"Nella maggioranza dei casi, le campagne di ruolo sono gestite all'atto pratico come un mix fra le due tecniche."

Ma è esattamente quello che dico anch'io. Anche perché, al tavolo, non giochiamo le definizioni.

25 minuti fa, SilentWolf ha scritto:

Una delle miscele secondo me più interessanti è proprio quella suggerita dal Nuovo Mondo di Tenebra

Interessante approccio, anche se MdT non mi ha mai particolarmente intrigato.

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Ho letto la parte sul railroading.
Secondo me è legittimo che possa piacere, inoltre basta che ci sia l'accordo nel gruppo e tutti siano consapevoli di che gioco si sta giocando.

Una considerazione provocatoria.
I videogame lo fanno meglio.
Narratori spesso migliori rispetto al vicino di casa o dell'amico, senza contare che le parti dei vari PNG spesso sono pure fatte da attori professionisti; eliminata la necessità di immaginarsi nella testa il mondo di gioco, visto che viene visualizzato; immediatezza assoluta, si sostituisce un solido manuale con 40 pagine di regole con un motore di gioco che non è un problema del giocatore; l'apprendimento viene seguito attraverso tutorial e il tempo di addestramento necessario per coordinare dita; non è necessario il coordinarsi per trovare il tempo di giocare.

Molto più utili e meno provocatorie alcune definizioni dal Provisional Glossary di The Forge (roba del 2004 ):
Railroading
Control of a player-character's decisions, or opportunities for decisions, by another person (not the player of the character) in any way which breaks the Social Contract for that group, in the eyes of the character's player. The term describes an interpretation of a social and creative outcome rather than any specific Technique
Force
The Technique of control over characters' thematically-significant decisions by anyone who is not the character's player. When Force is applied in a manner which disrupts the Social Contract, the result is Railroading. Originally called "GM-oomph" (Ron Edwards), then "GM-Force" (Mike Holmes).

Modificato da fenna
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On 4/9/2016 at 11:01 AM, Lord Delacroix said:

però credo che, nonostante le possibilità potenziali, non sempre sia possibile attingere al 100% del proprio potenziale in qualunque momento.

Sì - però mi sembra che tu stia mancando un po' il punto. Quello che ho fatto era un esempio; il punto non è usare o meno degli incantesimi. Il punto è valorizzare le scelte dei giocatori. Nella campagna railroadata che ho tratteggiato (che è ovviamente un esempio un po' estremizzato) succede la stessa identica cosa indipendentemente da quello che i giocatori scelgono - quindi le loro scelte sono inutili. Decidere di muoversi con incantesimi, a cavallo o a piedi è la stessa cosa - per esigenze di storia, gli eventi non cambiano. A qualcuno può andare bene - a me, come giocatore, non andrebbe bene. Invece nell'altro modello, quello senza la storia predeterminata, le scelte dei giocatori *hanno* un impatto su quello che succede. Diciamo che io per sandbox, in senso lato, intendo quel tipo di gioco in cui le scelte dei giocatori contano. Questo per me è il sandbox in a nutshell.

On 4/9/2016 at 11:01 AM, Lord Delacroix said:

Questo per dire che, per quanto la storia possa essere predeterminata, non per forza debba essere tutto prestabilito (come, ad esempio, l'immortalità dei PG in quanto pubblico e personaggi allo stesso tempo).

Assolutamente d'accordo. Ma infatti, come ho scritto anche nel post, 

Spoiler

 la stragrande maggioranza delle campagne adottano in realtà un approccio ibrido tra i due che ho presentato. Cioè, pochissime campagne sono o del tutto sandbox, o del tutto composte da una storia completamente pianificata. Le campagne che la gente gioca nella vita reale spesso presentano elementi di entrambi gli approcci, anche se solitamente uno dei due prevale sull’altro. Vale a dire: alcune campagne sono tendenzialmente sandbox, altre tendenzialmente storia-predeterminata. Molte campagne possono oscillare tra questi due poli nel corso del gioco;

