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Mephistophelis


Ospite

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"Oh mortali che insozzate questo mondo con i vostri luridi passi, venite al mio cospetto, nelle pieghe infinite del caos e della disperazione

- Canto XVII del "Cantico infernale" di Maccadamus -

Aragas

L'investigatore era appena rientrato nel suo ufficio e con passo pesante si era diretto verso la camera al piano superiore che da anni ormai costituiva la sua casa. La giornata era stata particolarmente pesante. I Ratti avevano fatto un colpo al porto, incendiando un paio di magazzini e lui aveva passato tutta la giornata sul luogo del misfatto. C'era qualcosa di sbagliato in quei roghi, conosceva l'organizzazione da tempo e sapeva che bruciare due magazzini non poteva essere stato il piano originale.

Nella sua testa continuava a girare l'idea che fosse solo un diversivo... se solo ai piani alti gli avessero dato ascolto!

Sentiva su di sé l'idea di aver buttato una giornata. Non c'erano stati alcun genere di indizi al porto, nulla che potesse fargli capire qualcosa di utile, solo i soliti ratti sgozzati poco fuori dai capannoni bruciati, il biglietto da visita dell'organizzazione.

Era certo che l'indomani avrebbe scoperto che mentre la guardia cittadina era impegnata al porto, in giro per Dilos qualcos'altro era accaduto... lo sentiva nelle ossa.

Ma quello che sentiva di più era la stanchezza. Effettivamente era anche troppo stanco rispetto alla fatica fatta ma diede subito la colpa al fumo respirato ed alla tensione per non essere stato ascoltato...

sospirò mentre si spogliava e controllava che tutto fosse a posto nell'appartamento. Controllò in ogni angolo e quando finalmente fu soddisfatto si sdraiò sul letto. Badger si accoccolò accanto a lui. Lo grattò dietro le orecchie per alcuni minuti, perso nei suoi pensieri, ma alla fine il sonno sopraggiunse e chiuse gli occhi.

Aurora

Era notte fonda ormai e la ragazza era appena arrivata a Dilos. Era troppo tardi per andare direttamente dai suoi genitori, non aveva voglia di svegliarli, ed anche per consegnare la lettera, quindi si diresse alla locanda più vicina, il Grillo Impagliato, famosa in tutta la città per l'enorme grillo, lungo più di un metro e mezzo, che troneggiava impagliato al centro della sala comune. Si diceva che fosse vero e che l'oste lo avesse cacciato di persona ma mai nessuno era andato a controllare.

Fatto sta che ora si trovava nella stanza che le era stata assegnata, non una brutta stanza, niente di regale ovviamente ma per lo meno era pulita.

Con estrema calma si spogliò e si sdraiò sul letto, molto più morbido di quanto era abituata. Rimase lì alcuni minuti a pensare all'indomani. Erano anni che non vedeva i propri genitori e sinceramente non sapeva come comportarsi.

L'incontro con loro avrebbe dovuto posticiparlo, prima di tutto doveva consegnare la lettera ad un certo Alael, un mago che abitava da qualche parte nel Mercato di Dilos. Non sapeva molto di più e quindi avrebbe dovuto passare tutta la giornata a cercarlo. Il solo pensiero la scoraggiò... si sentiva così stanca... troppo stanca...

Estragon zampettò sul letto ed arrivò ad acciambellarsi sul cuscino, accanto alla testa della ragazza, strappandole un lieve sorriso. Lo accarezzò velocemente prima di voltarsi dall'altra parte e chiudere gli occhi.

Il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi fu per Alexi... chissà perché gli era venuto in mente.

Non ebbe il tempo di pensarci perché il sonno sopraggiunse come una coltre di neve sul suo corpo.

Julian

La luce della luna illuminava il letto del ragazzo che, sdraiato con la pancia in su, osservava il soffitto pensando a Sophy. Quel giorno aveva risolto un altro caso, particolarmente facile tra l'altro, un ragazzo scomparso che alla fine si era semplicemente perso nelle fogne della città. Perché mai i ragazzini dovevano andare a giocare proprio la sotto non se lo riusciva a spiegare ma tant'è che aveva passato tutta la giornata a cercarlo.

Quella sera aveva mangiato da Oarf e, quando Sophy aveva staccato il turno, si erano ritrovati con lei e Deman a giocare a carte nel piccolo appartamento dei suoi due unici amici.

Ora era tardi e Julian si sentiva terribilmente stanco, forse troppo stanco rispetto a quello che aveva fatto durante il giorno.

Sentiva al piano di sopra il russare pesante di Artur, più tempo passava più il vecchio stava male. Un tempo non aveva quei problemi respiratori ma ormai il ragazzo si era abituato anche al russare e lo considerava più o meno come una ninna-nanna.

Chiuse gli occhi ed il volto di Sophy gli apparve, sporco e triste come la prima volta che l'aveva incontrata. Il calore gli avvolse il cuore, misto alla tenerezza che quell'immagine gli procurava.

Fu con il sorriso che si abbandonò al sonno, l'indomani non aveva casi particolari a cui badare e Sophy aveva solo il turno di mattina nella locanda del Grillo Impagliato quindi, se fossero stati fortunati, avrebbero potuto fare qualcosa di interessante assieme...

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Ma quella notte non sarebbe stata riposante per i Tei. Quella notte sarebbe stata una notte diversa dalle altre, che non avrebbero dimenticato facilmente. Quella notte non fu come le altre, fu una notte di magia. I Tei fecero lo stesso sogno, lo stesso incubo, che sarebbe rimasto nei loro ricordi a lungo.

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"Davanti a sé una città, distrutta. Volute di fumo si levano dalle macerie che un tempo potevano essere chiamate case. Tutto intorno grida di disperazione, grida di morte. Di morte era anche il fetore che aleggiava ovunque, sotto un cielo grigio, oscurato da nubi e cenere. Nell'ombra, che copre quasi ogni parte della città, si intravedono occhi, figure furtive corrono a nascondersi, si sentono sussurri maligni e risate sadiche. Una sensazione di terrore e dolore, di disperazione e vuoto pervade le immagini, una sensazione talmente orribile da far breccia anche nei cuori più sadici e crudeli. In quella città l'aria stessa odora di dolore e di depravazione.

Poi una voce risuona nella testa, una musica spettrale, accompagnata da una canzoncina cantata da una voce roca ma melodiosa:

Ascolta ora la mia melodia: ah, come canta il mio flauto! Prestate attenzione al mio richiamo, oh mortali, e non pensate a ciò che vi attende nelle ombre, ove il canto di questa sirena vi attira. Venite uomini, venite ratti, venite creature della notte. Non ascoltate le grida di coloro i quali sono partiti prima di voi, non guardate l'orlo dell'abisso ove i vostri passi di danza vi conducono.

Danzate al suono del mio flauto, anche se i vostri piedi sono piagati e sanguinano. Sorridente con me, anche se è il sorriso del teschio, e la vostra pelle si stacca. Ridete con me, anche se le vostre gole possono soffocare di bile.

Siete tutti miei pupazzi e vi condurrò in un'allegra danza...

L'allegra danza della morte..."

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AAAH!

Un solo urlo, e un’espressione sconvolta. Il fiato era corto, e digrignando i denti e afferrando le lenzuola il giovane uomo si accorse che erano fradice di sudore. Gli occhi sbarrati rimasero a fissare il soffitto, come se l’angoscia che gli strizzava il cuore non gli desse nemmeno l’opportunità di muoversi.

Quando riprese nuovamente il controllo delle proprie membra, solo allora, notò che aveva stretto le coperte della branda talmente forte da procurarsi dolore e un accenno di crampi alle dita; il letto era quasi totalmente disfatto… non doveva aver passato una notte confortevole.

