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[Cyberpunk2020] Cuori Smarriti -Reloaded-


Mezzanotte

Messaggio consigliato

Tessa Metzel

“Farfalla”

Nello stupore neurolettico indotto dagli psicofarmaci hai sognato i gatti di tuo padre, tua sorella Sharon e le teste mozzate delle persone che hai ucciso.

Buffo.

L’immagine della tua famiglia ti appare lontana. Confusa, sfumata. Ombre pronte a sparire per sempre nella nebbia grigia della droga.

Solo i cadaveri di chi hai assassinato ti appaiono concreti. Vivi. Desiderabili e rimpianti come appassionati amanti di una notte.

“Nuvola”

In Medio-niente le teste di stracci ti hanno persino dato un nome. Al – Shaytan, che poi vuol dire semplicemente “il Diavolo”.

Non per vantarti ma eri famosa. Una specie di leggenda.

I loro preti maledivano il tuo nome ogni dannato venerdì e organizzavano collette per spedirti al creatore. Più tardi hai scoperto che i fondi sono arrivati persino da Jakarta e da un posto chiamato Tokelau, che poi è uno sputo di atollo sperduto nel bel mezzo dell’oceano Pacifico.

Eri un fenomeno globale.

 Ma non la causa dei loro casini. Ah! La loro terra si nutriva di sangue e caos da millenni, flagellata da sciagure di ogni tipo. Tu eri solo l’ultima arrivata. Neanche la peggiore.

Ma hanno sacrificato parecchi dei loro per attirarti nel posto giusto. Oh, sapevano cosa ti piaceva e tu ci sei cascata. Ingorda.

Il fuoco delle batterie navali ha fatto il resto. Avessero avuto il controllo di un satellite invece che di una corazzata ti saresti beccata un bombardamento orbitale, tanto ti volevano morta.

 

“Cane che gioca”

Sei stata fortunata.

Ne sei uscita quasi incolume. Hai perso solo un occhio, un braccio e la gamba.

Così ti sei dovuta fermare.

Almeno per un po’.

“Palloncini colorati”

Ed ora la clozapina ti scorre nelle vene; ogni tanto ti fa tremare come un malato di parkinson, e c’è questo dottore tanto carino davanti a te che continua a farti il test di Rorschach, come se servisse a qualcosa.

Spinge verso di te un’altra tavola.

Stavolta i colori sono schizzi di sangue e materia fecale. Il cervello esploso di un uomo che si è appena fatto saltare la testa sparandosi in bocca con una Dai-lung cybermag.

Ma questo dottore è giovane, pieno di speranza e bello. E ti piace davvero.

Lo apriresti dallo scroto allo sterno per vedere come è fatto dentro.

Perciò decidi di giocare con lui ancora un po’.

E guardi la macchia col cervello spappolato, sorridi e dici:

“Bambina felice"

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A volte subito dopo la somministrazione dell'antipsicotico, quando l'effetto è più forte, arrivo a domandarmi come sia finita qui dentro. Forse per le droghe, per le shock o per l'improvviso impatto degli innesti sul sistema nervoso, che sovraccarico li aveva quasi rigettati in blocco. Ma l'unico ricordo, scolpito nella mia mente, che non mi abbandona mai è quel risveglio, quelle sensazioni di impotenza e di fragilità continuano a tornare a galla come un cadavere gonfio d'aria. 

Persino pensare è difficile, è come avere la mente costantemente immersa nella melassa... mi sento un'estranea all'interno del mio corpo, come se non mi appartenesse, come se guardassi tutto da lontano, come se quasi nulla mi riguardasse. Il dolore fisico però aiuta a schiarirmi la mente ed a diradare, seppur leggermente la soffice nebbia dell'antipsicotico.

E poi c'è lui, che rievoca impulsi e sensazioni che erano stati leggermente celati oltre quel velo di oscurità, non unicamente per effetto della droga. Gli altri prigionieri, non sono altro che cadaveri ambulanti, incapaci di opporsi agli effetti delle droghe; anzi le attendono con ansia, per non pensare, soffrire, vivere. Per loro la morte non sarebbe che una benedizione, ai miei occhi sembrano quasi agognarla. Dei vermi. Mi disgustano.