Penso che @SilentWolf abbia compreso e reso molto bene quello che volevo dire: " il "mondo va avanti anche senza di me" esiste solo nel Sandbox, perchè per definizione così è. Dal punto di vista del gioco pratico, in realtà spesso le cose sono un po' più sfumate (...), ma se si considera la questione dal punto di vista delle definizioni in realtà le cose sono nettamente separate". Quelli che ho descritto sono due estremi teorici di uno spettro (la storia completamente predeterminata da una parte-nessuna storia predeterminata dall'altra), ma le campagne reali raramente si collocano agli estremi. Però, dal punto di vista della definizione, quando non stai giocando con una storia predeterminata, io dico che in quel momento stai giocando sandbox (in senso lato, ovviamente). In quel momento, stai facendo una cosa che appartiene al sandbox, anche se lo fai in un contesto di storia predeterminata.

On 4/9/2016 at 11:01 AM, Lord Delacroix said:

"E' impossibile che la figlia del locandiere resista al mio fascino! Ho fatto un 18 di dado +XYZ per sedurla...", abbiamo un serio problema a mio parere. L'esempio è volutamente scemo ed estremizzato di proposito. In nocciolo è: stai giocando un "eroe" oppure stai giocando un ca****e?"

"Non barare" non implica che devi accettare qualunque cosa dai giocatori. Cioè, se uno dei giocatori dice "ok, io mi butto dalla finestra e inizio a volare", il DM è libero di dirti "no guarda, questo non puoi farlo, non ha alcun senso per le capacità del tuo personaggio - è impossibile". "Non barare" vuol dire solo questo: non barare. Non ignorare i tiri segretamente. Di solito quando si bara si fa per un motivo, ma quasi sempre ci sono soluzioni migliori per ottenere quello che vuoi. Nella situazione di cui sopra, mi sembra che il problema sia che il giocatore non ha ben compreso il tono del gioco (se ho capito bene quello che volevi dire). In questo caso, la soluzione migliore dipende un po' da come stanno le cose. Se uno o più dei giocatori hanno un'idea sul tono del gioco che contrasta con l'idea del GM, se ne parla un attimo e si chiarisce come stanno le cose e che aspettative ci devono essere. Se tutti i giocatori hanno l'aspettativa che il gioco sia leggero e umoristico, forse è il DM che dovrebbe rivedere le proprie aspettative; viceversa, se tutti vogliono fare la campagna seriosa e uno solo dei giocatori rovina l'atmosfera facendo il c*glione, è lui che dovrebbe adeguarsi. Parlarne è l'unica cosa che risolve il problema - dirgli di tirare la prova di Carisma e poi ignorare il tiro invece è una soluzione che cura il sintomo ma non la causa.

On 4/9/2016 at 11:01 AM, Lord Delacroix said:

Se il "barare" porta a risvolti inaspettatamente avvincenti e coerenti, allora per me barare cessa di rappresentare un problema. Ma di certo non voglio che il DM mi dica: "Ragazzi siccome mi è appena venuta in mente una figata pazzesca, la faccio succedere." Anche se ignori il risultato che è uscito, io non lo saprò mai o il nuovo sviluppo mi soddisfa e al diavolo cosa lo ha generato. E il clima che si è creato al tavolo ne risente tantissimo se si "spoilera" l'azione.

Quello che intendevo non è tanto che il DM debba annunciare ogni volta che bara - è più una cosa tipo "i giocatori sanno che il DM ogni tanto può barare per favorire la storia e sono d'accordo", anche se non sanno esattamente quando. Come è esemplificato dalla tua frase iniziale ("Se il barare porta a risvolti inaspettatamente avvincenti e coerenti, allora per me barare cessa di rappresentare un problema"). Insomma, nel tuo caso va tutto bene. Se al tuo tavolo tutti i giocatori la pensano come te, e vi trovate bene così, non c'è niente di male se il DM bara. Ma questo perché voi siete d'accordo che il DM lo faccia e siete soddisfatti della situazione. Quello che viene criticato è il DM che bara di nascosto, facendo credere che non lo sta facendo - perché a qualcuno potrebbe dare fastidio. Tipo, io non vorrei. Però sono io. Accetto che altri possano vederla diversamente.