Anche il respiro tornò. Inizialmente ancora irregolare, poi più stabile. Tuttavia le immagini nella sua testa sembravano oscurargli il campo visivo a tal punto che si sentì perso in un mondo di vuoto e tenebra. Vuoto e Tenebra, come in quella città..

Istintivamente, la prima cosa che il vice sceriffo fece quando poté tornare in sé fu cercare Badger con gli occhi. Grazie a una fioca luce – la notte stava rischiarendo per lasciar posto al sole - intravide che il cucciolone stava dormendo beatamente, e la cosa lo confortò non poco. Almeno lui stava bene..almeno lui non aveva sognato. Ancora semidisteso sul letto, con qualche scricchiolìo Aragas si girò su un fianco, quanto bastava per poter allungare una mano a cercare il contatto con il folto e ispido pelo dell’animale che sognava beatamente proprio lì accanto. Lo accarezzò, prima appena sfiorandolo con le dita, quindi il bisogno di sentire il calore del suo legame più profondo gli fece cercare il pieno contatto con il robusto costato dell’animale, fino a dargli la possibilità di seguire il battito del suo cuore. Quel ritmo lo calmò, abbastanza da riuscire a farlo nuovamente pensare senza che quelle immagini.. …ma anche suoni, odori, sapori..

Dannazione.

Quasi di scatto, alzò il busto e pose i piedi a terra, continuando a cercare una regolarità in quel respiro che sembrava prendersi gioco di lui. Pensieroso, serio, e dalla fronte ancora imperlata di sudore, alzò la mano destra chiusa a pugno fino alle labbra, affondando i denti sulle nocche e stringendo. Stringendo e mordicchiando, come se quel piccolo gesto potesse servire a riportare sé stesso alla realtà.

Era un sogno. Era frutto della mia fantasia. si disse a voce abbastanza alta da potersi convincere da solo, tuttavia Badger non si svegliò nemmeno allora. Lentamente ma in maniera decisa lasciò che le lenzuola gli scivolassero addosso e sì erse completamente nudo nel silenzio delle ore che precedono il mattino, muovendosi verso l’unica, piccola, finestrella della sua stanza; accanto ad essa una brocca con ancora dell’acqua del mattino precedente. Se ne versò un po’, per poi andare a scostare la tendina ed aprire le ante che aveva meticolosamente serrato prima di cadere nel letto. All’inizio fu costretto a socchiudere appena gli occhi, con la luce che – lenta ma costante – andava rischiarando la città di Dilos. Le stelle non erano ormai altro che rari spilli conficcati nel cielo cobalto, quando le iridi grigiastre del vice sceriffo si affacciarono sulla strada per guardare la città. Era la sua città…e, per il momento, le cose non sembravano andare troppo male, anche se quella faccenda del porto non lo convinceva per niente. Sarebbe stato meglio andare a controllare, tanto era già sveglio.

Si vestì ed uscì, senza neanche svegliare Badger. Sarebbe tornato prima di colazione.

Una volta investito dalla fredda luce di una nuova giornata a Dilos, pregò gli dei che questa lo distraesse almeno un po’.

Spoiler:  
Aragas dunque esce, poco prima che sia l'alba, e fa una passeggiata per Dilos cercando di raccogliere qualche informazione riguardo possibili fattacci accaduti il giorno precedente. Visto che la guardia cittadina vigila 24 ore su 24, si dirige verso i posti delle sentinelle o le caserme. Raccogliere informazioni +7
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Julian! JULIAN! Svegliati!!

...aaAAAaah...

Julian urlava da diversi minuti nel sonno, apparentemente senza rendersene conto.

Deman e Sophy, svegliati di soprassalto, si erano fiondati a controllare cosa stesse succedendo, seguiti poi dal vecchio Artur Eliod.

Quando Julian tornò in se Deman lo scuoteva per le spalle chiamandolo. Julian d'improvviso smise di urlare e dimenarsi ed a poco a poco aprì gli occhi.

Vide l'amico fraterno chino su di lui, dietro Sophy in vestaglia da notte terrorizzata e poi oltre il vecchio maestro preoccupato come mai gli era capitato di vederlo.

Dopo qualche respiro affannato Julian si calmò del tutto.

Stai bene ora ragazzo? disse il vecchio con una voce estremamente roca

Si... si, ora va già meglio, era solo un incubo.

Deman lo lascio e fece un sospiro profondo. Ci hai fatto preoccupare, Julian. disse tornando tranquillo. Sophy invece era ancora preoccupata, ma se ne stava in silenzio.

Il vecchio Eliod aveva in viso la sua espressione pensierosa, con la fronte corrugata. Il fatto è strano, non ti è mai capitata una cosa del genere, e poi la nostra difficoltà nello svegliarti non è normale in nessun caso. Daltro canto potrebbe non essere niente, ora riposati e facci sapere se non ti senti bene. disse voltandosi verso la porta.

Sicuro è tutto apposto? sibilò finalmente Sophy, praticamente un sussurro senza voce.

Si sta tranquilla, è passato. Accompagna Artur a letto. Abbiamo ancora qualche ora di sonno, ora mi riposo un po' e poi ci vediamo tra un po'. rispose Julian tirando un sorriso.

Quando i tre ebbero lasciato la stanza sollevò il braccio che aveva nascosto tra il letto e il muro appena si era accorto di star stingendo il pugnale con estrema forza, sperando che gli altri non se ne fossero accorti.

Rimirò per un attimo la Piuma, la sua fattura pregiata e il ricordo di quando Sophy glie lo regalò bastarono a tranquillizzarlo.

Eppure i ricordi dell'incubo erano ancora vividi, Incubo... così l'aveva descritto alla sua "famiglia", eppure non era un incubo come gli altri, era qualcosa di molto più vivido e reale: da un incubo non ci si difende con una lama affilata.

Dopo poco più di un paio d'ore sorse l'alba. A parte il ronfare del vecchio, Julian sospettava che nessun altro avesse preso sonno. Si vesti ed uscì dal piccolo appartamento al primo piano della Torre.

Si sporse dalle scale ed al piano di sotto Sophy già stava pulendo la sala.

Ciao. disse Julian con un tono allegro per attirare la sua attenzione.

Julian! Come stai? la voce del ragazzo la colpì di soprassalto, poi nel rispondere già stava correndo su per gli scalini per raggiungere il piano di sopra.

Aspetta scendo io. Tutto bene, mi sono ripreso e riposato. mentì.

Ok, se lo dici tu. Due secondi ed andiamo al Grillo, però guarda ti avverto che mi devi spiegare per bene che ti è successo, capito?

Si va bene, Deman?

E' già andato al cantiere, è uscito più di un ora fa.

Tra altre chiacchiere oziose uscirono dalla Torre per andare alla locanda difronte.

Lì salutarono con un sorriso lo scorbutico Oarf e si sedettero a fare una veloce colazione prima che Sophy si mettesse al lavoro.

Allora spiegami, non mi hai mai parlato di incubi, ne fai spesso?

No... sogni fantasiosi, ma difficilmente incubi.

E cosa hai sognato?

Hum...