Ma lui sembra crederci davvero in tutte quelle stupidaggini, nella vita, nel potermi salvare. Se non dovessi costantemente mantenere una maschera, una facciata, gli riderei in faccia fino a sentirmi male. Eppure... è proprio per questo che mi piace. L'idea di infrangere tutti i suoi sogni e le sue speranze, mi eccitano al punto da sopprimere quasi gli effetti della droga, voglio vedere la sua anima che si consuma mentre lo macello un pezzo alla volta. Mi bagno al solo pensiero.

Mentre gli rispondo la mia maschera riflette il modo in cui lui si aspetta di vedermi: debole e fragile, quasi come se fossi contenta di quelle sue attenzioni, quasi come se fossi felice del fatto che lui voglia salvarmi. Così piccola e minuta, così innocente...

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"Stiamo facendo progressi, Tess. Continua così e potremo ridurre la clozapina e le sessioni di braindance"

Il dottor Rainhard mette via le tavole colorate. Sembra soddisfatto. Faresti di tutto per evitare quella merda. Qualunque cosa. E lui lo sa. Sa che odi la BD che ti ficcano nella testa più della droga che ti iniettano nelle vene. Ti incasina il cervello. Ti separa dal corpo. Non ti fa essere te stessa.

Il che per qualcuno -tipo il resto dell'umanità- è una cosa buona visto che il tuo corpo è un'arma letale e tu non hai nessuno scrupolo nell'usarlo.

Quindi dici che prenderai le medicine. Che farai la brava e i compiti a casa.

Ruoti l'occhio organico che ancora ti rimane.

La stanza è piccola e completamente bianca. Senza finestre. Non sai mai se è giorno o notte. Il tuo sole sono le alogene che non tramontano mai.

Un tavolo e due sedie inchiodate al pavimento. Un letto con lenzuola di carta anti suicidio. Cesso a vista e videocamera guardona h24.

Non che tu possa gettargli la merda addosso o masturbarti furiosamente come ogni internato psicolabile dovrebbe avere sempre il diritto di fare.

Non puoi neanche alzarti e fare quattro passi. Ti tengono sempre legata e il più delle volte con il catetere infilato. 

Ora sei su di una sedia a rotelle, e robuste fasce di sicurezza ti tengono al tuo posto. I c0glioni però ti hanno lasciato i ciberarti.

Rainhard dice che ormai li senti parte del tuo corpo. Che levarteli sarebbe stato come sottoporti ad altre menomazioni.

Caro Rainhard.

Gli insegnerai qualcosa su traumi e amputazioni molto presto.

Certo c'è un problema. Il braccio non riesci a muoverlo. Solo la gamba artificiale, anche se ti sei vista bene dal farglielo capire.

Stanno usando un EMP per bloccare la tua elettronica. Il che è molto seccante, perché questo ti spegne pure un occhio e il processore neurale con il velocizzatore.

La gamba è ok perché l'hai fatta schermare. E loro non lo sanno. Magari il dossier su di te non è aggiornato.

Grave, grave errore.

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Celo la perplessità nel vederlo soddisfatto, non capisco come tutta la merd4 che mi sta tirando possa a servire a qualcosa... a qualcosa che non sia fottermi il cervello. E quelle tavole del cazz0? Cristo.

All'inizio mi era venuto naturale comparare l'istituto in cui mi trovo ora a quello in cui mi chiusero da piccola. Ma non possono essere neanche paragonati lontanamente. Quello era poco più di un centro di cura per anziani con delle sbarre alle finestre, questo sembra più un carcere che un istituto di cura.

E' sempre una sfida riuscire a non divincolarsi, a non tentare di liberarsi dai legacci. Non per un vero tentativo di fuggire, ma per semplice e puro istinto, come se ci fosse una sirena, costantemente accesa, nella mia mente che mi imponga di liberarmi. Nonostante le droghe che mi impediscono i movimenti, mi rallentano i riflessi e mi affondano la mente, il mio continua ad opporsi in modo spasmodico a qualsiasi costrizione. E' sempre stato il fulcro di tutti i miei istinti, una mia libertà.