11 hours ago, fenna said:

Ho letto la parte sul railroading.

Se ti capita di leggere il resto fammi sapere cosa ne pensi! (Comunque ho parlato anche di The Forge)

 

11 hours ago, fenna said:

I videogame lo fanno meglio.

Molto provocatoria! In un certo senso è vero, hai ragione. E per certi versi, nella mia esperienza, riconosco che effettivamente ci sono giocatori (soprattutto quelli più giovani) che si approcciano al gioco di ruolo più o meno come ci si approccerebbe ad un videogame (a livello di aspettative, modo di giocare etc). Tuttavia, rispondo a questa cosa come rispondo a quelli che osservano che il dungeon crawl non ha senso - " a quel punto, perché non giocare ad un boardgame?".

Perché il boardgame o il videogioco non sono la stessa cosa di un gioco di ruolo. È vero, il video game ha delle caratteristiche che lo rendono un mezzo interessante per esperire una storia predeterminata vissuta in prima persona; però mancano altre cose. Manca, ad esempio, l'aspetto sociale. Oppure: alcuni giocatori potrebbero vedere come un pro il fatto che nel gioco di ruolo sei "costretto" ad immaginarti  cose. Quindi sì, da una parte ti do ragione; dall'altra, riconosco che le motivazioni per giocare ad un gdr sono complesse, possono essere anche molto diverse dalle mie, e non è detto che un giocatore sarebbe ugualmente o maggiormente soddisfatto con un videogame. Senza contare che trovo "non ha senso giocare così ad un gdr, gioca a un videogame" un atteggiamento molto paternalistico e dismissive.

 

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7 ore fa, greymatter ha scritto:

Molto provocatoria! In un certo senso è vero, hai ragione. E per certi versi, nella mia esperienza, riconosco che effettivamente ci sono giocatori (soprattutto quelli più giovani) che si approcciano al gioco di ruolo più o meno come ci si approccerebbe ad un videogame (a livello di aspettative, modo di giocare etc). 

Il punto è che, a mio avviso i dati, gli indici di successo di certi giochi (dai MMORPG, ai MOBA, fino agli rpg) ci dicono che il vidogame ha copiato e pure facendo meglio :D

Ovvio che siano due media differenti fra loro e direi anche che però usarlo in quella maniera è molto limitativo :)
Per the forge, leggiti l'INC Book del 2013 (lo trovi in pdf), quando arrivi all'articolo della Boss, leggiti bene l'Esplorazione, per me quello è un capolavoro. Nel senso che definire l'attività del giocare di ruolo come esplorazione è la cosa che, ancora trovo geniale. Purtroppo, sono sempre molto limitato nello scrivere in maniera tecnica, altrimenti è un casino.

Leggerò sicuramente anche il resto, ma con calma, fra i muratori in casa e il lavoro sto scoppiando :)

Modificato da fenna
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8 ore fa, greymatter ha scritto:

valorizzare le scelte dei giocatori

Per la verità, anche se ho giocato perlopiù campagne railroadate (forse è anche per questo che mi trovo più a mio agio in esse e sarà anche dovuto al modo in cui ho sempre giocato), quasi mai ho trovato le nostre scelte ininfluenti...

8 ore fa, greymatter ha scritto:

intendo quel tipo di gioco in cui le scelte dei giocatori contano. Questo per me è il sandbox in a nutshell.

Ora le cose mi sono decisamente più chiare. Sebbene avessi capito quello che intendevi sembrava una contraddizione, tutto qua ;)

8 ore fa, greymatter ha scritto:

se uno dei giocatori dice "ok, io mi butto dalla finestra e inizio a volare", il DM è libero di dirti "no guarda, questo non puoi farlo, non ha alcun senso per le capacità del tuo personaggio - è impossibile".