Spoiler:  
Si è fatto tardi e devo scappare all'uni, continuo sta sera aggiustando un po' anche quello che ho già scritto, spero vada bene.
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Incredibile Rodario

Fischiettando allegro tra sé e sé l'Incredibile Rodario entrò nella stanza della locanda. Si sentiva particolarmente allegro, la carovana che lo aveva trasportato fino a Dilos era una comunità di gitani che gli erano sembrati particolarmente simpatici. Oltre al fatto che anche loro si dilettavano, seppur nemmeno minimamente ai livelli fantasmagorici che lui aveva raggiunto, di magia arcana (facevano perlopiù piccoli trucchetti ma erano abbastanza divertenti...) gli avevano anche venduto quel dente di drago (in effetti gli sembrava un po' piccolino e poco appuntito ma il gitano gli aveva assicutato che si trattava di un drago delle paludi famoso per la sua dentatura piccola e non appuntita ed era stato molto ma molto ma molto convincente) per una cifra irrisoria. Solo centocinquanta monete d'oro per un cimelio così importante! Dicevano che portasse fortuna, non che lui ne avesse bisogno con i suoi mirabolanti poteri, ma comunque era particolarmente interessante. E poi in quanti potevano affermare di avere un vero dente di drago?

Comunque sia la stanza non gli dispiaceva, certo non era regale come avrebbe meritato, ma almeno era pulita... e poi era rimasto affascinato dall'enorme grillo impagliato nella sala comune. Con tutta calma si spogliò, appoggiò con cura la sua preziosissima bacchetta accanto al letto, si tolse le pantofole gialle e si sdraiò. Si sentiva stanco... troppo stanco. Lui era un valente incantatore ed era abituato a fatiche ben maggiori di quel viaggio, però gli occhi gli si chiudevano senza che riuscisse ad evitarlo.

Fu così che nel giro di pochi istanti si addormentò, con un sorriso beato sul volto.

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Ma quella notte non sarebbe stata riposante per Lui. Quella notte sarebbe stata una notte diversa dalle altre, che non avrebbero dimenticato facilmente. Quella notte non fu come le altre, fu una notte di magia. Lui fece lo stesso sogno, lo stesso incubo, che sarebbe rimasto nei suoi ricordi a lungo.

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"Davanti a sé una città, distrutta. Volute di fumo si levano dalle macerie che un tempo potevano essere chiamate case. Tutto intorno grida di disperazione, grida di morte. Di morte era anche il fetore che aleggiava ovunque, sotto un cielo grigio, oscurato da nubi e cenere. Nell'ombra, che copre quasi ogni parte della città, si intravedono occhi, figure furtive corrono a nascondersi, si sentono sussurri maligni e risate sadiche. Una sensazione di terrore e dolore, di disperazione e vuoto pervade le immagini, una sensazione talmente orribile da far breccia anche nei cuori più sadici e crudeli. In quella città l'aria stessa odora di dolore e di depravazione.

Poi una voce risuona nella testa, una musica spettrale, accompagnata da una canzoncina cantata da una voce roca ma melodiosa:

Ascolta ora la mia melodia: ah, come canta il mio flauto! Prestate attenzione al mio richiamo, oh mortali, e non pensate a ciò che vi attende nelle ombre, ove il canto di questa sirena vi attira. Venite uomini, venite ratti, venite creature della notte. Non ascoltate le grida di coloro i quali sono partiti prima di voi, non guardate l'orlo dell'abisso ove i vostri passi di danza vi conducono.

Danzate al suono del mio flauto, anche se i vostri piedi sono piagati e sanguinano. Sorridente con me, anche se è il sorriso del teschio, e la vostra pelle si stacca. Ridete con me, anche se le vostre gole possono soffocare di bile.

Siete tutti miei pupazzi e vi condurrò in un'allegra danza...

L'allegra danza della morte..."

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L'anziano gnomo si agitava nel letto, aggredito da un'esperienza di cui avrebbe fatto volentieri a meno.

Le sue mani tracciavano frenetiche nell'aria complicati segni arcani, nel tentativo di proteggersi da tutta quella violenza, quel terrore, invocando i più terribili prodigi e l'aiuto del grande Monos.

Ma i suoi occhi erano chiusi, e L'Incredibile era ancora intrappolato nella morsa di quel sogno terrificante.

Si accucciò in un angolo delle macerie, cercando di farsi piccolo mentre tesseva intorno a sé trame magiche che lo avrebbero preservato dal contatto con quell'immondo mondo.

La sua mente andò indietro negli anni, a quando il suo Maestro e Mentore aveva messo in guardia l'allora giovane apprendista dal frequentare certi luoghi e certe compagnie, giovani degeneri che durante demoniaci ritrovi si lasciavano andare alle più nefande turpitudini, musiche ammaliatrici e danze scatenate, droghe, fumi e lascive fanciulle ignude che spargevano peccato e malattie come marmellata sul pane fresco.

Ed egli aveva dato retta a Lui, si era tenuto lontano da ogni viltà e tentazione: possibile che adesso, alla veneranda età di quasi due secoli, dopo una vita spesa in studi e sacrifici, dovesse finire così?

Poi udì il musico chiamarlo, udì il suo flauto distorto e la sua musica tremenda, e quelle parole ancor più terribili...

"No!" urlò L'Incredibile "Figlio degenere degli inferi, non mi avrai! Tu non sai chi sono io, non sai cosa rischi... io sono L'Incredibile Rodario, l'Arcimago, non lascerò apporre su di me il tuo sigillo depravato, non mi lascerò andare alle tue danze...no!...no!!"

Ma il musico, presenza intangibile che risuonava nell'aria senza mostrarsi, sembrava non avvertire il potere delle sue magie, e suonava e parlava, parlava e suonava.

L'Incredibile Rodario si apprestò allora a lanciare l'incantesimo finale, quello che non aveva mai osato completare per paura delle terrificanti conseguenze, l'estremo tentativo di distruggere tutta quell'immondezza anche a costo della sua vita. Sollevò in alto le braccia...

... e si ritrovò a letto.

Sudato e scarmigliato, le lenzuola attorcigliate attorno al corpo come un sudario sepolcrale, Rodario impegò parecchi istanti per realizzare di essersi svegliato. Il mondo era molto diverso ora da quello di pochi istanti prima: non c'erano più né fumo né urla, né melodie né voci inquietanti; tutto appariva annebbiato, sfocato, come disciolto nell'acqua torbida, e così fu finché non ricordò di allungare la destra verso il comodino e inforcare gli spessi occhiali da vista.

Il mondo ora era come lo ricordava... forse un po' più brutto, ma aveva la sensazione che nemmeno lui avesse un gran bell'aspetto, in quel momento.

Si girò preoccupato verso Myke, il suo famiglio invisibile, e non vedendolo si preoccupò.

Girandosi dall'altro lato però lo scorse, mentre a sua volta la creatura si destava da un sonno decisamente più ristoratore del suo, e questo fu sufficiente a tranquillizzarlo un poco.

La melodia del sogno però non voleva andarsene, e continuava a tormentarlo nella mente... tiritan tirintiran ...pumpam tirin tiritan.... trallallè trallallan patù pa.... tirin tiran...

Servì un immenso sforzo della sua immensa concentrazione, e un altrettanto immenso sbadiglio, per liberarsi da quell'incantesimo che sembrava volerlo afferrare anche alla luce del giorno nascente.

Si sentiva ancora tremendamente stanco, e scosso, ma sapeva che non avrebbe ripreso sonno, perciò portò le gambe fuori dal letto e infilò le amate pantofole gialle, un gesto così abitudinario e confortante che si lasciò sfuggire un sospiro di piacere.

Ora che andava sempre più liberandosi dall'abbraccio del sonno, Rodario ripensò al sogno appena fatto.

Ripercorrere quelle terribili scene non lo faceva star bene, ma iniziava a considerare l'ipotesi che quella non fosse una di quelle feste orrende di cui gli aveva parlato il Maestro.

Sì, c'era la musica altissima, c'era gente che si dimenava e urla e grida e il fumo - anche se nel sogno era nero, non colorato come ricordava - però non aveva visto ragazze ignude...

