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Grigia pietra


Samirah

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Anche oggi il cielo si presenta plumbeo, grigio come la fredda città che sovrasta. L'antica pietra ha la stessa triste sfumatura cinerea dei nuovi palazzi, costruiti col ferro e con lo strano impasto che chiamano cemento.

Le vetrate, infinite nel loro rispecchiarsi le une con le altre, riflettono l'assenza di colore, amplificandola, ottundendo i sensi ormai privati di stimoli vitali.

Ma oggi, da questo cielo, intessuto di un'unica, compatta massa di cupo vapore acqueo, cadono, come se le mani della loro nutrice non riuscissero più a contenerle, gocce di terso liquido cristallino.

L'aria di questa tetra città sembra essersi elevata, agognante, fino a toccare la volta di un cielo sempre uguale, portando con sé la sua amante, la sfuggente acqua. E dal loro amplesso hanno generato queste piccole creature che corrono verso il suolo, in una discesa inarrestabile, rapite da un richiamo verso l'elemento che amano e odiano insieme, la terra. E mentre precipitano, intonano il loro coro di voci liquide, gementi e gioiose allo stesso istante, per poi andare a ricoprire, morendo, ogni superficie, donando al grigio una nuova vita, un rinnovato splendore.

La città vive. Vive mentre i piccoli esseri formicolanti si rintanano nelle loro dimore invase da fredda luce artificiale. Fuggono dall'acqua, fuggono dalla vita stessa, mentre essa piange, commossa, per ciò che è andato perduto.

Perché prima che arrivassero loro, gli umani, i colori ancora si dipanavano come bambini giocosi tra queste mura. La pietra stessa era viva, permeata del respiro della madre terra. Tutto gioiva, prima che queste insulse creature senza pietà né compassione poggiassero i loro piedi sulle nostre vie, dentro le nostre case, soffocando e bruciando la purezza con la loro follia, privandoci del nostro spirito.

E non soddisfatti per l'aver distrutto ogni cosa che ci era cara, hanno anche gettato fango sulla nostra memoria, raccontando di noi gesta demoniache, connubi con quelle stesse forze corruttrici che la nostra madre terra tratteneva con forza dentro di sé, per evitare che ci corrodessero nel profondo. Invece loro hanno scavato, hanno mangiato, hanno disgregato ogni anfratto della nostra cara madre, l'hanno portata ad una lenta consunzione, facendola spegnere in una dolorosa agonia, ormai giunta alla sua conclusione.

Ma su una cosa non hanno mentito: l'odio profondo che coviamo contro di loro, la rabbia che ci mantiene coscienti, anche se impotenti, immobili nella nostra paralisi infinita. E in questo magma di atavico risentimento, noi continuiamo a bruciare il desiderio di una vendetta, di una riconquista di ciò che ci apparteneva. E per questo noi preghiamo che la nostra cara madre resista, che il suo spirito fonte di vita possa tornare a percorrere ogni granello della nostra essenza.

E quel giorno, noi torneremo a volare e scenderemo in guerra contro gli umani, perché tutto dovrà tornare a noi, creature della terra e del cielo, a noi gargoyle.

2 Commenti


Commento consigliato

[Anche qui riporto il commento inserito nel vecchio topic, prima del racconto]

Altro piccolo racconto nato da un'immagine nata tempo fa nelle mia testa, immagine che mi si è ripresentata inaspettata mentre la solita mancanza di sonno mi perseguitava. :-p

Quello che ne è nato è un racconto dal ritmo pesante, "asfissiante", come l'atmosfera che cerca di riprodurre.

In realtà non mi ha soddisfatta da subito, ma rileggendolo ho pensato che comunque valeva lo stesso la pena di postarlo. ;-)

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