Per quanto non in modo così stupido, ho avuto da discutere con chi non accettava di farsi bocciare azioni assolutamente fuori luogo...

8 ore fa, greymatter ha scritto:

Se tutti i giocatori hanno l'aspettativa che il gioco sia leggero e umoristico, forse è il DM che dovrebbe rivedere le proprie aspettative

In questo caso va decisamente stabilito prima, anche se non ho mai giocato campagne "trash"...

8 ore fa, greymatter ha scritto:

Parlarne è l'unica cosa che risolve il problema - dirgli di tirare la prova di Carisma e poi ignorare il tiro invece è una soluzione che cura il sintomo ma non la causa.

In alcuni casi, per quanto riguarda la mia esperienza, non è sempre la soluzione. Ma, soprattutto adesso, se mai dovessi rimasterare, quando decido di fare la prova contrapposta non la ritratterei.

8 ore fa, greymatter ha scritto:

"i giocatori sanno che il DM ogni tanto può barare per favorire la storia e sono d'accordo", anche se non sanno esattamente quando. Come è esemplificato dalla tua frase iniziale ("Se il barare porta a risvolti inaspettatamente avvincenti e coerenti, allora per me barare cessa di rappresentare un problema"). Insomma, nel tuo caso va tutto bene. Se al tuo tavolo tutti i giocatori la pensano come te, e vi trovate bene così, non c'è niente di male se il DM bara. Ma questo perché voi siete d'accordo che il DM lo faccia e siete soddisfatti della situazione.

Sarò anche tordo di mio, ma non mi è mai sembrato che il DM abbia mai forzato i risultati. Più che altro la cosa che mi da "fastidio" è che la cosa venga sempre considerata solo come fonte di problemi/un reato. Sono pienamente consapevole che le regole ci sono per un motivo, ma sono convinto che la cosa non venga fatta solo per mettere in difficoltà i giocatori... Ripeto, sarà che il modo in cui ho sempre giocato mi porta a pensare questo, però non ci sono mai stati queste grandi discussioni a riguardo nel mio gruppo. Semmai i problemi erano altri, tipo il loot davvero misero ma qui sto divagando.

Modificato da Lord Delacroix
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1 hour ago, Lord Delacroix said:

Più che altro la cosa che mi da "fastidio" è che la cosa venga sempre considerata solo come fonte di problemi/un reato

Non è *sempre* fonte di problemi, e certamente non è un reato. Sono d'accordo con te che, nell'ambito dei gdr, nessuna pratica vada demonizzata a priori purché avvenga con il consenso di tutti e produca divertimento. Tuttavia, alcune pratiche sono da censurare in alcuni contesti. Barare è una pratica malvista quando i giocatori non sanno che il DM bara, o lo sanno e non amano l'idea che lo faccia. In quest'ultimo caso è ovvio perché la pratica è malvista; nel primo caso, è scorretto perché il DM, barando all'insaputa dei giocatori, di fatto li sta ingannando. In un gioco ci dev'essere trasparenza - se in qualunque altro gioco uno dei partecipanti ingannasse sistematicamente gli altri, sarebbe buttato fuori. Molti giocatori hanno difficoltà a concepire questa cosa, perché danno per scontato che il DM ogni tanto possa barare. Cioè, danno per scontato che barare rientri tra le cose che può fare. Quello di cui non si rendono conto è che loro sono nella situazione "so che il DM bara e mi va bene"; però non tutti i giocatori sono in questa situazione. Sottolineo di nuovo, per esempio, che io certamente non vorrei che il DM ignorasse i tiri di dado, e se lo facesse a mia insaputa la considererei una scorrettezza, e per me toglierebbe una parte del divertimento. 

Ora, dato che io non vorrei che il DM barasse, sei d'accordo che se io giocassi con un DM che bara a mia insaputa, questa sarebbe una scorrettezza nei miei confronti?