Questo pensiero da un lato lo consolò, aveva preservato la sua onorabilità!, ma d'altra parte l'inquietudine non accennava a lasciarlo...

A cosa aveva assistito? Che significato aveva quel sogno? E cos'era quell'improvviso bruciore alla vescica?

Accingendosi verso il bagno, L'Incredibile Rodario fu preso dal terribile pensiero che tutto quel malessere e quella stanchezza non gli avrebbero permesso di preparare i suoi incantesimi più importanti, quel giorno.

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[continua]

Humm.. Non riesco a ricordare bene, so solo che non è stato piacevole e mi ha lasciato per un po' un senso d'inquietudine addosso, ma ora è tutto apposto e non devi più preoccupartene. In realtà ricordava perfettamente, ma sentiva di non poter e di non voler aggiungere altro.

Sophy dopo qualche attimo di silenzio, sicura che Julian non avrebbe detto altro riprese a parlare.

Che strano, e sai una cosa ancora più strana? Poco prima che iniziassi ad urlare nel sonno ho sentito qualcun altro, non molto lontano da casa urlare per qualche minuto, sembrava una donna, ma non ne sono sicura. Comunque, ciò che è certo è che hai una faccia terribile, perchè non provi a riposarti un po'?

- No grazie, non ne ho proprio voglia, quello che vorrei è avere qualcosa che mi impegni la giornata.

- Va bene, come vuoi tu. Dopo aver badato ai clienti della mattina mi accompagni a fare i rifornimenti per la cucina di Oarf al mercato. Ora finisci di mangiare, e lascia pulito! Io vado in cucina.

- Va bene, ti aspetto qua.

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"I corvi, fratelli neri del Demone, si radunano come necrofagi sui cadaveri. Avidità, ambizione, inganno ed odio, tutti si affollano attraverso il cancello infuocato.

Chi indossa ora la corona di Monos, se non chi ne può essere spodestato."

- Canto XXIII del "Cantico infernale" di Maccadamus -

Aragas

Il giovane investigatore uscì per le strade della cittadina mercantile, con il fido Badger che lo seguiva da vicino.

Vagò per una buona mezz'ora senza una meta, immerso nei propri pensieri, con le immagini del sogno che continuavano a ronzargli nel cervello. Per quanto si impegnasse non riusciva a togliersele dalla mente. Ma in fondo era stato solamente un sogno no? Certo... estremamente reale... ma soltanto un sogno.

Il suo girovagare lo portò finalmente ad una delle sedi della guardia cittadina. Quando vi entrò nessuno fece per fermarlo ed alcuni lo salutarono anche con un sorriso. In fondo era conosciuto, c'erano stati molti casi che erano stati risolti grazie alle sue capacità.

Si avvicinò ad un ragazzotto muscoloso e con una zazzera rossa che gli cadeva su un viso bonaccione e lentigginoso. Si chiamava Redler ed era da poco nella guardia. Da quando Aragas gli aveva salvato la vita pochi mesi prima il raggetto stravedeva per lui.

Buongiorno Redler... turno di notte eh?

Il ragazzo vedendolo si illuminò.

Buongiorno a voi signor Downing!

Quante volte ti ho detto di darmi del tu e di chiamarmi semplicemente Aragas?

Il ragazzo arrossì vistosamente e si portò una mano dietro la nuca imbarazzato.

Avete ragione signor... ehm... Aragas

L'imbarazzo e la goffaggine della giovane guardia fecero sorridere l'investigatore che per un secondo, un solo infinitesimale secondo, dimenticò il sogno.

Ma dimmi... è successo qualcosa d'interessante stanotte? Qualche caso che possa fare per me?

Redler era sempre stata un'ottima fonte di informazioni. Un sempliciotto che stravedeva per l'investigatore era sempre disposto a rispondere a tutte le domande che gli venivano poste.

No signore... è stata una serata fin troppo tranquilla. Ai piani alti pensano che sia solo la calma prima della tempesta ma a parte qualche piccolo furtarello ed uno o due omicidi non è successo nulla. Non le sembra strano?

Effettivamente per la media di Dilos era stata una notte veramente calma ma Aragas non se ne curò, il sogno aveva ricominciato a tormentarlo.

Vi sentite bene signor Downing? Non avete una bella cera...

Qualcosa nel profondo dell'investigatore sembrò suggerirgli di non dire niente, di non entrare nei particolari perlomeno.

Oh niente di cui preoccuparti... ho avuto una nottataccia...

Redler sorrise.

So io cosa farebbe per voi! Al Grillo Impagliato, la locanda del vecchio Oarf, fanno delle colazioni da urlo e questa mattina c'è anche un'offerta speciale... Uova e Pancetta raddoppiate a prezzo dimezzato! Fidatevi di me signore, è quello che ci vuole per superare una brutta notte!

Ancora una volta l'ingenuità del ragazzo fece sorridere l'investigatore che annuì al ragazzo e si allontanò.

Sembrava proprio che non ci fossero casi per lui... forse l'idea della colazione non era una malvagia idea... forse...

Julian

Sophy si allontanò, andando a guadagnarsi la giornata, lasciando Julian da solo di fronte alla sua porzione abbondante di uova e pancetta.

Il suo stomaco era ancora rivoltato dal sogno però sapeva di non potersi permettere di non mangiare se voleva essere in forma per la giornata. Sarebbe uscito con Sophy e doveva essere al massimo delle forze.

Controvoglia iniziò a smangiucchiare la pancetta croccante mentre con la mente non poteva evitare di tornare al sogno.

Era stato solo un sogno, certo, ma perché lo turbava ancora?

E quel grido di cui aveva parlato Sophy? Sarebbe dovuto andare a controllare ma si sentiva stanco... troppo stanco...

Rimase quindi seduto a mangiare controvoglia, ogni tanto dando un occhiata all'amica che lavorava e lanciandole qualche sorriso.

L'incredibile Rodario

Uscito dal bagno il celeberrimo Arcimago si sentì improvvisamente meglio. Certo, il sogno era ancora nella sua mente, martellante ed invadente, con le sue immagini di dolore e morte, ma almeno la vescica non gli bruciava più.

Con tutta calma di rivestì, quasi gli dispiaceva non aver visto anche le ragazze ignude nel sogno. Certo, erano distrazioni e creature degli inferi, il cui unico scopo era corrompere gli uomini retti e giusti.. però erano anche ignude!

Con questi pensieri in testa, consapevole di dover aspettare che il sogno passasse dalla sua mente per lasciar spazio per gli incantesimi da preparare, si vestì e, chiamato Myke, scese nella sala comune del Grillo Impagliato, dove lo aspettava la colazione. Immaginava che non sarebbe stata la colazione sontuosa degna di un arcimago, ma lo stomaco, nonostante la nausea data dal sogno, brontolava e tutti sapevano che gli incantesimi si preparano meglio a pancia piena...

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Lo spirito del giovane gli fece comparire un sorriso sincero sulle labbra, sincero e finalmente spensierato.

Una buona colazione probabilmente poteva tirarlo un po’ su, senza contare che il Grillo Impagliato era il ricettacolo di quasi tutte le notizie che ai posti di guardia della città non avrebbero potuto avere. Come al solito, dovere e piacere..

Grazie della dritta Red.. rispose, abbinando alla cortese risposta un occhiolino informale. Poi, al ricordo della paga ben misera che era riservata alle giovani reclute, aggiunse a ciò il lancio di un paio di monete d’oro verso il ragazzo ..quando stacchi facci un salto anche tu..offro io!