Sorrido al dottore con fare accondiscendente, annuendo anche lievemente.

C'è una cosa che non hanno capito quando mi hanno disattivato gli innesti cibernetici ed estratto la lama dal vano del braccio, quelli sono solo strumenti.

L'arma sono io.

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Rainhard chiude i fogli nella cartella. Ha una specie di stilo fra le dita. Lo preme, e la spia della videocamera della cella si spegne. Poi, senza preavviso, si protende verso di te, attraverso il tavolo. Con la mano ti accarezza la guancia sinistra. Un gesto semplice, dolce ed intimo che ti coglie completamente impreparata.

Ti avesse ficcato la lingua in gola e una mano nelle mutande saresti meno turbata. Quelle sono cose che capisci, anzi che ti aspetti da un uomo che normalmente lavora con donne legate.

"Posso aiutarti, Tessa. Credimi. Segui la terapia e ci sarà meno droga e nutrizione forzata"

"Potrei farti avere una cella con la finestra. Piccola e piena di sbarre, ma è un inizio. Magari persino un'ora d'aria a settimana, nel cortile di massima sicurezza"

"Non ti piacerebbe rivedere il sole? Tuo padre"

Preferiresti la sua mano nelle tue mutande. Decisamente.

Ma c'è questa disperata necessità di aiutarti nella sua voce che ti fa passare persino la voglia di scoparlo.

è una cosa a cui hai paura di dare un nome.

Ma che forse puoi usare per uscire da lì.

 

 

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Mentre memorizzo la forma dello stilo, cerco di non distogliere lo sguardo dal viso dell'uomo per evitare che noti il mio interesse verso l'oggetto.

Al gesto inaspettato, per una frazione di secondo i miei occhi riflettono paura e non saprei dire neanche io in che percentuali di verità e finzione. Abbasso lo sguardo scostando il viso dalla sua mano. Dopo un secondo rialzo il capo per fissarlo negli occhi e lascio che mi tocchi a suo piacimento.

Non so come reagire a quello che vedo nei suoi occhi, è una cosa a cui non sono abituata, qualcosa che non fa parte di quello che sono e che non mi piace.
Non mi piace essere toccata in questo modo. Per me è puramente uno stimolo dovuto al mio senso del tatto che reagisce al tocco della sua mano, ma per lui è qualcosa di più.
Al mondo per me ci sono solo tre tipi di persone: quelle che puoi scopare, quelle che puoi ammazzare e quelle che puoi sfruttare. 

Lo sfrutterò, non c'è neanche da chiederlo. Ma è la prima volta che lo faccio per quello che vedo nei suoi occhi e che percepisco nel tono della sua voce.

Parlando potrei spezzare quella sorta di sua illusione, di potermi salvare, quindi mi limito a restare in silenzio. Non saprei cosa dire in ogni caso.
Quando accenna a mio padre non reagisco, perché dovrei volerlo rivedere?

 

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"Devi comunicare. Esprimere sentimenti che vadano al di là della cieca rabbia assassina!"

Rainhard sembra esasperato dal tuo silenzio, per un attimo la sua carezza diventa una stretta, ma si allontana subito quasi avesse paura di romperti.

Dopo essersi passato la mano sugli occhi preme di nuovo la stilo. Il led della videocamera torna in vita.

"Non importa. Imparerai. Abbiamo tutto il tempo del mondo."

C'è qualcosa, in come lo dice. Ti procura un brivido. E non è la clozapina stavolta, ma la sensazione di non essere l'unica folle nella cella.

Rainhard ripone la stilo nella tasca del camice e recupera la cartella con le sue cose.

"Stasera tre ore extra di braindance. Domani ti voglio rilassata e più socievole. Dobbiamo parlare del rapporto con tuo padre e tua sorella."

Quando si avvicina la parete della cella si apre, scivolando su binari invisibili. Entrano due energumene in camice bianco. Rainhard tocca la più grossa sulla spalla prima di uscire

"Più delicate stavolta. Non voglio segni sul suo corpo."