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Assolutamente! Ognuno di noi transige su alcune cose e su altre no, però mi capita troppo spesso di vedere persone che, dopo aver letto discussioni di questo tipo, fa di tutta l'erba un fascio e punta il dito contro qualunque cosa non dipenda dal suo apporto (come gli esempi di prima).

Quello che intendevo con i miei commenti era proprio questo... Il fatto che la cosa venga malvista o condannata da alcuni non significa che sia il male assoluto. Tu hai ampiamente spiegato il tuo punto di vista, ma magari qualcuno che legge la cosa magari si autoinduce a pensare che la cosa sia sbagliata a prescindere.

P.S: scusami se ti sono sembrato pedante, testardo e insistente. Non volevo fare polemica, cercavo solo di spiegarmi il più chiaramente possibile

Modificato da Lord Delacroix
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In 12/4/2016 at 23:58 , fenna ha scritto:

Ho letto la parte sul railroading.
Secondo me è legittimo che possa piacere, inoltre basta che ci sia l'accordo nel gruppo e tutti siano consapevoli di che gioco si sta giocando.

Una considerazione provocatoria.
I videogame lo fanno meglio.
Narratori spesso migliori rispetto al vicino di casa o dell'amico, senza contare che le parti dei vari PNG spesso sono pure fatte da attori professionisti; eliminata la necessità di immaginarsi nella testa il mondo di gioco, visto che viene visualizzato; immediatezza assoluta, si sostituisce un solido manuale con 40 pagine di regole con un motore di gioco che non è un problema del giocatore; l'apprendimento viene seguito attraverso tutorial e il tempo di addestramento necessario per coordinare dita; non è necessario il coordinarsi per trovare il tempo di giocare.

 

In 13/4/2016 at 19:28 , fenna ha scritto:

Il punto è che, a mio avviso i dati, gli indici di successo di certi giochi (dai MMORPG, ai MOBA, fino agli rpg) ci dicono che il vidogame ha copiato e pure facendo meglio :D

Provo a rispondere alla provocazione di Fenna. ;-)
Ovviamente, visto che questo è il blog di Greymatter, non andrò avanti a rispondere sull'argomento se quest'ultimo lo considera OT e inopportuno. ;-)

E' naturale che i videogiochi facciano meglio il railroading (se, come ho capito, è ciò che intendevi), considerando che oramai molto spesso sono scriptati e, in genere, sono concepiti come un'esperienza in cui l'interattività del giocatore può anche essere molto limitata. Più precisamente, però, da un lato hai un gioco, il Gdr, in cui gli elementi narrativi sono creati in genere da inesperti (i partecipanti al Gdr nel 99% dei casi sono persone comuni che non hanno studiato le tecniche di narrazione o quelle di scrittura creativa), dall'altro hai un prodotto, il videogame, le cui parti narrative sono create da professionisti (ci sono fior fior di sceneggiatori e attori che lavorano alla creazione di un videogame, come evidenziato dallo stesso fenna).

Per questo motivo, mettere a confronto gli esiti del lavoro di professionisti con quelli prodotti da inesperti è un po' ingiusto. ;-)

Paga quegli stessi sceneggiatori esperti per creare una super-mega-avventura railroad per un Gdr, e noterai che il gdr riesce a fare railroad benissimo quanto il videogioco. Non è, infatti, una questione di quale medium riesce meglio in cosa, ma è solo una questione di quanto professionale è la creazione della storia dietro al railroading....ed è una questione di contratto sociale stipulato dai partecipanti al gioco.

Difatti, anche nel Gdr il railroading sarà perfettamente giocato dai giocatori come in un videogame, se i giocatori come contratto sociale accetteranno la validità del railroading da parte del Dm. Nei videogiochi può non sembrare (visto che questo tipo di discorso non è tipico del mondo videoludico), ma anche il videogiocatore accetta un contratto sociale quando decide se gli va bene o meno giocare a un gioco scriptato.