Lasciò la sede della Guardia cercando di perdersi per le strade di Dilos, che purtroppo per lui conosceva fin troppo bene. Allungò il giro appositamente, nel tentativo di respirare ancora un po’ di quell’aria intrisa di mille odori diversi e convincendosi che la città –pur con i suoi mali- era sempre la solita città. La grande metropoli, la vecchia Dilos. E stare con Badger lo sollevava non poco; il grosso akita gironzolava intorno a lui, annusando e scoprendo e corricchiando qua e là. Era come se il giovane umano si perdesse in lui, dentro il suo sè, diventando il suo caro amico e compagno invece di essere Aragas il vice-sceriffo con un peso fin troppo grande in fondo al cuore.

Giunto sulla soglia del Grillo Impagliato, fece il suo modesto ingresso assicurandosi che Badger non disturbasse nessuno. Come al solito vestito come un comune cittadino, entrò e si guardò intorno per familiarizzare con l’ambiente; era già stato in quella locanda, era abbastanza nota in città, ma il suo stile di vita più che morigerato non aveva fatto del Grillo –come di nessun’altra osteria- uno dei suoi luoghi preferiti. Cercò un tavolo, fortunatamente accaparrandosi uno degli ultimi liberi, per poi sedersi e ordinare la colazione speciale: si fidava di Redler e non sentì il bisogno di chiedere conferma di quella piccola “soffiata”.

Uova e pancetta..quello che ci vuole oggi, amico mio..! esclamò una volta che fu servito, apprestandosi a mangiare e dando qualche pacchetta affettuosa sulla testa del cane accucciato impeccabilmente sotto il tavolo. Questo sapeva perfettamente che almeno un po’ di quella pancetta croccante sarebbe andata a lui, non aveva quindi alcun motivo di richiamare l’attenzione del suo umano.

Cercando di saziare il vuoto nel proprio animo Aragas si riempì lo stomaco, e per scacciare gli orrori dalla propria mente provò a trovare qualcosa nell’affollato locale su cui posare con interesse i propri occhi.

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Mentre mangiava contro voglia teneva d'occhio l'andirivieni degli avventori mattinieri, come suo solito. Ricercava i segni che ognuno di loro si portava dietro, tracce che parlassero del lavoro, della loro storia e della loro vita privata.

Una riga di salsedine sugli stivali di un uomo alto e allampanato gli rivelarono che rimaneva a lungo con i piedi a mollo sul bagnasciuga, probabilmente faceva lo scaricatore. Un altro era visibilmente assonnato e coperto di macchie e polvere, forse lavorava di notte spazzando le strade di Dillos. Altri parlavano del prezzo del grano...

D'improvviso fu interrotto da Oarf, che con la sua solita aria scorbutica lo fissava.

Il signorino ha finito? domandò sarcastico prendendo l piatto vuoto.

Si Oarf, prendi pure. a... GRAZIE, era SQUISITO. rispose Julian sorridendo.

Se, se.

Oarf odiava essere ringraziato e Julian lo sapeva. In realtà l'oste credeva di non meritarsi nessun ringraziamento, a causa di ciò che aveva fatto in passato, e così si mostrava duro e scorbutico con tutti.

Prima di andarsene però aggiunse: Hei Julian, hai proprio una brutta cera, non sarai mica malato?

- No no, non preoccuparti.

- Non mi preoccupo, cerca di non attaccare niente a Shopy, che senza di lei i clienti fuggono. concluse per poi ritornare in cucina.

Julian rivolse la sua attenzione all'ingresso. In quel momento entro un uomo accompagnato da un bellissimo cane. Il passo era fiero e marziale, un militare, o forse uno sbirro. Probabilmente il secondo, visto che i militari curano con magio rigore l'aspetto. L'uomo era pallido e con profonde occhiaie, proprio come Julian e, proprio come il ragazzo, non sembrava avere fame.

Julian studiò con attenzione l'ultimo venuto, a causa del fatto di non riuscire ad avere altre informazioni sul suo conto, troppa attenzione tant'è che l'uomo si accorse dello sguardo indagatore del ragazzo e con un occhiata lo fece trasalire.

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L'incredibile Rodario scese la scala di legno che conduceva alla sala comune.

Maestoso nel suo raffinato completo, venne accolto dall'oste con un ampio sorriso: l'uomo battè le mani, e il dolce suono di due violini riempì l'aria della locanda, mentre due graziose fanciulle dai capelli color del grano laniavano petali di gigli sul cammino dell'Arcimago. Gli avventori si alzarono piedi, battendo le mani e offrendo i loro volti sereni all'eroe, grati della sua presenza. Compiaciuto e onorato, L'Incredibile salutò con un elegante cenno della mano, i suoi occhi illuminati dalla benevolenza. Notò con piacere di conoscere il motivetto suonato dai musici, anche se non ricordava esattamente dove l'aveva già ascoltato. Chiese a Myke se per caso ricordasse quella canzone, ma il silenzio del famiglio invisibile fu suffiientemente eloquente: Myke non ricordava.

Leggermente infastidito, Rodario tornò a posare la sguardo sulle fanciulle, ma qualcosa era cambiato: non scagiavano più petali profumati ai suoi piedi, ma dondolavano ipnoticamente due pesanti incensieri, i cui fumi neri e pestilenziali iniziavano ad ammorbare l'aria.

Grida e urla iniziarono a diffondersi nell'atmosfera ora asfittica del locale, la musica che cresceva d'intensità divenendo insopportabile: ora ricordava! La melodia del musico perverso! La melodia della notte appena scorsa!

Una grassa e malvagia risata proruppe dalla bocca dell'oste, che ora lo fissava con occhi illuminati da un bagliore infernale.

Il sogno ad occhi aperti di Rodario ai era trasformato in un incubo ad occhi aperti.

La verità è che niente di tutto questo accadde veramente. La maggior parte dei clienti degnò il vecchio gnomo dal cappello a punta e dalle pantofole gialle solo di una rapida occhiata, per poi tornare ciascuno ai propri affari.

Soltanto l'oste osservò attento il mago, più che altro perché non si aspettava di vederlo in piedi così presto: di solito dormiva fin quasi a mezzogiorno.

Con passo claudicante e borbottando imprecazioni verso i dolori della vecchiaia, L'Incredibile camminò verso i tavoli, notando con piacere che c'erano molti posti liberi a sedere.

"Giovanotto, lascerebbe gentilmente il suo posto ad un anziano e acciaccato arcimago?"

disse rivolgendosi ad un tale dalla pelle chiara e dalle occhiaie pesanti.

Soltanto allora notò il cane parzialmente nascosto dal tavolo. Muovendo gli spessi occhiali con la sinistra, studiò per qualche istante la creatura, in attesa della risposta dell'uomo.

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Si voltò casualmente, e lo colse di sorpresa a quanto pare. Era un ragazzo, forse solo di qualche anno più giovane di lui, ma evidentemente senza una vita che gli aveva fatto assumere un portamento decisamente maturo. Inizialmente Aragas fece poco caso all’occhiata di quello sconosciuto, tuttavia a farlo incuriosire un poco fu il fatto che, una volta sorpreso, questi spostò immediatamente il suo sguardo. Il vice sceriffo non era troppo noto in città, vista la discrezione con cui agiva in ogni circostanza, dunque fu abbastanza una sorpresa. Poi, solo dopo qualche istante, notò il pallore di Julian, l’aspetto di chi non aveva passato una notte tranquilla, e quella musica gli tornò a violare la pace della mente.