Tu le chiami Cip & Ciop, ma le vedresti bene con una collana di teschi e testicoli umani attorno al collo.  Perché se sono infermiere qualificate tu sei Madre Teresa di Calcutta.

Cip & Ciop si sono diplomate all'università del dolore. Le loro tesi di laurea: controguerriglia e tecniche di interrogatorio aggressivo durante le guerre centro-americane. Sembrano gemelle clonate in vasca. Hanno muscoli trapiantati e i tatuaggi delle forze speciali. Quello che non hanno è una vita, non più. Perciò sei tu a dargli uno scopo: farti male quando fai la bambina cattiva.

Cosa in cui eccellono.

Cip -oppure è Ciop?- spinge il carrello con la tua cena a base di kibbie.

Una va in presa sullla tua testa, bloccandola da dietro, mentre l'altra pesca con un cucchiaio di plastica nella poltiglia proteica e te la accosta alle labbra.

"Ti prego, rifiutati di mangiare" sussurra.

Una supplica piena di speranza.

Scommetti che questo è il momento migliore della loro giornata.

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Merda. Merda. Merda.

Parlare del rapporto con mio padre e mia sorella? Ma non esiste alcun tipo di rapporto con quei due. Perché ha così tanta importanza? Che si fotta.

Non potendo muovere il capo punto l'unico occhio funzionante in quelli della donna che mi si erge di fronte. Mi lecco lentamente le labbra mentre la fisso senza più celare la furia omicida repressa, resto così immobile per alcuni istanti mentre rifletto.
Sarei quasi tentata di oppormi solamente perché lui ha detto loro di non lasciarmi segni, ma so benissimo anche io che ci sono molti modi per far soffrire qualcuno senza lasciare marchi sulla sua pelle. Alla fine decido di non oppormi e di lasciare che mi imbocchino. Non per la promessa della sofferenza, quella non mi spaventa... è per una questione molto più semplice: se IO non posso avere quello che voglio, perché dovrebbero poterlo avere loro?

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Il kibbie dell'istituto di igiene mentale di Night City ha il sapore e la consistenza della sborra, tanto che non escludi qualche secondino buon tempone abbia svuotato le palle nella tua cena, giusto per fornirti un supplemento di zinco e proteine.

Vieni imboccata senza pietà. Mentre lotti per non vomitare sai che resistere comporterebbe l'utilizzo di un lungo tubo di gomma infilato a forza nel tuo esofago, giù fino allo stomaco, perciò ingolli tutto senza obiezioni pregando di strozzarti o di procurarti un infarto fulminante.

Speranza vana, perché sai troverebbero il modo di rianimarti.

Dopo la tortura della cena vieni ripulita e messa a letto. Per farlo, devono slegarti dalla sedia.

Ecco, i pochi attimi in cui passi dall'essere legata sulla sedia all'essere legata al letto, e viceversa la mattina seguente, sono gli istanti migliori della giornata. Quelli in cui puoi immaginare di essere anche solo vagamente libera.

Sono quelli in cui ti vedi sfondare la cassa toracica di Cip con un calcio, e cavare gli occhi di Ciop con il cucchiaio di plastica ancora sporco di kibbie.

Ma poi entrano i tizi in tenuta anti sommossa con i loro manganelli elettrici e per te ci sono solo più botte, più droga e più ore di braindance, perciò ogni volta ti astieni dalla tentazione di trasformare queste tue selvagge fantasie in realtà.

Così ti fai legare al letto e mettere il casco BD. Subito dopo inizia il bombardamento di onde alfa e le allucinazioni.

Stanotte danno Tessa nel paese degli unicorni rosa che cagano arcobaleni.

Questa roba dovrebbe farti passare la voglia di uccidere.

Preghi che la macchina vada in corto e ti frigga il cervello una volta per tutte.

**

Ciop ti sveglia con una dose di clozapina iniettata nel braccio. Ti senti immediatamente di merda.

Colazione a base di sborra. Devono tenerti ferma per evitare che tu cada dal cesso, mentre fai le tue cose. Poi ancora legata sulla sedia. Toletta per renderti presentabile al dottor Rainhard. Ogni giorno è uguale al precedente e al successivo. Hai perso da un pezzo la cognizione del tempo e capisci che devi fare qualcosa, in fretta, prima di impazzire completamente.