Molti videogiocatori, infatti, rifiutano il railroading nei videogiochi come molti giocatori di Gdr lo rifiutano in quest'ultimo. Molti videogiocatori odiano i giochi iper-scriptati (ad esempio, molti hanno criticato Final Fantasy XIII perchè è strutturato a binari, mentre altri insultano i giochi alla Beyond: Due Anime o alla Heavy Rain perchè li considerano film invece che videogiochi) e scelgono di giocare solo ai giochi senza trama.
Non è un caso se molti giocatori preferiscono il gioco online, senza trama, puro gameplay, dove al massimo sono i giocatori a potersi inventare il ruolo narrativo dei loro PG. Non è un caso se molti MMORPG hanno avuto e ancora alcuni hanno ancora una struttura a sandbox.

 

In realtà videogiochi e Gdr sono quasi identici.
La differenza non sta nel medium, quanto nella professionalità che sta dietro alla creazione di certe esperienze e al contratto sociale stipulato dai partecipanti al gioco.
Tutto lì. ;-)
Anzi, non cui sono due medium più simili fra videogioco e Gdr cartaceo. La vera differenza fra i due medium sta nel fatto che il videogioco è creato da professionisti e, dunque, in genere è subito dai giocatori, mentre l'esperienza concreta del gdr è creata dai giocatori stessi ed è da loro subita solo se scelgono di giocare alle Avventure pre-fatte. INverti queste dinamiche e scoprirai che i due medium sono identici.

 

Concludo facendo notare che non esiste un solo media che ha preso spunto da un'altro. Tutti i media s'influenzano tra loro costantemente.
Nel caso di Gdr cartacei e videogiochi, questi si sono costantemente influenzati a vicenda per decenni, fin dalla nascita del Gdr cartaceo stesso. Il videogioco ha tratto spunto dal Gdr molto spesso per la creazione di molte dinamiche videoludiche (ovviamente basta pensare ai Gdr videoludici, esempio scontato), mentre il Gdr ha sempre più preso spunto dal videogioco riguardo al modo in cui creare gameplay e regolamenti, oltre che per quanto riguarda ambientazioni e tematiche narrative.

 

Modificato da SilentWolf
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@SilentWolf
Se @greymatter troverà OT la cosa lo dirà.
Il punto secondo me è che stai giocando in difesa.
Con i GDR puoi fare railroading: ma i videgiochi lo fanno meglio. Punto. I videogiochi in quell'esperienza danno risultati migliori sotto ogni punto di vista, poco conta che i media si siano ibridati fra loro, i videogiochi vincono a mani basse.
Puoi giocare a fare quest dove ammazzare mostri e alzare statistiche di livello: ma i videogiochi lo fanno meglio.

I GDR sono un altro medium, continuo a ripeterlo, tu dici di no?
Bene, fai uno schemino e metti esattamente cosa bisogna fare per giocare di ruolo e cosa per videogiocare: non un pistolotto di parole :D, uno schemino, a destra videogioco, a sinistra gdr.

A livello più profondo.
Chi è lo spettatore?
Chi è la critica nel gdr?
Sopratutto la critica quali elementi dell'esperienza è chiamata a giudicare?
Chi è l'attore  (inteso come persona che agisce) nel gdr?

Ecco, allora puoi chiamare uno sceneggiatore professionista, ma non conta assolutamente nulla con l'esperienza di gioco, anzi farebbe un pastrocchio terribile molto probabilmente.
Aggiungo inoltre che ci sono giocatori, tu stesso invochi differenti gusti, che puoi chiamare anche Tarantino come sceneggiatore, ma se il GM fa railroading giocano la prima sessione poi si danno malati, perché quell'esperienza di gioco lì, in un gdr tabletop, pur accettando che ad altri piaccia, per loro (ovviamente io sono fra quelli) sarebbe una schifezza inenarrabile.

Modificato da fenna
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