Danzate al suono del mio flauto, anche se i vostri piedi sono piagati e sanguinano. Sorridente con me…

Strinse i denti, serrò un pugno, e fu in quel momento, mentre ancora aveva gli occhi vuoti persi sui lineamenti del ragazzo dall’altra parte della sala, che una voce sembrò venirgli in aiuto.

Si voltò, ancora confuso e visibilmente scosso, trovando di fronte a sé un vecchio gnomo che Badger nel frattempo sembrava aver cominciato ad annusare con interesse.

…prego? Fu l’unica risposta che riuscì a formulare, per realizzare la domanda che gli era stata posta solo in un secondo momento ..oh, sì, certamente..

Si guardò un istante intorno, facendosi da parte e schioccando la lingua verso il grosso cane sotto il tavolo, invitandolo a spostarsi così da liberar la piccola panca dall’altra parte del piccolo tavolo, la gemella di quella su cui era seduto Aragas. Mosse anche il piatto e il bicchiere avvicinandoli a sè, per poi riportare le iridi grigiastre sul nuovo venuto Così dovremmo poter accomodarci entrambi. Un sorriso forzato gli comparve sul volto, ancora macchiato dalla canzone che, latente, continuava anche in quel momento a risuonare in una remota parte di lui. Forse proprio per necessità di distrarre sé stesso, più che per curiosità, richiamando a sé le parole d’esordio dello gnomo, aggiunse …arcimago, avete detto? In questo caso, oltre che un piacere, è un onore sedermi al vostro stesso tavolo, messere.

Tirandosi appena indietro con il busto e posando i polsi al limitar del tavolo, continuò ad interessarsi alla curiosa figura che era venuta a distrarlo, aspettando che si accomodasse di fronte a lui.

Se posso, per oggi consiglio di usufruire dell’offerta della locanda. Uova e pancetta doppie, a prezzo dimezzato disse cordialmente, e con un gesto molto vago prese fra le dita un pezzettino di bacon croccante allungandolo sotto il tavolo per il suo compagno che lo accettò di gusto , soddisfatto.

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  • 2 settimane dopo...

E' un piacere vedere che ancora esistono giovini di buona educazione. C'è tanta di quella maleducazione oggi in giro...

Disse L'Incredibile Rodario sedendosi al posto cedutogli dall'uomo.

Ma devo rifiutare il tuo consiglio, ragazzo... uova e pancetta mi farebbero defecare liquido per giorni interi. I disturbi dell'anzianità... intestino debole... ho testato mille pozioni magiche, ma non c'è niente di più ostinato della diarrea.

Approfittò del passaggio in quell'istante di una cameriera per ordinare un piatto di sana minestra di lenticchie e del vino rosso, poi approfittò della stessa che si voltava per tornare al bancone per scrutarle con attenzione gambe e sedere.

Piuttosto figliolodisse tornando a rivolgere le spesse lenti da vista al commensale ho notato che anche tu hai un famiglio. Sei un apprendista eh? Ho l'occhio lungo io, l'avevo capito subito.

Poi aggiunse indicando l'aria accanto a sé

Lui è Myke, il mio famiglio. Non molto socievole, ma piuttosto intelligente per un creatura di questo tipo. D'altra parte il detto recita: tale mago, tale famiglio.

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Aragas accolse le prime parole dello gnomo con un caldo sorriso, abbassando il capo in un cenno di ringraziamento per la cordialità del compagno di tavola. Ciò che, invece, lo colse parzialmente alla sprovvista, fu tutto quello che uscì poi dalle labbra dell’Incredibile. Non potè trattenersi dall’inarcare un sopracciglio, spostando per un attimo gli occhi grigiastri in giro per la taverna quasi a cercare un alleato per poter continuare quell’assurda conversazione riguardo i problemi intestinali.

Fortuna che stiamo facendo colazione..

Posò il cucchiaio, e sentendo Rodario cambiare argomento si sentì più che sollevato, andando lui stesso a lanciare un occhiata a Badger nel sentir parlare di lui.

Oh, bhè..non è il mio famiglio. E’… una piccola pausa, quasi fosse troppo difficile ridurre il proprio intimo rapporto con il cane in poche parole, per di più durante una conversazione improvvisata con uno sconosciuto e strambo gnomo …è il mio migliore amico.

La mano destra si mosse quindi automaticamente verso la testa accucciata del grosso Akita, andando a grattarla con sommo piacere dell’interessato. Ancora una volta quel contatto lo fece star meglio, e lo interruppe solo nel rimaner nuovamente sorpreso da quell’ultima stramberia dell’Incredibile.

Eh..? M…Myke? rivolgendo lo sguardo al nulla andò a passarsi tre dita sulla fronte, cominciando a chiedersi se il suo interlocutore fosse pazzo. Sorrise, nascondendo il proprio scetticismo e invece incalzando il curioso personaggio. Quindi lì c’è un..famiglio, che io però non riesco a vedere..esatto?

Riuscendo a trattenere a fatica una risatina, andò a gesticolare verso il nulla accanto allo gnomo, aspettando una risposta per darne una definitiva al proprio quesito riguardo alla sanità mentale del vecchio.

Cosa vi porterebbe dunque in città, arcimago…? fece una pausa, non sapendo come appellare lo sconosciuto, e ricordandosi delle buone maniere, decise di aggiungere ..oh, perdonatemi. Mi sono accorto solo ora di non essermi presentato. Il mio nome è Aragas, ed è un piacere conoscervi.

Inclinò il viso appena, rivelando il pallore della carnagione, strascico stanco della notte agitata.

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Myke sì, lui è...ma che... NON TOCCARE! Giovanotto! Da quando si va in giro a mettere le mani sulle creature altrui? Ho forse palpeggiato il tuo peloso famiglio qui sotto, io? Che diamine...

Comunque sia Myke è invisibile: mi aspettavo che agli apprendisti s'insegnassero ancora i rudimenti per vedere l'invisibilità, ma noto che non è così... bah! Che mondo...

L'anziano gnomo si tranquillizzò quando il suo compare di colazione tornò ad avere modi più garbati.

Bravo ragazzo, Aragas...

Si concentrò per qualche istante, cercando di capire se avesse già sentito quel nome... dopotutto non era la prima volta che veniva qui in città.

Beh, che arcimago sarei se non praticassi la magia... ecco quel che faccio qui, mi rendo utile. Dai re ai bottegai, tutti hanno bisogno dei servigi di un arcimago! Che si tratti di vincere una battaglia, o dare un tocco d'Arte ad uno spettacolo d'attori, o scacciare una maledizione, o levare i calli dai piedi... la magia può tutto!

Magari potrei fare qualcosa anche per quella faccia smorta che ti ritrovi, sei di un pallido...

Improvvisamente lo gnomo si fece silenzioso, si ritirò di qualche centimetro e squadrò Aragas con sospetto...

Senti giovane... non è che sei andato ad una festa di quelle lì che fate voi stanotte, eh?

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Nel vedere la reazione dello gnomo al suo innocuo gesto, il giovane umano si irrigidì non poco, evidentemente imbarazzato. Serrò le labbra, incapace di decidersi se mettersi a ridere oppure provare pietà per quel vecchio.

Chissà, però..qualcosa mi dice che anche se strambo potrebbe non esser del tutto suonato..

Oh, ehm..scusate..Ricomponendosi e distendendo un nuovo e amichevole sorriso nel vedere poi il cambio d’atteggiamento dell’interlocutore, andò invece a ricordarsi del pallore che aveva visto nello specchio al mattino.

Sembrò che i suoi occhi si rabbuiassero, nell’abbassarsi sul proprio piatto. E un vento gelido venuto da chissà dove lo fece rabbrividire un istante. Fu ancora Badger che gli venne in aiuto. Aragas sentì la lingua dell’animale confortarlo da sotto il tavolo, e trovò la forza per tornare a guardare negli occhi il vecchio gnomo sforzandosi ancora di apparire il più disteso possibile. Impresa ardua.