"Dormito bene?"

Rainhard sorride più del solito stamattina.

Qualcosa bolle in pentola.

 

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Assisto a quello che mi fanno come un semplice spettatore passivo, troppo estraniata mentalmente ed imbottita di droga dal non riuscire neanche a sentire il sapore della merda che mi fanno ingurgitare. Non che lo rimpianga certo, ma la cosa mi spaventa sul serio.
Inizio a credere che il comportamento speranzoso del dottore sia solo un modo per farmi restare in attesa di qualche miglioramento, intrappolandomi in questo modo come in una sorta di circolo infernale senza fine.

Dormito bene? Ha... riderei, ma i miei muscoli facciali non hanno molta voglia di collaborare al momento.
Cerco di trovare una risposta che gli vada bene, visto che a quanto pare la mia scarsa loquacità non è più accettata. 
Magnificamente sussurro ancora pesantemente intontita.

Non capisco che cavolo ci sia da sorridere a quel modo. Mi torna in mente come lui non abbia voluto segni di sorta sul mio corpo.
Così, inizio a prepararmi a qualcosa di brutto.

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"Tuo padre. Vuole vederti."

Rainhard armeggia nervosamente con la penna telecomando. Sai che vorrebbe disperatamente spegnere la videocamera e toccarti, instaurare un qualsiasi legame con te.

"Splendida notizia vero? Mi sono opposto, ovviamente."

Ma nessuno può rubargli il suo giocattolo. Tu sei solo sua.

Mentre continua a parlare capisci che non ti lascerà mai andare. Non importa la terapia, i progressi che farai, non sarà mai abbastanza per lui.

Sarai sempre la sua malata schizzo-terminale, il suo feticcio, l'uccello dalle ali spezzate, lo specchio in cui vedersi una persona buona, migliore. Capace di amare persino un mostro.

E continuerà a farlo, persino dopo averti bruciato il cervello e ridotto ad una larva.

Allora magari ti porterà a casa e si divertirà a vestirti come una bambola.

La cosa che trovi irresistibilmente ironica è che, in questa cella, lui è persino più prigioniero di te.

"Sei ancora instabile. Non abbiamo risolto i tuoi conflitti interiori, fra cui proprio il tuo rapporto con la figura paterna. Incontrare ora tuo padre potrebbe risultare persino dannoso"

"Senza contare che pretende una riduzione degli anti-psicotici e che l'incontro avvenga fuori dall'istituto!"

Allarga le braccia in un gesto di impotente disperazione e poi si appoggia al tavolo, la testa china.

"Sfortunatamente è molto difficile dire no al generale Metzel."

 

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Non reagisco alla sorpresa, abbasso lievemente il capo mentre rifletto. Cosa vuole da me, ora, il caro paparino? Dopo vent'anni? E perché proprio ora?...

Poi metto da parte tutto per ascoltare ed osservare il dottore, una delle poche cose che posso ancora fare liberamente. Ora lo comprendo meglio ed un profondo senso di disgusto, misto ad odio e furia cieca inizia a crescere dentro di me. Mi considera di sua proprietà, un giocattolo da esibire e da trastullare. E la cosa non va affatto bene, oh no... non va bene per nulla. Non sono di nessuno.
Mentre lo osservo senza esternare alcun sentimento, giuro tra me e me su quel poco di sanità mentale che mi rimane, se mai ne ho avuta, di sgozzarlo come un maiale a prescindere di come vadano le cose.

L'ultima cosa che dice mi sorprende, da come parlava mi ero aspettata che la richiesta fosse stata rifiutata, ed invece...

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Passi un altro giorno all'istituto, a farti mille domande. Quando Ciop non ti somministra la dose quotidiana di clozapina capisci che questo incontro con tuo padre potrebbe essere la tua unica possibilità di riguadagnare la libertà.

La mattina seguente vieni lavata con particolare cura e vestita con indumenti puliti, legata con un supplemento di cinghie alla sedia a rotelle e scortata fuori dalla cella.

Per un attimo intravedi il sole, e l'intensità della luce a cui non sei più abituata ti acceca completamente.

Vieni caricata su di un AV bianco e rosso, simile a quelli in servizio per il Trauma Team. Ai comandi ci sono due piloti, con te invece salgono il dottor Rainhard e le tue due infermiere mercenarie. Una armeggia con un apparecchio elettronico montato su rotelle.

"Riduci la potenza" dice il copilota rivolta a Ciop "Solo il vano di carico è schermato".

Capisci che il macchinario è uno dei maledetti scrambler che incasinano la tua elettronica.

Pochi istanti dopo siete in volo sopra la metropoli.

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Con il passare delle ore prima dell'incontro mi riesce sempre più difficile non stuzzicare cip e ciop, non so neanche io il perché. Forse perché non mi piace il modo in cui mi preparano all'incontro, tutta apparenza. Ma mi rendo conto da sola che persa questa possibilità forse non ce ne saranno altre. Quindi faccio la brava.

Nell'uscire all'esterno sono costretta ad abbassare il capo e strizzare l'unico occhio funzionante, visto che non posso usare le mani per schermarlo. Normalmente i miei innesti ottici mi avrebbero schermata dalla luce accecante, ma con lo scrambler acceso sono inservibili. Mi spingo nel velivolo prima ancora di abituarmi alla luce del sole, ma ne approfitto per tirare dei lunghi respiri e godermi l'aria esterna.

Durante il tragitto fino al velivolo e durante il volo cerco di capire quanto siano stretti i legacci senza agitarmi. Quando ciop modifica la potenza dello scramber cerco di capire se ne abbia effettivamente ridotto l'efficacia o se si è limitato a ridurre l'area di effetto. Cerco inoltre di scoprire se le due stronze portano armi, celate o meno che siano.

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Non sei un tecnico, conosci il funzionamento di certi apparecchi solo a grandi linee. Le cinghie sono ben strette e appositamente studiate per immobilizzare un normale paziente. Non sarebbero comunque un problema per i tuoi cyberarti... se funzionassero. Al momento potresti liberare la gamba destra e certo fare qualche danno, ma dubiti di poter avere la meglio sulle due infermiere solo con quella.

Dopo circa un quarto d'ora di volo l'AV atterra su un approdo privato. Scendendo, attraverso il finestrino, riconosci le colline, i parchi e i campi da polo di Westbrook.

Questo complesso residenziale domina la città ed è come una fortezza. Quando tuo padre ha lasciato l'esercito, la Militech gli ha dato una elgante villa qui.

Aaron Metzel ti attende a bordo piscina, accanto ad una tavola imbandita. Dietro di lui una ringhiera con una vista mozzafiato sulla baia di Coronado, il ponte sospeso che la attraversa e la città con i grattacieli del centro corporativo che luccicano nella luce del mattino.

A te sembrano tanti diti medi protesi: una  monumentale selva di v@ffanculo che si innalza contro il cielo.

Tuo padre dice che vuole essere lasciato solo con sua figlia. A malincuore Rainhard e le infermiere ti posteggiano accanto alla tavola assieme al dannato scrambler e si allontanano, ma rimanendo in vista.

Il tavolo apparecchiato davanti a te è una gioia per gli occhi. Non ti riferisci a tutto il cibo che preferisci presentato in maniera impeccabile , ma allo stupendo set di coltelli, forchette e cucchiai di design in acciaio ed ai bicchieri e bottiglie di cristallo che potresti usare per uccidere in mille modi diversi.

"Hai fame?"

Tuo padre indossa pantaloni flosci e una polo color crema. Non ti sembra cambiato, sempre saldo e forte come un leone. Temibile.

Provi ancora un certo senso di timore nei suoi confronti. Forse perché la sua figura ti ha sempre avvolta in modo soffocante, anche quando non era fisicamente presente; è stata l'unica forma di autorità che tu abbia mai riconosciuto, fin da bambina.

Non che questo ti abbia reso una ragazza obbediente, a differenza di tua sorella Sharon.