Oh, no..solo tanto lavoro, e..bhè, qualcosa di personale su cui non penso abbiate potere. Anche se immagino siate capace di molto.

Il modo in cui il commensale aveva cercato di scoprire il motivo del suo evidente stato d’animo irrequieto riuscì a strappargli l’ennesimo sorriso divertito, quando andò a proseguire la conversazione

Quindi alloggerete qui al Grillo per molto? Sarebbe un piacere ritrovarvi per una futura colazione, messer….?

E solo allora si ricordò di non aver ancora saputo il nome dello gnomo, proprio quando non trovò l’ultima parola con cui appellarlo.

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Arcimago, prego sottolineò con decisione lo gnomo.

Mi par strano che tu non mi abbia riconosciuto, comunque sia lo gnomo sollevò un poco il mento con aria teatrale io sono L'Incredibile Rodario.

Rimase per alcuni istanti fisso in quella posa teatrale, come se volesse in questo modo favorire l'impressione sul suo pubblico, composto per il momento dal solo Aragas e dal suo fido compagno.

Non sono sicuro di volermi fermare ancora a lungo qui in città, ragazzo aggiunse lo gnomo mentre finalmente gli veniva servita la minestra, che cominciò ad aspirare rumorosamente dal cucchiaio di legno troppo grande. Niente da dire sulla...SHSHSH... locanda in sé per carità, sono sempre molto ...SHSHSH....gentili con le mie stanche ossa. Però...SHSHSH... sono molto seccato da quanto accaduto stanotte...SHSHSH... troppo baccano per le mie povere orecchie, troppo fumo e musica strana...SHSHSH... troppe grida e giovini indiavolati...SHSH... ho una certa età, non posso tollerare certe cose. ..SHS... talmente strano che...SH... mi pareva quasi di aver sognato tutto.

Aveva già terminato la minestra, almeno gran parte. Il resto era vagamente sparso sui lunghi peli scarmigliati della sua barba. Se la ripulì alla meglio con una manica della tunica, e con la stessa manica diede una strofinatina alle lenti degli occhiali, prontamente rinforcati.

Felice di sapere che tu sia un buon lavoratore, giovanotto, e non dedito a certe sconcerie. Io mi cercherò un posto più tranquillo, e magari dovresti farlo anche tu.

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Lo sguardo torvo del commensale aveva fatto desistere Julian dallo "studio" dei presenti, sguardi troppo intensi davano troppo spesso fastidio, ma dopo qualche minuto di ozio mentale portato dalla stanchezza, l'attenzione di Julian fu nuovamente attratta dallo gnomo sceso in sala, sicuramente il personaggio più curioso e particolare che in quel momento si trovava nella locanda... e probabilmente per un buon chilometro nelle vicinanze.

Anziano com'era, il caso volle che si trascinò verso l'uomo dall'aspetto militare con il bellissimo cane al seguito e la curiosità di Julian crebbe ancora. Con maggiore discrezione provò a seguire la conversazione.

Non riusci ben a cogliere il filo che seguiva il discorso, brusche svolte portavano i due su altre strade, troppe per poterle seguire da lontano e senza farsi scoprire. Riusci a cogliere il nome dell'umano, Aragas, e dello gnomo credette di aver capito che fosse un mago o un qualcosa di simile, anche se non riusci a comprendere il gesto di Aragas a mezz'aria sulla testa del mago, che parve oltretutto molto infastidito da ciò.

L'attenzione di Julian in realtà era blanda, si trattava solo di far passare il tempo e non ricercava certo indizi per un caso, eppure il sentire di stanotte, fumo, grida e musica stana lo fecero trasalire, più di una doccia fredda o un colpo in viso, più di una tromba suonata nelle orecchie e, se possibile, ancora più pallido si voltò a guardarli fissi, il volto inespressivo.

E' solo una coincidenza, possibile?

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Tutto ciò che accadde prima venne a cancellarsi dalla mente del ragazzo. Tutte le parole, le curiosità, le formalità scambiatesi con l’Incredibile non valevano niente. Quelle ultime parole dette quasi casualmente dal vecchio gnomo penetrarono in lui come fredde lame. Ancora una volta il pallore livido sembrò riaccentuarsi sul viso sbarbato del vice sceriffo, che rimase a bocca aperta irrigidendosi istantaneamente così com’era. La fame era definitivamente passata, ma la sua mano rimase con il cucchiaio in mano stringendolo forte, il polso fermo. La locanda non c’era più. Gli sembrò di esser trasportato ancora una volta in quel mondo di morte, terrore, disperazione, e rimase così per un tempo troppo evidente, con gli occhi sgranati fissi su Rodario. Probabilmente però non vedeva più nemmeno lui, ma fissava la città in rovina.

No..Non è possibile..

Avrebbe potuto chiedergli altro, levarsi dalla testa quelle tante domande che, dopo aver provato a riprendersi, gli erano venute in mente. Ma non volle andare oltre. Invece cominciò a prepararsi per andarsene, lasciando le monete necessarie per pagare –e forse anche qualcuna in più- lì sul tavolo. Si alzò muovendosi a scatti, rifuggendo lo sguardo dello gnomo e cercando invece quello di qualche cameriera a cui far notare che se ne stava andando. E nel fare ciò, ancora una volta si accorse delle occhiate che quel ragazzo seduto più in là stava rivolgendo al loro tavolo. E, tuttavia -meglio fare una cosa alla volta- accantonò un attimo le preoccupazioni che quegli occhi cominciavano a fargli sorgere.

Arcimago…Incredibile. E’ stato un piacere fare colazione con voi. Le parole gli uscirono più fredde del previsto, quasi distaccate. Evidente che aveva fretta di andarsene. Ma qualcosa, nel suo profondo, lo fece parlare ancora. Di sicuro conosco qualcuno che può aiutarvi a..trovare un posto migliore. Venitemi a cercare se avete bisogno, mi troverete nell’ufficio dello sceriffo, nella città alta. O chiedete di Aragas. Sarebbe un piacere.

Un ultimo, fugace, sguardo all’anziano gnomo, per poi voltarsi senza nemmeno dargli il tempo di rispondere con Badger al seguito. Lui si diresse, invece, verso una cameriera che intercettò altrettanto bruscamente. Ancora pallido in viso, le si avvicinò andandole a parlare all’orecchio, indicando prima il tavolo…e poi Julien.

Ho lasciato i soldi per la colazione sul tavolo..e..potreste dirmi chi è quel ragazzo? Lo conoscete?

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L'arcimago si soffermò qualche istante, perplesso dal cambiamento nell'atteggiamento del giovane di fronte a lui.

Lo squadrò cercando di carpire qualche informazione in più, ma l'interesse scemò velocemente.

Quando lo vide alzarsi, lo salutò

Grazie a te, giovanotto, per la compagnia e per avermi offerto la colazione. Son felice di vedere che esista ancora una gioventù gentile, rispettosa e generosa.

Verrò senz'altro a farti visita.

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"Nella città delle sue sorelle ritornerà su ali di fuoco. Regnerà per sempre dal suo trono in carne incorruttibile. La morte non colpirà coloro che si raduneranno nel suo nome colà. E i potenti del nord regneranno insieme sulle terre del mondo."

Il Canto di Macadamnus – Verso CXXVl

Aragas

Quando il ragazzo si avvicinò alla cameriera questa si voltò a guardarlo con un sorriso. Era una ragazza particolarmente carina, con capelli castano scuro ben curati e due occhi molto profondi.

Alla domanda di Aragas si voltò a vedere di chi parlava e, quando vide Julian, il suo volto sembrò illuminarsi con un sorriso che mostrava qualcosa più che semplice amicizia tra i due.

Quello? Oh quello è Julian! Siamo amici da molto tempo sapete? Forse non dovrei dirvelo messere ma è un bravissimo in..."

Improvvisamente la ragazza si bloccò, a metà della frase. Aragas, che le stava osservando, inarcò un sopracciglio. O almeno ci provò... ma il sopracciglio non si mosse. Turbato cercò di spalancare gli occhi per la sorpresa ma le palpebre non risposero al suo richiamo. Improvvisamente si accorse di essere bloccato, di non poter muovere alcun muscolo del proprio corpo se non le palle degli occhi. Una rapida occhiata gli mostrò che anche il resto della locanda sembrava bloccato. Come se qualcuno avese fermato il tempo. Persino Badger era diventato una statua.

Quello che lo turbò maggiormente però fu il leggero odore di fumo che gli arrivò alle narici. Subito il suo pensiero andò al sogno ma si rese conto che c'era qualosa di sbagliato, di diverso. Questo odore era estremamente reale... ed estremamente più vicino.

Fu in quel momento che iniziò a sentire calore dietro di sé. Dopodiché vide le fiamme lambire il bancone, avviluppare l'oste ed espandersi. L'aria si riempì di fumo ed Aragas, impossibilitato a tossire, iniziò a sentirsi soffocare da tutto quel fumo. L'aria iniziò a mancargli e l'impulso di tossire divenne sempre più forte, andando a creargli dolore nel non poterlo assecondare.

Poi le fiamme lambirono il suo corpo. Sentì il bruciore sulle carni, vide la propria pelle annerirsi ed arricciarsi, staccandosi dai muscoli sottostanti che nel frattempo si stavano gonfiando. Sentì il dolore lancinante di chi muore sul rogo ma se per i condannati dalla chiesa di Monos dopo pochi istanti lo shock portava l'incoscienza, Aragas rimase cosciente, sentendo le fiamme bruciargli la carne, i capelli, facendogli esplodere le vene e lasciando solamente le ossa ad annerire. Quando gli esplosero gli occhi il dolore fu ancor più lancinante.

Quello era quello che provavano i condannati al rogo... quella era la morte per mano del fuoco...

E ad un tratto il dolore scomparve, non il ricordo del dolore, no, quello rimase impresso nella mente e nelle terminazioni nervose del vicesceriffo, ma il fuoco non c'era più,l'interno della locanda era come prima, così come i la sua carne ed i suoi vestiti.

Ma il ricordo del dolore... sentiva ancora il fuoco su di sé...

"...vestigatore privato! Ve lo dico perché ogni tanto gli do una mano anch'io e posso confermare che è proprio bravo!"

Julian

L'investigatore vide il tipo con il cane alzarsi e dirigersi verso Sophy, lo vide avvicinalesi e parlarle nell'orecchio. Sentì qualcosa nel profondo, una sorta di gelosia che però non riconobbe coscientemente. Quando poi vide il sorriso radioso della ragazza, interpretandolo come una reazione ad una qualche frase del ragazzo, quella punta di fastidio nel cuore si fece sentire ancora di più.

Poi però vide che Sophy si era improvvisamente immobilizzata, così come l'interlocutore. Uno sguardo veloce gli fece notare che tutto il resto della locanda era immobilizzato. Tentò di voltarsi per guardare meglio ma i muscoli non gli risposero. Era bloccato, definitivamente bloccato! Non riusciva a muovere nessun muscolo se non le palle degli occhi.

E fu allora che le vide, cominciando dalla parete dietro alla schiena del ragazzo con il cane, fiamme che lambivano il legno della locanda. Le vide avviluppare subito lo gnomo ed iniziare ad espandersi. Il fumo iniziò a riempire la locanda, infilandosi nelle sue narici ed impedendogli di respirare. Cercò di tossire ma i muscoli non gli rispondevano e l'impossibilità di tossire gli creò ancor maggior dolore. Stava soffocando... Dopodiché fu la parete accanto alla quale era seduto lui a prendere fuoco e rapidamente le fiamme avvilupparono il suo corpo. Sentì il bruciore sulle carni, vide la propria pelle annerirsi ed arricciarsi, staccandosi dai muscoli sottostanti che nel frattempo si stavano gonfiando. Sentì il dolore lancinante di chi muore sul rogo ma se per i condannati dalla chiesa di Monos dopo pochi istanti lo shock portava l'incoscienza, Julian rimase cosciente, sentendo le fiamme bruciargli la carne, i capelli, facendogli esplodere le vene e lasciando solamente le ossa ad annerire. Quando gli esplosero gli occhi il dolore fu ancor più lancinante.

Quello era quello che provavano i condannati al rogo... quella era la morte per mano del fuoco...

E ad un tratto il dolore scomparve, non il ricordo del dolore, no, quello rimase impresso nella mente e nelle terminazioni nervose dell'investigatore, ma il fuoco non c'era più,l'interno della locanda era come prima, così come i la sua carne ed i suoi vestiti.

Ma il ricordo del dolore... sentiva ancora il fuoco su di sé...

Il mondo aveva ripreso a girare.

L'Incredibile Rodario

Il giovanotto si era alzato ed aveva pagato la colazione. L'arcimago tutto soddisfatto tornò a concentrarsi sul suo bicchiere di vino. Certo che la cameriera era proprio carina...

Sollevò il bicchiere per portarselo alle labbra ma più o meno a metà strada il braccio gli si bloccò. Improvvisamente si accorse che il suo intero corpo, ad eccezione delle palle degli occhi, era bloccato. E lui non aveva ancora preparato i suoi incantesimi giornalieri! Quale arcana magia gli era stata lanciata contro? Chiunque fosse stato doveva essere un mago molto potente! Ma lui era L'Incredibile Rodario ed avrebbe avuto la meglio anche su quella magia!

Fu allora che vide la parete di fronte a sé prendere fuoco ed improvvisamente tutti suoi progetti per liberarsi da quella magia sparirono. Le fiamme erano estremamente vicine... troppo perché potesse avere il tempo di creare un controincantesimo decente. Tanto più che iniziarono ad avanzare quasi subito.

Sentì il calore aumentare, sentì il fumo riempirgli le narici ma non ebbe il tempo di sentirsi soffocare perché le fiamme lo lambirono dopo pochi secondi. Sentì il bruciore sulle carni, vide la propria pelle annerirsi ed arricciarsi, staccandosi dai muscoli sottostanti che nel frattempo si stavano gonfiando. Sentì il dolore lancinante di chi muore sul rogo ma se per i condannati dalla chiesa di Monos dopo pochi istanti lo shock portava l'incoscienza, Rodario rimase cosciente, sentendo le fiamme bruciargli la carne, i capelli, facendogli esplodere le vene e lasciando solamente le ossa ad annerire. Quando gli esplosero gli occhi il dolore fu ancor più lancinante.

Quello era quello che provavano i condannati al rogo... quella era la morte per mano del fuoco...

E ad un tratto il dolore scomparve, non il ricordo del dolore, no, quello rimase impresso nella mente e nelle terminazioni nervose dell'arcimago, ma il fuoco non c'era più,l'interno della locanda era come prima, così come i la sua carne ed i suoi vestiti.

Ma il ricordo del dolore... sentiva ancora il fuoco su di sé...

Quando il mondo ricominciò a girare il suo braccio terminò l'azione che il cervello non era più pronto a ricevere ed il vino finì in faccia allo gnomo.

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