"Anche se credo stavolta dovrò imboccarti, come quando eri piccola. Cosa vuoi assaggiare per primo? Caviale?"

Tu vorresti iniziare con le posate.

Ti sembra di non vedere una lama da una vita, e fra te ed il coltello Alessi Jasper-Morrison è amore a prima vista.

 

 

 

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Quando mi fanno scendere dal velivolo punto lo sguardo su di Aaron, studiandolo con attenzione mentre cerco di notare le differenze tra come è ora e come era vent'anni fa. Sono curiosa, curiosa di cosa lo abbia spinto a cercarmi proprio ora dopo tutto questo tempo. Vuole qualcosa da me, non è il tipo di uomo che avrebbe fatto tutto per fare quattro chiacchiere.

Rimasta sola con mio padre studio il tavolo, memorizzando la posizione di ogni posata, poi rivolgo brevemente la mia attenzione allo scrambler. Cerco di capire se nel caso liberassi la gamba potrei raggiungerlo. Ma non conto certo di riuscire di fare tutto prima che gli altri riescano a fermarmi. Comunque è un'opzione da non scartare.

Quando mio padre mi offre del cibo faccio quasi per accettare, ma mi fermo. Nel caso dovessi tornare all'istituto a mangiare quella merda preferisco non toccare niente dal tavolo, e poi non sopporterei l'idea di farmi imboccare anche da lui.

No, non voglio nulla dico con voce atona.

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Lo scrambler è a portata di calcio. Potresti colpirlo facilmente. E con la forza del tuo arto meccanico sei abbastanza sicura di farlo a pezzi. Poi liberarti sarebbe un gioco da ragazzi.

"Credevo che fosse colpa mia. Che la lontananza e la vita militare ti avrebbero fatto bene"

"Mi sbagliavo"

"Stai per essere incriminata per crimini contro l'umanità" dice tuo padre senza tradire la minima emozione "per il casino che hai fatto in medio-oriente."

"Non preoccuparti, metterò a tacere i testimoni. Non ne hai lasciati molti in vita. Ma sarà l'ultima volta che copro i tuoi misfatti"

"Credi di essere forte Tessa. Ma non è così."

"Non hai alcun controllo. Sei debole e fragile. Come tua madre."

"Lei è stata la mia più grande sconfitta. E tu sai che a me non piace perdere. Non lo sopporto."

"Se non prendo provvedimenti finirai con il farti ammazzare, quindi spero capirai"

Versa il vino in due calici e pesca una cucchiaiata di beluga. Te la accosta alle labbra, aspettando che tu la accetti.

"Voglio che il dottor Rainhard dichiari che sei guarita dalla follia che ti porti dentro. Completamente."

"Tu lo renderai possibile. O io autorizzerò trattamenti medici... radicali. In un modo o nell'altro avrò indietro mia figlia"

"Ora mangiamo. So che il vitto dell'istituto è uno schifo."

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Sono curiosa di scoprire quello che ha dire ma essendo stato lui ad aver richiesto l'incontro attendo in silenzio.
Quando parla dei crimini contro l'umanità roteo gli occhi ritenendo la questione una seccatura.


Credi di essere forte!? Ma cos'è? Una predica? E' una cosa che non ha senso. Non mi credo forte, solo più forte di tutti quelli che ho incontrato fino ad ora.
Oh... se solo tu fossi qui dentro, con me, ti spaventeresti per l'immane quantità di autocontrollo che ho.
Ma non dico nulla di ciò, non mi piace quasi mai tradurre a voce i miei pensieri.

Ma non riesco a tacere fino all'ultimo 

NON MI PIACE PERDERE!? Cos'è? La consideri una sfida? Oh, vediamo se riusciamo a far guarire la piccola Tessa... mentre inizio a parlare il tono è per lo più furioso, poi scema nel sarcasmo puro.

Capirai un ca**o. Se io sono folle, allora lo siamo tutti quanti. Rainhard che gode nel trattarmi come la sua tenera bambola da lobotomizzare, i due gorilla lì dietro che non sono meno sadici di me e TU, che credi che quel posto di merda possa sul serio salvarne anche soltanto uno, di tutti quelli chiusi lì. Cristo santo! Almeno io li ammazzo! Non li riduco a vegetali mentre mi elevo a loro salvatrice, credendo di star facendo loro del bene.

Poi esalo un profondo respiro mentre rifiuto nuovamente il cucchiaio, sorrido sarcasticamente Se devo tornare dentro non ho alcuna voglia di farmi pestare dalle stronze perché ho vomitato la cena, solamente perché tu hai voluto mangiare in compagnia. Dico così ma a questo punto non ho alcuna intenzione di tornarci.

Lentamente inizio a prepararmi ad agire nel caso fosse necessario.

Spoiler

Metto questo spoiler perché non so cosa sta per accadere, quindi contala come "azione preparata".
Nel caso Aaron fa segno ai tizi di venirmi a prendere perché l'incontro è finito scatto all'istante, prima ancora che i tre possano avvicinarsi: libero il piede, sfondo l'apparecchio e finisco di liberarmi. Se ne ho il tempo raccatto anche il primo coltello a portata di mano. In teoria sfruttando l'effetto sorpresa...
Ovviamente se Aaron continua a parlare ignora questo spoiler.

 

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Tuo padre batte rabbiosamente il pugno sul tavolo e rovescia il piatto: le preziose uova di storione si spargono ovunque sulla tovaglia candida e per terra.

"Io ti sto offrendo un futuro, Tessa! Vuoi punirmi? Per questo sfidi la mia autorità, infanghi il mio nome commettendo ogni genere di atrocità?"

è furioso

"Pensi di poter continuare ad uccidere per divertimento? Pensi che il mondo te lo permetterà?"

"Tu sei malata Tessa, sei un pericolo per chiunque, compresa te stessa. Hai perso da tempo ogni diritto di decidere della tua vita!"

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Rimango totalmente immune allo scatto d'ira mentre continuo a fissarlo negli occhi.

Non mi hai offerto nulla. E non lo fai per me, lo fai semplicemente per te stesso. La figlia ribelle, assassina, folle... ma per uno come te, abituato a mantenere tutto sotto controllo è troppo difficile da mandare giù. Non puoi accettarlo, vero? Devi porre rimedio, sparecchiare la tavola, -dico esibendo un sorriso sarcastico- in modo da poter andare a letto tranquillo sapendo di aver fatto tutto quello che dovevi. 
Cosa vuoi ottenere? dico accennando col capo al dottore Che quell'altro folle riduca la mia mente a quella di un'infante? 
Come vedi fino ad ora non mi hai offerto nulla.

Parlo con tono calmissimo come se stessi parlando di qualcosa di frivolo.

Io non sfido la tua autorità... la rinnego. 

Che si fott* il mondo.
Molte delle cose che ho fatto per ubbidire agli ordini non erano meno violente e sadiche di quelle che ho fatto per mio conto. Sai dove ho imparato ad interrogare? Sai dove ho capito che mi piaceva? Esatto. Nel tuo amatissimo esercito. Ti dicono che i prigionieri di guerra vengono trattati con umanità, che anche loro hanno i loro diritti e cose del genere... ma sono tutte caz**te. Ma tu sei un generale, quindi queste cose le saprai già.

Quindi, padre, dico impregnando questa parola di tutto il disprezzo che riesco a rievocare tornando a prima. 
Pretendi così tanto da me eppure non offri nulla in cambio. Oppure sei abituato ad un semplice "SIGNOR SI, SIGNORE"? dico parodiando il tutto.
Come reagiresti se qualcuno ti ordinasse di smettere di fare l'unica cosa che ti fa sentire vivo? Come reagiresti se qualcuno ti ordinasse di smettere di respirare?
E smettila di parlare come se avessi il coltello dalla parte del manico semplicemente perché mi vedi immobilizzata su una sedia a rotelle.

Mi rendo conto che questo è uno dei discorsi più lunghi che abbia mai fatto, e che normalmente non avrei mai espresso tutto questo a voce.
Mi stanno fott*ndo il cervello sul serio.

 

Spoiler

Sempre come prima l'azione preparata.

 

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